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29 Ottobre 2023
14:00

Gli oceani sempre più caldi producono uragani più intensi e maggiori precipitazioni

I recenti danni dell'uragano Otis in Messico hanno riacceso i riflettori sugli effetti del riscaldamento degli oceani nell'intensificare questi eventi estremi. Secondo un recente studio, questo impatto sembra essere ancora più marcato di quanto si credesse.

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Gli oceani sempre più caldi producono uragani più intensi e maggiori precipitazioni
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L'uragano Otis si è abbattuto recentemente sul Messico, provocando decine di vittime e gravi danni soprattutto nella città di Acapulco. Eventi meteorologici estremi come questo potrebbero diventare sempre più frequenti e più intensi man mano che il cambiamento climatico provoca un'innalzamento della temperatura dell'aria e delle superfici oceaniche.

Ma c'è di più: il riscaldamento degli oceani sta comportando un impatto ancora maggiore di quanto si pensasse in precedenza sulla quantità di precipitazioni che un uragano può produrre. A rivelarlo sono i recenti studi del Centro di ricerca sul clima dell'Università di Maynooth, in Irlanda. Gli scienziati dell'IPCC concordano sul fatto che un aumento globale di 1 °C comporta un aumento del 7% delle precipitazioni a livello mondiale. Tuttavia, secondo l'Università di Maynooth, l'aumento delle precipitazioni legato specificamente agli uragani supererebbe di gran lunga questo 7%.

Gli uragani si intensificano sempre più rapidamente

Nell'Oceano Atlantico gli uragani evolvono in modo diverso: oggi la loro intensità “esplode” letteralmente nel giro di poche ore, passando dallo stadio di tempesta tropicale a quello di uragano, poi di categoria 1, poi 2, addirittura 3, 4 e 5 (il massimo consentito dalla scala di riferimento). Due esempi recenti hanno messo in discussione ciò che meteorologi e climatologi conoscevano sullo sviluppo di un uragano: Ian nel settembre 2022 e Idalia nell'agosto 2023.

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L’uragano Ian. Credits: NOAA, Public domain, da Wikimedia Commons.

Entrambi gli uragani hanno devastato diverse aree della Florida, negli Stati Uniti. Ma ciò che li accomunava era la loro rapidissima intensificazione. Ian è passato da depressione tropicale a uragano di categoria 3 nel giro di 3 giorni. Si è rafforzato in modo esplosivo in poche ore, quando è entrato in contatto con le acque calde al largo della Florida. Più recentemente, Idalia ha nuovamente sfidato tutte le conoscenze in materia: l'uragano è passato da categoria 1 a categoria 4 in 24 ore, con un aumento dell’intensità del vento di 88 km/h in un solo giorno. Per questo tipo di fenomeno, un'intensificazione classica corrisponde a un aumento di 35 km/h al giorno.

Il surriscaldamento degli oceani aumenta l’intensità delle piogge

È evidente che se aumenta la potenza di un uragano si intensificano anche i fenomeni a esso associati. Più è calda l’atmosfera, infatti, più vapore acqueo è in grado di contenere. Di conseguenza, maggiori saranno anche le precipitazioni in grado di essere scaricate dalla massa nuvolosa in formazione. Detto questo, per ogni grado in più nell'Oceano Atlantico, l'intensità complessiva delle precipitazioni aumenta del +40% e il quantitativo totale delle precipitazioni che cadono sulla terraferma del +140%. Per trarre queste conclusioni, lo studio si è basato sulle tendenze delle precipitazioni legate agli uragani nel periodo 1998-2017, durante il quale la temperatura media superficiale oceanica era già superiore di 1 °C rispetto al periodo pre-industriale.

L'intensità delle precipitazioni è la quantità di acqua che cade in un determinato periodo: se in un'ora possono cadere 20 millimetri di pioggia, per esempio, 1 °C in più nell'oceano porterebbe a un'intensità di 28 millimetri all'ora. In termini di precipitazioni totali sulla Terra, alcuni uragani sono in grado di generare più di 500 millimetri, come l'uragano Ian in Florida nel settembre 2022. In questo caso, un aumento di 1 °C della temperatura dell'Atlantico porterebbe a un totale di 1.200 millimetri!

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L’uragano Katrina nel 2005 raggiunse la categoria 5 (venti fino a 280 Km/h) e rase al suolo la città di New Orleans, in Louisiana. Fonte: NOAA.

Le precipitazioni “esplodono” al contatto con le zone costiere

Gli autori dello studio, pubblicato su Environmental Research, sottolineano che esiste un'enorme differenza tra il volume delle precipitazioni scaricate sulla terraferma e quelle che cadono in mare a causa dello stesso fenomeno. L'intensità delle precipitazioni generate dagli uragani aumenta "solo" del +6% quando questi viaggiano sull'acqua, mentre le precipitazioni totali che cadono sull'oceano del +116%: questo si riferisce alle precipitazioni che cadono prima dell'impatto con la terraferma, dunque prima di "esplodere" letteralmente a contatto con la costa.

Questa differenza è in gran parte dovuta alla forza dei venti: gli uragani hanno una velocità del vento più elevata quando raggiungono la costa e questo, combinato con acque più calde, aumenterebbe significativamente l'intensità delle precipitazioni. Quando poi gli uragani si spostano verso l'interno, la loro velocità diminuisce improvvisamente: da una media di 20 km/h sull'acqua, si scende a 16 km/h sulla terraferma, permettendo così al fenomeno di scaricare più pioggia sulla stessa area.

L'obiettivo di questo studio, tra gli altri, è anche informare i responsabili delle decisioni che riguardano la popolazione, come i costruttori di case e le compagnie di assicurazione, sulle proiezioni future dell'evoluzione dei fenomeni ciclonici nell'Oceano Atlantico. Questo vale in particolare per le aree più frequentemente colpite dagli uragani: Florida, North Carolina e Texas. Si tratta di Stati americani in cui il 50-75 % della popolazione costiera non ha un'assicurazione sulla casa.

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