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Santorini, nel Mar Egeo, fa parte del campo vulcanico Christiana-Santorini-Kolumbo, una delle aree vulcaniche più pericolose a livello globale. Questo campo vulcanico comprende anche il vulcano estinto Christiana, il vulcano Kolumbo e altri 24 vulcani sottomarini. Il Kolumbo, il più grande di questi vulcani sottomarini, è situato a circa 8 km a nord-est di Santorini e ha un diametro di circa 3 km con un cratere di circa 1,5 km. Fu scoperto nel 1650, quando produsse eruzioni esplosive associate a flussi piroclastici e a uno tsunami che raggiunsero le coste di Santorini provocando circa 70 vittime. Questo vulcano, che ha una camera magmatica che contiene una grande quantità di magma, è considerato potenzialmente molto pericoloso. Per questo è oggetto di costante monitoraggio per mezzo di un osservatorio sottomarino.
Dove si trova e com’è fatto il vulcano Kolumbo
Il vulcano Kolumbo, situato nel Mar Egeo a circa 8 km a nord-est di Santorini, è un vulcano sottomarino che fa parte dell’arco vulcanico ellenico, che si estende per oltre 450 km. Questa catena di vulcani si è formata a causa dello sprofondamento della placca africana sotto la microplacca dell’Egeo: questo fenomeno comporta infatti la fusione della placca sprofondata nel mantello e la risalita fino in superficie di magma, che origina i vulcani. Allo stesso tempo, il processo ha originato le faglie che generano i terremoti che in queste settimane colpiscono Santorini.
Il Kolumbo fa parte del campo vulcanico Christiana-Santorini-Kolumbo, che comprende il vulcano estinto Christiana, la caldera di Santorini con il suo vulcano interno Nea Kameni e altri 24 vulcani sottomarini della catena vulcanica Kolumbo.
Il diametro del Kolumbo è di circa 3 km, mentre quello del suo cratere di circa 1,5 km. I bordi più alti di quest’ultimo si trovano circa 10 m sotto il livello del mare. Il cratere presenta pendii ripidi soprattutto in corrispondenza dei fianchi nord, est e sud-est. La sua porzione settentrionale ospita camini idrotermali, cioè strutture allungate formatesi per deposito di metalli intorno alle fratture, da cui fuoriesce acqua molto calda.

Le eruzioni esplosive del 1650
Il campo vulcanico Christiana-Santorini-Kolumbo è una delle aree vulcaniche più pericolose a livello globale, con oltre 100 eruzioni esplosive negli ultimi 650.000 anni. Per quanto riguarda il Kolumbo, le prime eruzioni registrate risalgono al 1650 e hanno portato alla scoperta del vulcano, fino a quel momento sconosciuto. Le eruzioni, precedute da una prolungata attività sismica, furono di tipo esplosivo e si protrassero per mesi, con un’intensità decisamente minore rispetto a quella della catastrofica eruzione minoica che nel 1613 a.C. coinvolse Santorini. Anche in questa occasione, però, ci furono gravi conseguenze. L’espulsione di magma fece emergere il Kolumbo dalle acque e fu accompagnata da flussi di gas e materiali piroclastici che raggiunsero la costa orientale di Santorini. Le esplosioni fecero poi franare in mare i fianchi del Kolumbo: il risultato fu uno tsunami che si propagò fino a Santorini inondandone la parte orientale. Le vittime di questi eventi furono una settantina.

Vulcano Kolumbo: i rischi per l’isola di Santorini
Secondo i ricercatori, il Kolumbo rimane un vulcano potenzialmente pericoloso, che in futuro potrà di nuovo dare luogo a emissioni di gas tossici, ricaduta di ceneri e materiali piroclastici sotto forma di flussi, e tsunami. Grazie a una tecnica che utilizza le onde sonore per ottenere un’immagine del sottosuolo, è stata infatti individuata una grande camera magmatica in cui, secondo i calcoli, dal 1650 l’accumulo di magma è cresciuto con un tasso medio di 4 milioni di metri cubi all’anno. Se l’accumulo continuerà a questo ritmo, entro 150 anni si potrebbe raggiungere la quantità di magma che era presente al momento dell’eruzione del 1650. Un serio pericolo è rappresentato dall’instabilità dei fianchi del cratere del vulcano, molto ripidi e costituiti da materiali poco coerenti: sia l’attività vulcanica sia quella sismica potrebbero innescare frane sui pendii sottomarini, che a loro volta potrebbero generare uno tsunami. Per queste ragioni il vulcano viene monitorato costantemente da un osservatorio sottomarino che ne rileva i parametri fisico-chimici.