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7 Ottobre 2025
6:00

Due anni di invasione a Gaza, come siamo arrivati al conflitto: l’intervista all’esperto

Ricostruiamo insieme ad Andrea Gaspardo, analista militare e geopolitico, le dinamiche storiche che hanno portato al conflitto tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, cercando di capire i concetti chiave di questa lunga vicenda.

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Due anni di invasione a Gaza, come siamo arrivati al conflitto: l’intervista all’esperto
Intervista a Andrea Gaspardo
Analista militare e geopolitico
israele palestina

Prosegue ormai da due anni il conflitto tra Israele e Hamas, cominciato il 7 ottobre 2023 con gli attacchi dell'organizzazione palestinese e sfociato in un'invasione da parte dello Stato Ebraico nella Striscia di Gaza. Il recente abbordaggio della Global Sumud Flotilla ha incrementato l'attenzione globale nei confronti di questo conflitto, che ben lungi dall'essere un evento puntiforme ha origini molto antiche e una storia estremamente complessa che sta segnando le dinamiche in Medio Oriente soprattutto dal Secondo Dopoguerra. Abbiamo intervistato Andrea Gaspardo, analista militare e geopolitico e nostro collaboratore, per ricostruire gli eventi e i concetti chiave che hanno condotto all'odierno conflitto israelo-palestinese e alla sua degenerazione, che in questi giorni ha provocato vaste proteste in tutta Europa e una proposta per un piano di pace presentato dal presidente USA Donald Trump.

Attenzione: la questione israelo-palestinese è estremamente complessa e delicata e siamo consapevoli che ogni tipo di sintesi rischia di omettere informazioni; pertanto questo articolo va visto nell’insieme dei contenuti che abbiamo proposto e che proporremo nei prossimi giorni. Vi invitiamo quindi a non perderli: potete trovare tutto nella categoria Guerra Israele-Palestina del nostro sito. Sappiate che il nostro scopo è di far capire la situazione geopolitica con la massima neutralità e stimolare l’interesse per ulteriori approfondimenti.

Partiamo dalle basi, cioè la geografia del territorio: che cos'è la Palestina da un punto di vista puramente geografico?

Per capire di cosa stiamo parlando dobbiamo andare nella regione mediorientale, a cavallo tra Mar Mediterraneo, Golfo di Aqaba, il Mar Rosso, la penisola del Sinai e il resto del grande Medio Oriente allargato. Quello che fino al 1948 era il "Mandato Britannico della Palestina" oggi è suddiviso in due grosse entità: lo stato di Israele, che possiede la gran parte del territorio, e i territori palestinesi, suddivisi in Striscia di Gaza e Cisgiordania (West Bank), un'area interna schiacciata tra Israele e il regno di Giordania.

mappa israele palestina
Mappa della regione palestinese: Israele, Striscia di Gaza e Cisgiordania.

Come entità geografica e culturale la Palestina ha una lunghissima storia, che risale a millenni fa. Ma l'idea di una "Palestina" come stato o nazione è ben più recente. Quindi, quand’è che in questo territorio sono nate queste due parti, e come?

Il nome Palestina risale l'epoca dell'imperatore Adriano, che nel 135 d.C. creò la provincia di Siria-Palestina, anche per cancellare dalla memoria delle popolazioni locali il fatto che fosse esistita precedente la Giudea, ossia un territorio in cui avevano abitato gli ebrei. Il nome Palestina ha resistito nel tempo, per poi diventare famoso come "Terra Santa" all'epoca delle Crociate. La Palestina moderna è nata con il mandato britannico, che traccia i confini del contendere sui quali israeliani e palestinesi si danno battaglia. La coscienza nazionale palestinese è nata relativamente di recente: quando nel 1948 fu proclamato lo Stato di Israele non c'era un'autocoscienza nazionale forte che invece gli ebrei israeliani avevano poiché erano alfabetizzati, in quanto europei che erano stati trapiantati in Medio Oriente. Oggi è chiaro che i palestinesi hanno un'idea geografica del loro collocamento e anche un'idea nazionale come gruppo.

C’è una data precisa in cui è nato il conflitto tra Israele e Palestina? E come si è sviluppato nel corso del Novecento? 

Gli scontri tra i coloni e le popolazioni arabe locali iniziarono all'inizio delle migrazioni dei primi pionieri socialisti nel 1881. Fino agli inizi del XX secolo le cose rimasero molto sotto traccia. A questa fase ne seguì una di insorgenza più violenta che iniziò con l'instaurazione del mandato britannico; soprattutto nel 1916 con la dichiarazione Balfur i britannici incentivarono il focolare ebraico in quelle terre. Nel 1948 , con la nascita dello Stato di Israele, cominciò la fase delle guerre nazionali tra Israele e i Paesi arabi alleati dei palestinesi. Dagli anni '80 invece c'è stata fase di intifada e terrorismo arrivando poi all'odierno conflitto.

Gli Accordi di Oslo del 1993 proposero una soluzione a due Stati, ma non hanno risolto la situazione. Che cos'erano e perché la soluzione non è stata messa in pratica?

Gli accordi rappresentano l'ultima fase di un processo di avvicinamento durato decenni. Già nel 1967 con la conquista fisica da parte di Israele della Striscia e nella parte est di Gerusalemme e della Cisgiordania si era capito che per giungere a una conclusione equilibrata del conflitto vi dovesse essere una spartizione delle terre. Però gli accordi del 1993 lasciarono insolute una serie di questioni che erano fondamentali: il destino dei profughi (cioè come gestire diaspora palestinese all'estero), lo status finale di Gerusalemme, i confini e le condizioni di sicurezza di Israele e altre questioni. Col tempo il peso di queste questioni insolute e l'utilizzo propagandistico degli accordi a fini elettorali da parte delle due leadership ha portato al naufragio del processo di pace.

L'altra parte in causa nel conflitto è Hamas. Com'è strutturata questa organizzazione?

Hamas è nata nell'anni '80, in una data non precisa. L'artefice principale di questo evento fu lo sceicco Yassin, primo capo di Hamas fino a che fu ucciso dall'esercito israeliano. Hamas viene spesso descritta in maniera sbrigativa come organizzazione terroristica, ma è di più: è un'organizzazione politica, un esercito, una lobby di affari, una organizzazione malavitosa. Come una piovra ha infilato i suoi tentacoli in ogni aspetto della vita in Palestina: ecco perché è cosi difficile sradicarla da quel territorio o trovarne un'alternativa. Ricordiamo che Hamas nacque nella Striscia come contraltare all'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) di Yasser Arafat, dominata dal partito Fatah, partito che ora è di Abu Mazen. In origine, gli israeliani pensarono che Hamas avrebbe eroso il consenso che l'OLP aveva nella Striscia. Questa strategia ha permesso a Hamas di incistirsi nel territorio della Striscia al punto da prenderne fisicamente il controllo.

Il colpo più forte in queste tensioni è arrivato il 7 ottobre 2023. Cos'è successo quel giorno e quali erano gli obiettivi dichiarati dal governo di Israele? 

Il 7 ottobre 2023 ha alzato l'asticella dello scontro a un livello mai visto finora. Il tutto è iniziato con l'operazione "Diluvio di al-Aqsa" da parte delle forze militari di Hamas, che ha scardinato il dispositivo di contenimento israeliano attorno alla Striscia conseguendo una vittoria militare che ha stupito parecchi esperti geopolitici. Ha fatto seguito il massacro indiscriminato ai danni delle comunità ebraiche che vivevano nei kibbutz situati intorno all'aerea. Israele non si è fatto attendere, e il governo fissò come obiettivi ideali dell'operazione militare l'eliminazione della leadership di Hamas e delle loro capacità militari, oltre che la liberazione degli ostaggi. Nel corso di questi due anni la guerra è degenerata in qualcosa di ben diverso, rispetto agli scontri visti in precedenza, qualcosa su cui la comunità internazionale si sta attualmente interrogando.

Si parla infatti di genocidio. Ecco, cosa si intende per genocidio e che atti comprende? 

La definizione in senso lato di genocidio, cioè eliminazione totale o in gran parte di un gruppo etnico, religioso o culturale, venne coniata nel 1943 da Rafael Lemkin che dovette inventare un termine per descrivere la Shoah. Usò come prototipo quanto avvenuto nell'impero ottomano ai danni degli armeni nella Prima Guerra Mondiale. Per definire un atto di crimini di massa come genocidio si deve valutare e verificare l'intenzionalità della parte che commette l'atto di voler annichilire e annullare la parte ricevente. Per farlo è sempre necessario intraprendere un tortuoso percorso di ricerca storica e che dal punto di vista legale si sia intentato un processo internazionale contro la parte che sta commettendo il genocidio. Ciò fa sì che nel corso del tempo solo quattro eventi di questo tipo siano stati identificati come genocidi: il genocidio armeno, la Shoah ebraica, il genocidio cambogiano degli anni '70 e il genocidio rwandese del 1994. Ve ne sono anche altri che entreranno in questo elenco in futuro man mano che la ricerca storica ci permetterà di definirli tali.

Per quanto riguarda ciò che sta accadendo a Gaza, è ovvio che è in atto una distruzione totale della vita materiale delle popolazioni locali. Il 93% degli edifici sono distrutti o gravemente danneggiati, vi è la distruzione totale del patrimonio culturale locale e un tentativo – quanto meno nella retorica ufficiale della destra estremista israeliana – di promuovere e creare il terreno per l'esplusione di massa dei palestinesi dalla Striscia. Tutti questi atti costituiscono in maniera chiara crimini di guerra anche in assenza di genocidio, per il quale dovremo attendere la fine degli eventi e una più corposa ricerca in questo ambito, anche se la mole di notizie e fatti che giunge a noi ci suggerisce che probabilmente il processo di analisi sarà molto rapido in questo caso. Al netto di tutto, a oggi il 10% dei palestinesi (residenti nella Striscia prima dell'inizio della guerra) è stato ucciso o ferito gravemente: è un numero che pesa come un macigno rispetto alle oggettive responsabilità politiche del governo di Tel Aviv e impongono serie riflessioni alla comunità internazionale.

Il governo israeliano sta mettendo in atto da due anni azioni che violano le leggi internazionali e il diritto umanitario. Che importanza e che ruolo ha il diritto internazionale in tutto questo? 

L'efficacia del diritto internazionale sta nella volontà da parte della comunità internazionale di farlo rispettare. È una questione posta numerose volte in passato, non solo in merito al conflitto odierno. In questo caso specifico il problema fondamentale sta nel fatto che una delle due parti gode di un appoggio totale da parte degli USA, che sono fortemente compenetrati con Israele a livello economico, militare e politico. Israele ha anche una storia di importanti rapporti con tutto l'Occidente e una posizione importante nel panoramica economico, tecnologico, militare, culturale, della ricerca medica universitaria e così via. Non è facile recidere queste relazioni proficue formatesi nel corso dei decenni. Da ultimo, grazie al suo non dichiarato arsenale nucleare, Israele possiede forza e capacità cinetica non di poco conto. Spagna, Slovenia e Turchia hanno iniziato a muovere i primi passi verso regimi non ben definiti di sanzioni a Israele, ma se una leadership erratica come quella di Benjamin Netanyahu fosse messa al muro con un regime di sanzioni totali da parte dell'Occidente inclusi gli USA, come potrebbe reagire avendo a disposizione l'arma nucleare? È uno scenario importante che viene tenuto in considerazione. Le mosse atte a far desistere Israele e la sua leadership dalla politica portata avanti devono essere calibrate per non fare degenerare una situazione già grave per i palestinesi e per Israele stesso, che rischia di diventare grave per tutti.

In questo senso che cosa ha fatto la comunità internazionale, compresi i Paesi arabi, di fronte a questo conflitto?

La reazione della comunità internazionale è arrivata in ritardo, vista l'esperienza pregressa dei conflitti che c'erano stati. Tra Hamas e Israele si riteneva che la guerra sarebbe durata poco e che non sarebbe degenerata fino a questo punto. I Paesi arabi hanno preso posizioni di condanna rispetto all'operato israeliano, ma per i palestinesi non han fatto altro che approvare un piano di aiuti umanitari inefficace, dal momento che il controllo del flusso di aiuti passa attraverso Israele. Oggi i Paesi arabi, soprattutto su impulso dell'Arabia Saudita, stanno cercando di aumentare la pressione politica verso Israele. Ma gli USA hanno rapporti con questi Paesi e i Paesi arabi vogliono tutelarli. In passato i Paesi arabi sono stati criticati per non aver preso i profughi palestinesi con sé. ma è una critica in malafede: una volta che anche gli ultimi palestinesi rimasti saranno usciti dalla Striscia non torneranno più, come accadde nel 1948 con la Nakba, o nel 1967 con la Guerra dei sei giorni. Se oggi si dicesse sì all'evacuazione dei milioni di palestinesi della Striscia, non potranno più tornare. Ecco perché i gazawi devono continuare a rimanere lì e ricevere gli aiuti per poter sopravvivere e ricominciare a vivere.

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Veronica Miglio
Storyteller
Innamorata delle parole sin da bambina, ho scelto il corso di lingue straniere per poter parlare quante più lingue possibili, e ho dato sfogo alla mia vena loquace grazie alla radio universitaria. Amo raccontare curiosità randomiche, la storia, l’entomologia e la musica, soprattutto grunge e anni ‘60. Vivo di corsa ma trovo sempre il tempo per scattare una fotografia!
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