Quando si parla di scie di condensazione – formate dalla condensazione del vapore acqueo presente nei gas di scarico dei motori, spesso chiamate in modo improprio “scie chimiche” – si sente spesso una teoria del complotto secondo cui in passato queste scie non c'erano nei nostri cieli, o quasi. Ma è davvero così? No: quest'affermazione è vera solo parzialmente. Negli anni '80, per esempio, la quantità di scie di condensazione era probabilmente minore, ma non perché gli aerei non ne producessero: semplicemente circolavano molti meno velivoli rispetto a oggi. Vediamo cosa dicono i dati in merito.
Secondo Assoeroporti, in Italia nel 2023 sono stati compiuti sul territorio nazionale 1.600.381 voli tra atterraggi e partenze. Se andiamo invece a consultare il report Movimento e traffico aereo commerciale negli aeroporti italiani riferito all'anno 1977, vediamo come in quella circostanza si parli 422.312 voli all'anno. Questo vuol dire che il traffico aereo in Italia è quasi quadruplicato nell'arco di 46 anni. Questo, come è facile intuire, aumenta drasticamente la probabilità di vedere un aereo volare sopra alle nostre teste e, con essa, anche la probabilità di osservare una scia di condensazione.
Inoltre con il numero dei voli è aumentato anche il numero delle rotte, quindi è possibile che in alcune aree dove precedentemente non erano previsti voli ora ci siano, producendo – se le condizioni atmosferiche lo consentono – scie di condensazione.
Essendo un argomento ancora oggi molto dibattuto, ecco un video ad hoc di approfondimento che abbiamo realizzato per fare la corretta distinzione tra scie di condensazione, "scie chimiche" e cloud seeding, tre termini apparentemente molto simili ma in realtà drasticamente diversi.