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11 Gennaio 2024
15:00

Estinzione dei dinosauri: la prova che a provocarla fu un asteroide si trova in Italia

Fu grazie all'iridio trovato in un piccolo strato di argilla nera nella successione stratigrafica alla gola del Bottaccione, in Umbria, che derivò l'ipotesi dell'asteroide come causa dell'estinzione dei dinosauri 66 milioni di anni fa.

A cura di Arianna Izzi
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Estinzione dei dinosauri: la prova che a provocarla fu un asteroide si trova in Italia
Gola del Bottaccione
Credits: Arianna Izzi.

Tutti sappiamo che la teoria più accreditata sulla causa dell'estinzione di massa che pose fine all'era dei dinosauri 66 milioni di anni fa è l'impatto con un grande asteroide. Ma in pochi sanno che questa teoria deriva da osservazioni geologiche compiute in Italia, per la precisione a pochi chilometri dalla cittadina di Gubbio, in Umbria, tra le pareti rocciose della gola del Bottaccione, tra il Monte Foce e il Monte Ingino. Qui, alla fine degli anni '80, il geologo americano Walter Álvarez trovò un'anomala abbondanza di iridio, un elemento che abbastanza comune negli asteroidi, in corrispondenza della successione stratigrafica al confine tra il proprio Cretaceo e il Terziario (il cosiddetto “limite K/T”).

La scoperta del limite K/T di Gubbio

La gola del Bottaccione è una stretta valle, scavata dal torrente Camignano, che negli anni '70 attirò l’attenzione del geologo californiano Walter Álvarez e di suo padre, Luis Álvarez, già premio Nobel per la Fisica nel 1968, arrivati in Umbria proprio per studiare la straordinaria successione stratigrafica delle rocce (e i foraminiferi, organismi viventi contenuti al loro interno, molto utili per le datazioni).

Le alte pareti che oggi formano la valle erano un tempo sommerse e costituivano il fondale di un abisso oceanico. Negli strati, che oggi sono ancora ben visibili, si sussegue una storia geologica lunga decine di milioni di anni: in cima le rocce più giovani, risalenti a circa 50 milioni di anni fa, quando l’oceano scomparve prima della formazione degli Appennini, e in basso quelle più antiche, che in alcuni punti superano i 115 milioni di anni di età.

Gola del Bottaccione
Sezione stratigrafica paleomagnetica nella gola del Bottaccione. Credits: Arianna Izzi.

Nel corso delle osservazioni su roccia, Walter Álvarez si soffermò su di un sottile strato di argilla, posto fra i calcari, che rappresentava un confine piuttosto netto riguardo la presenza degli organismi viventi. Al di sotto, infatti, quindi più lontano nel tempo, erano presenti le conchiglie dei foraminiferi più comuni nel periodo Cretaceo, alcune visibili anche a occhio nudo, mentre in prossimità dello strato argilloso gli organismi viventi scomparivano improvvisamente, quasi del tutto. Oltre, quindi nei calcari più recenti, di nuovo una vita brulicante. Quel sottile strato era, infatti, l’evidenza del passaggio tra i due periodi geologici Cretaceo e Terziario, circa 66 milioni di anni fa, contraddistinto da una grande estinzione di massa.

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Walter Álvarez (al centro) presso il limite K/T alla gola del Bottaccione in Umbria, alla fine degli anni ’80. Via Wikimedia Commons.

Gli Álvarez non furono i primi scienziati a scovare e studiare quel sottile strato scuro tra i calcari: già prima di loro, nel 1964, i paleontologi Isabella Premoli Silva e Hans Peter Luterbacher avevano pubblicato un lavoro dal titolo Biostratigrafia del limite Cretaceo-Terziario nell'Appennino Centrale, focalizzandosi proprio sulla zona della gola del Bottaccione. Agli scienziati californiani, tuttavia, va il merito di aver scoperto per primi che lo strato argilloso presentava altissimi livelli di iridio, un metallo di transizione molto raro nelle rocce terrestri e abbondante, invece, nei corpi di origine extraterrestre come gli asteroidi e la polvere cosmica.

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Cosa provocò l’estinzione dei dinosauri: l’ipotesi di Álvarez

Il 21 dicembre 1990, sulla celebre rivista scientifica Science venne pubblicato lo studio di Walter Álvarez e colleghi, sull’anomalia riscontrata nella gola del Bottaccione. La quantità di iridio misurata nello strato di argilla, alto 1 cm, arrivava in media a 3000 parti per trilione (ppt), fino a 130 volte la quantità registrata in condizioni considerate normali. Per questo motivo, gli scienziati ipotizzarono che un quantitativo così grande di un metallo raro come l’iridio, depositatosi in poco tempo, non potesse che avere origine extraterrestre, quindi provenire dall’impatto di un meteorite sulla Terra.

La teoria prese il nome di ipotesi Álvarez, e fu poi ripresa nel 1991 dal gruppo di ricerca guidato da Alan Hildebrand, dell’Università dell’Arizona, che suggerì di ricercare l’enorme impatto in una struttura circolare, del diametro di 180 km, presente nella penisola dello Yucatan, in Messico.

Il cratere di Chicxulub, sebbene sia oggi visibile solo attraverso l’impiego di tecniche particolari e dello studio delle rocce circostanti, sarebbe la prova definitiva dell’enorme impatto che, circa 66 milioni di anni fa, portò alla scomparsa di più del 75% degli organismi allora viventi. Sebbene non sia l’unica proposta, l’ipotesi Álvarez, che ebbe origine tra le falesie dell’Appennino umbro, è tuttora la teoria più accreditata sulla causa della scomparsa dei dinosauri.

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La posizione ipotizzata del cratere di Chicxulub nella penisola dello Yucatan. Credits: NASA/JPL–Caltech.
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