;Resize,width=638;)
Il film live action di Biancaneve di Marc Webb è uscito solo lo scorso 20 marzo nelle sale, ma da mesi sta facendo parlare di sé sui social, e non in maniera positiva. Le polemiche sulle visioni politiche delle due attrici principali (Rachel Zegler e Gal Gadot), la scelta di non assumere attori nani per interpretare i sette nani ma usare la CGI e la trama considerata da molti troppo "woke" avrebbe trasformato il film in un flop. Il budget del film, infatti, era di 270 milioni di dollari, ma globalmente ne ha incassati circa 87,3, rimanendo ancora lontano dalla copertura dei costi di produzione.
Il film è un adattamento sicuramente in chiave moderna della classica fiaba di Biancaneve dei fratelli Grimm, ed è abbastanza distante dal film animato del 1937. Ma la famosa fiaba tedesca dove è nata, e quali sono le differenze principali tra le tante versioni della fiaba?
Biancaneve e i sette nani dei fratelli Grimm: la trama originale
Nel 1812 I fratelli Grimm pubblicarono la loro raccolta Fiabe dei fratelli Grimm, e in essa compariva anche quella di Biancaneve (Fiaba 53), con il titolo Sneewittchen (in tedesco moderno è Schneewittchen). I Grimm rividero la fiaba alcuni anni dopo, che si trova nella versione del 1857 delle Fiabe dei fratelli Grimm.

La trama della fiaba (1812) dei Grimm è semplice, ma più oscura rispetto a quella dei film: la giovane principessa dalla pelle bianchissima, i capelli corvini e le labbra rosso sangue è la più bella del reame, secondo lo specchio magico della madre di biancaneve (nella seconda versione la figura malvagia è la matrigna, essendo la madre morta). Invidiosa della giovane, ordina a un cacciatore di ucciderla e portarle il suo fegato e i suoi polmoni per mangiarseli con olio e sale (nella versione del 1857 chiede solo il suo cuore). L'uomo però ha pietà della giovane e la lascia fuggire nel bosco, dove trova la casa dei sette nani che la accoglieranno e la proteggeranno. Ma la regina, scoprendo che Biancaneve è ancora viva, la inganna con una mela avvelenata che la farà cadere in un sonno profondo. La ragazza si risveglia solo quando, durante il suo funerale, uno dei servitori del principe inciampa mentre trasporta la sua bara, facendola cadere e liberando il pezzo di mela dalla sua gola. Biancaneve e il principe infine si sposano, e come punizione per aver tentato di uccidere la giovane, il principe ordina alla regina di indossare un paio di scarpette di ferro rovente e di ballare con esse fino alla morte.
Questa prima versione fu comunque preceduta da altre versioni tedesche note, la cui più nota è indubbiamente Richilde (1782) di Johann Karl August Musäus, una storia satirica raccontata dal punto di vista della malvagia matrigna, che alla fine della storia cade da una scogliera e muore, e il suo cadavere viene divorato dagli avvoltoi. Albert Ludwig Grimm, che non era imparentato con i fratelli Grimm, era così affascinato dalla fiaba che nel 1809 pubblicò una versione teatrale, Schneewittchen, e poi i fratelli combinarono almeno otto varianti diverse della fiaba fino ad arrivare a quella descritta.
La fiaba al cinema nel 1937 e il film della Disney del 2025
Chi non conosce la famosissima versione cinematografica di Biancaneve del 1937, con Biancaneve e il suo classico abito giallo e blu attraversato da sprazzi di seta rossa qui e là che ne richiamano il colore delle labbra? Una versione decisamente più edulcorata rispetto alla storia scritta dai famosi fratelli Grimm. Non mancano però elementi in grado di spaventare i bambini, soprattutto se pensiamo alla scena dell'allucinazione nel bosco di Biancaneve. In questa versione, però, c'è una variazione rispetto al finale pensato dai due fratelli, perché la matrigna muore proprio come nella versione di Musäus, cadendo da una scogliera e diventando il pasto degli avvoltoi.
Il bacio del vero amore del principe è stata una aggiunta della Disney, che voleva dare un tocco di romantico al finale della fiaba (ricevendo nel corso del tempo molte critiche a riguardo, per il mancato consenso della principessa dormiente nella bara di cristallo).

Il live-action diretto da Marc Webb appena uscito nelle sale, invece, sin da subito ha ricevuto critiche (relative al cast, alle scelte della produzione in fatto di uso della CGI e a molto altro) soprattutto perché considerato troppo diverso e progressista: in questa versione il principe non è più un principe, ma una sorta di Robin Hood che ruba alla malvagia regina per dare ai poveri, e Biancaneve lo affianca nell'impresa, diventando una sorta di eroina. La canzone iconica Someday My Prince Will Come, quindi, è stata sostituita con un'altra col fine di eliminare il concetto della ragazza in attesa di un uomo che la salvi. La stessa attrice che la interpreta, Rachel Zegler, ha pubblicamente detto che preferiva questa nuova versione della storia in quanto non «sessista» come la fiaba dei Grimm: l'accusa dell'attrice è che il classico di animazione del 1937 si sarebbe concentrato troppo sulla storia d'amore con un uomo che nemmeno conosceva veramente e che la baciava senza il suo consenso.

Anche il finale è cambiato, dando un twist avventuroso alla storia: Biancaneve, una volta risvegliata dal bacio del suo amato, sfida apertamente la regina, mostrandola in vesti molto più coraggiose e diventando un'eroina. Sebbene solitamente le rivalse femministe siano apprezzate di questi tempi, a molti puristi e puriste della fiaba non è piaciuto un cambio così drastico, secondo cui la fiaba andrebbe raccontata così com'è.
La fiaba di Biancaneve è tratta da una storia vera?
Di teorie sulle reali origini della fiaba ce ne sono state tante, ma le più note sono indubbiamente quelle di Sander e Bartels.
Secondo lo storico tedesco Eckhard Sander, la fiaba di Biancaneve era stata ispirata dalla vita di Margaretha von Waldeck, figlia del conte di Waldeck-Wildungen Filippo IV (1493–1574) e della contessa Margaret Cirksena di Ostfriesland (1500–1537). Secondo i documenti della città di Bad Wildungen, la giovane era famosa per la sua bellezza e per la chioma scura (della sua estetica non si sa altro). Quando nel 1538 circa arrivò a corte la sua matrigna, Katharina von Hatzfeld, i rapporti col padre cambiarono, e la giovane Margaretha fu espulsa dalla corte, spostandosi costantemente. Da ultimo le fu ordinato di recarsi nella vicina Weilburg, alla corte del conte di Nassau-Weilburg Filippo III.

Nel 1549, suo padre spedì Margaretha alla corte di Bruxelles di Maria d'Ungheria, governatrice dei Paesi Bassi asburgici e sorella di Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero per migliorare il rapporto con l'imperatore e altri motivi familiari. Durante il soggiorno, però, la ragazza spedì molte lettere al padre in cui era chiaro che fosse in cattiva salute, difatti morì nel marzo 1554 a soli 21 anni. A corte si vociferava che fosse stata avvelenata per gelosia, avendo tanti spasimanti, ma il pettegolezzo non fu mai provato. A differenza della Biancaneve della fiaba, però, la matrigna di Margaretha non poteva essere in alcun modo la mente malvagia dietro il presunto avvelenamento, perché morì nove anni prima di lei.
C'era poi un altro dettaglio a far presagire Sander che la fiaba avesse a che fare Margaretha, ossia il fatto che suo padre possedesse delle miniere di rame in cui lavoravano molti bambini, che vivevano in gruppi (circa 20) in casette da una sola stanza ciascuna. Sander pensò quindi che la città natale della fiaba fosse Bergfreiheit, distretto che ora si fa chiamare Schneewittchendorf (“Villaggio di Biancaneve”), con chiaro intento di attirare turisti.
Il ricercatore bavarese Karlheinz Bartels, però, fu addirittura più creativo di Sander: sosteneva infatti che Biancaneve fosse Maria Sophia Margarethe Catharina, baronessa von und zu Erthal, nata nel 1725 a Lohr. Sua madre morì quando lei aveva solo 13 anni, e il padre, Philipp Christoph von und zu Erthal, si risposò cinque anni più tardi con un'altra donna. Quest'ultima, secondo Werner Loibl che nel 1992 analizzò una lettera scritta di suo pugno, era una donna autoritaria che gestiva molte decisioni importanti mentre il marito era all'estero, e che favoriva i suoi figli naturali sopra ogni cosa.
Oltre alla storia della baronessa, ci furono altri dettagli a far pensare a Bartels che la storia arrivasse da Lohr: la cittadina infatti era nota per la produzione di specchi di alta qualità, e si diceva che questi specchi dicessero sempre la verità. Si pensava quindi che alla corte di zu Erthal ce ne fosse uno, e ci fu chi lo associò allo specchio magico di Biancaneve. Ma non solo: vicino a Lohr c'era la città mineraria di Bieber, dove lavoravano uomini di bassa statura. La bara di Biancaneve, invece, potrebbe essere ispirata alle vetrerie locali, note per la produzione di vetro di alta qualità. La mela avvelenata, infine, poteva essere associata alla belladonna, una pianta velenosa che cresce abbondantemente in quella regione. Elementi che erano diventati leggenda grazie alla fiaba? Ciò che sappiamo per certo è che la teoria di Bartels non tiene: come affermò la folklorista Ruth Bottigheimer, la baronessa nacque più tardi della fiaba, quindi non poteva essere lei la fonte d'ispirazione per la protagonista.
In toto, secondo gli storici non si saprà mai probabilmente dove è nata precisamente la storia. C'è chi sostiene però che la fiaba tragga ispirazione dalla leggenda romana di Chione, presente nelle Metamorfosi di Ovidio. Nella storia, Chione si vantava della sua bellezza, dicendo a tutti di essere più bella di Diana (Artemide) e attirando su di sé la gelosia della dea. Per punirla, Diana trasformò Chione in neve, rendendola incapace di godere della sua bellezza e, simbolicamente, congelando la sua giovinezza e vitalità. Questa leggenda si collega quindi perfettamente ai temi di Biancaneve: gelosia, vanità e punizione.