Considerata una delle specie più invasive al mondo, la quinta per costi connessi ai danni ecosistemici, la formica di fuoco (Solenopsis invicta) è giunta in Italia, in Sicilia per la precisione. Uno studio ne attesta la presenza nel siracusano, in un territorio di circa 4,7 ettari lungo l’estuario dei fiumi Ciane e Anapo. Gli incontri con questa specie risalirebbero già al 2019. La formica di fuoco potrebbe arrivare dal Sudamerica o dall'Estremo Oriente: si tratta quindi di una specie aliena, o alloctona, ovvero una specie introdotta volontariamente o meno dagli esseri umani al di fuori del loro ambiente originario. La sua presenza può causare danni ai raccolti agricoli, alla rete elettrica e shock anafilattico grazie al loro veleno.
Cos'è la formica di fuoco e perché si chiama così?
Solenopsis invicta è un imenottero appartenente alla famiglia delle Formicidae – comunemente conosciute come formiche – nativo del Sudamerica. Il corpo delle operaie di Solenopsis invicta ha dimensioni molto modeste, dai 2 ai 4 millimetri di lunghezza, e colore bruno-rossarsto. Nonostante la piccola mole e l’aspetto apparentemente anonimo, possiedono all’estremità dell’addome un pungiglione in grado di infliggere punture molto dolorose e brucianti. La sensazione sarebbe quella di un’inverosimile fiamma sottopelle: da qui l’appellativo con cui sono famose in tutto il mondo.
Le regine di questa specie sono molto simili alle operaie, eccezion fatta per le dimensioni che vanno dai 6 agli 8 mm di lunghezza.
Le colonie di formiche di fuoco possono essere di due tipi: monoginiche o poliginiche. Nel primo caso possono ospitare una sola regina mentre nel secondo possono essere presenti più di una. Le due tipologie differiscono per un solo gene che possiede due alleli, e quindi due varianti dello stesso. Gli scienziati hanno notato che le colonie poliginiche sono numericamente più diffuse, soprattutto tra quelle invasive, e ciò va in parallelo a una dispersione degli individui molto versatile in grado di coprire diverse distanze. Nel siracusano sono stati rinvenuti ben 88 formicai di questa specie appartenenti alla variante poliginica, come provato da test genetici sulle colonie e dalla presenza di più regine in ciascun formicaio.
Danni agli ecosistemi
La massiccia presenza si Solenopsis invicta negli ecosistemi colonizzati è spesso associata a un impoverimento della biodiversità e delle interazioni tra le diverse specie e tra gli individui, per via del comportamento predatorio non selettivo di questa formica. Questa specie, però, arreca diversi danni alle colture fagocitando parti di piante come semi, frutti, radici o steli. Provoca danni zootecnici attraverso punture agli animali da allevamento e stabilisce relazioni mutualistiche con afidi e cocciniglie, nutrendosi delle sostanze zuccherine ottenute che questi secernono sotto forma di essudato a spese di piante di rilevanza economica. La loro presenza può inoltre danneggiare le reti elettriche e di telecomunicazioni.
Cosa si sa della presenza in Italia?
Al momento non ci sono notizie certe sulla provenienza diretta e il modo in cui la formica di fuoco sia arrivata in Italia. Quel che è ormai certo è che quelle siciliane sono le prime colonie rinvenute in Europa, mentre in precedenza sono state ritrovati alcuni esemplari in prodotti importati in Spagna, Finlandia e Paesi Bassi. Tuttavia, secondo i risultati di test sugli aplotipi (le varianti alleliche sui cromosomi), le colonie si Solenopsis invicta ritrovate in Sicilia apparterrebbero a un sottogruppo che dall’Argentina e il Brasile si è diffusa già da diverso tempo nel sud degli Stati Uniti, in Cina e in Taiwan. La vicinanza della zona del ritrovamento dei formicai siciliani ai porti commerciali dell’oriente dell’Isola ne suggerisce l’introduzione attraverso le imbarcazioni da almeno uno dei tre paesi mentre la tropicalizzazione del clima nel Mediterraneo – conseguenza del riscaldamento globale – ne favorirebbe la proliferazione.
Quanto si diffonderà in futuro?
Non è ancora chiaro quanto le colonie di formica di fuoco si diffonderanno sul nostro territorio. La loro particolare posizione, affacciata sul Mediterraneo e battuta spesso da venti che soffiano in direzione del mare, induce gli esperti a pensare che difficilmente gli individui riusciranno a diffondersi nel resto dell’isola. Grazie a campagne di monitoraggio e di inclusione della cittadinanza sarà possibile tracciare ogni cambiamento e prevenire la nascita di nuove colonie sia sull’Isola che nel resto del Paese.