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L'associazione tra genio e follia non è credenza recente, si dice che per essere creativi bisogna essere folli. Già Platone parla, nel Fedro, di "divina follia" per riferirsi alla capacità creativa dell'uomo, e Cesare Lombroso, un famoso frenologo italiano, teorizzò che la genialità fosse una forma di degenerazione mentale. Ad alimentare questa relazione, le storie (magari anche un po' romanzate) di artisti, scrittori e scienziati con vite turbolente, come van Gogh, Nikola Tesla e John Nash, hanno alimentato lo stereotipo attorno alla relazione tra creatività e disturbi psichiatrici. Il genio è definito colui in grado di produrre idee uniche, originali e utili, mentre la follia è correlata alla presenza di psicopatologie. Moltissimi ricercatori hanno tentato di capire se esistesse davvero un nesso tra genio e follia, ma le ricerche attualmente disponibili ci dicono che in realtà questa relazione è soltanto un mito popolare, anche se alcune ricerche evidenziano una maggiore capacità di "pensare fuori dagli schemi" in soggetti con psicopatologie lievi.
Il legame scientifico reale tra genialità e disturbi mentali
C'è subito da fare un disclaimer: i termini genialità e follia sono termini generali, che è difficile inquadrare e definire. Cosa si intende per genialità? Gli scienziati hanno concettualizzato la genialità in termini di creatività, la capacità di produrre idee o prodotti originali e utili allo stesso tempo. Cosa invece per follia? La follia è intesa semplicemente come la condizione in cui sono presenti una o più psicopatologie, sindromi caratterizzate da alterazione dell'umore, del comportamento, o comprende anche sindromi con alterazione delle funzioni cognitive? Ma anche qui, le cose si complicano: quali psicopatologie o disturbi vogliamo studiare per vedere se sono correlati con la genialità?
Ne esistono molte nello spettro medico: schizofrenia, disturbo bipolare e via discorrendo. Tra questi, potremmo considerare anche anche i disturbi dello spettro autistico, una forma di neurodivergenza in cui, secondo gli studi, le persone tendono a sviluppare con maggiore incidenza condizioni psicopatologiche. Inoltre, anche alcune neurodivergenze che rientrano nel disturbo dello spettro autistico, pur non entrando a far parte delle psicopatologie, possono essere spesso accompagnate da disordini psichiatrici, come appunto schizofrenia e disturbo bipolare. Ognuna di queste presenta delle qualità differenti, diversi modi di funzionamento mentale e grande variabilità individuale.
Al netto di questa precisazione, che però rimane forse la cosa più importante, gli studi ci dicono che la relazione tra genio e follia appartiene più al mondo dei miti popolari che non a quello della realtà scientifica, come messo in luce da diverse metanalisi (una tipologia di studi che racchiude molte ricerche precedenti). Studiando la schizofrenia, Acar e colleghi nel 2018 fanno emergere una correlazione leggermente negativa tra questa psicopatologia e la capacità creativa. In maniera simile per l'autismo: un'altra metanalisi del 2020 evidenzia come, in media, nella popolazione che rientra nella sindrome dello spettro autistico troviamo un numero inferiore di individui creativi rispetto alla popolazione non autistica. Per il disturbo bipolare, invece, la situazione sembra mutare in senso positivo, con qualche sospetto che indica un leggero vantaggio nella creatività dei soggetti bipolari.

Come si misura la creatività
In realtà il problema è ancora più complesso, perché stabilire se esiste un'associazione tra creatività e psicopatologia dipende in gran parte anche da come misuriamo e valutiamo la creatività.
Prendiamo ad esempio solo due parametri della creatività, ossia la creatività divergente e convergente. La creatività divergente è quel tipo di creatività che deriva dal "pensare fuori dagli schemi", percorrere strade e idee non ancora battute e tentare di ridefinire i concetti per ricrearne di nuovi. Quel tipo di creatività che porta alle rivoluzioni in campo artistico e scientifico, che dà avvio a nuove teorie o correnti di pensiero.
La creatività convergente, al contrario, è quel tipo di creatività che riguarda la capacità di generare nuove conclusioni e soluzioni a partire, però, da regole logiche già impostate: cioè, risolvere un problema applicando e adattando specifiche procedure, senza però ripensare da capo il problema stesso.
Quello che emerge dalle ricerche, come pubblicato sulla rivista Schizophrenia research, è che soggetti con diversi disturbi psichiatrici ottengono punteggi superiori (addirittura migliori, anche se di poco, rispetto alla popolazione normotipica) in compiti di creatività divergente piuttosto che in quelli di creatività convergente.

Soluzioni più originali, ma meno efficienti
Combinando questi risultati apparentemente contrastanti, emerge che ai disturbi psichiatrici potrebbe essere associato un leggero vantaggio sulla componente dell'originalità dei pensieri e dei prodotti ma, al contempo, un deficit nell'efficienza rispetto a un problema da risolvere, o un obiettivo da raggiungere. Pare quindi che questo vantaggio di originalità e di pensiero divergente sia dato proprio dalla difficoltà al conformismo che la condizione psicopatologica porta con sé, alla minore motivazione sociale e a una rappresentazione mentale del mondo diversa già alla radice, ossia un diverso "stile percettivo".
Questa maggiore originalità è però legata alla gravità della malattia: all'intensificarsi della psicopatologia o del disturbo, le capacità creative diminuiscono. Le qualità di originalità, infatti, hanno il loro picco in soggetti che presentano forme lievi di schizotipia o disturbo dello spettro autistico ad alto funzionamento, mentre sono del tutto compromesse in quei soggetti con decorso avanzato o che ricevono poche cure.