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10 Ottobre 2021
7:00

Giappone: un esempio da seguire nella prevenzione dei terremoti

Paese tra i più colpiti dai terremoti, il Giappone ha creato un rigido sistema di regolamentazioni per le infrastrutture: investendo nella prevenzione sismica fino al 7% del proprio budget, ha affiancato alle procedure tecniche una solida educazione per la propria popolazione con risultati eccellenti. Scopriamo perché il modello di prevenzione terremoti messo in atto dal Giappone è un esempio da seguire.

A cura di Redazione
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Giappone: un esempio da seguire nella prevenzione dei terremoti
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Il Giappone è un Paese ad alto rischio sismico: si trova in un contesto tettonico compressivo che vede scontrarsi la placca euro-asiatica con quella pacifica. Qui la collisione tra le due placche provoca un fenomeno chiamato subduzione, a causa del quale una placca (quella più densa) tende a “scorrere” sotto quella opposta. Qui la subduzione causa terremoti frequenti, anche molto intensi: nel 2011 il terremoto di Tōhoku si è manifestato con una magnitudo 9, e ,a livello globale, il 20% dei terremoti con una magnitudo superiore a 6 sono registrati in Giappone. Eppure i giapponesi sembrano spesso affrontare questi disastri naturali con grande efficienza e un basso numero di vittime. Come ci riescono?

La progettazione antisismica delle infrastrutture 

Sia gli edifici recenti che quelli storici in Giappone devono sottostare a un sistema rigido di regolamentazioni antisismiche. Ma che cosa significa antisismico?

Le strutture antisismiche sono progettate per diventare più flessibili in caso di terremoti: se l’edificio asseconda il movimento della terra, che durante un terremoto può sottoporlo a pressione, flessione e torsione, è meno probabile che crolli. Perché ciò avvenga, le strutture portanti vengono costruite con cemento armato o acciaio, che garantiscono la flessibilità. Quando possibile vengono poi inseriti dei cuscinetti antisismici tra i piani degli edifici che fungono da ammortizzatori per le case che come quelli delle auto, rendendo la struttura più elastica, evitando o rallentando il crollo, e di conseguenza fornendo alle persone più tempo per fuggire. Anche le fondazioni vengono ottimizzate con piattaforme semoventi di cemento armato, a loro volta posate su un sistema di molle. È inoltre importante durante la progettazione di costruzioni antisismiche che le proporzioni dell’edificio si traducano in un baricentro basso.

Questi sono soltanto alcuni dei sistemi giapponesi che vengono integrati nella costruzione di nuovi edifici, ma l’innovazione ingegneristica ha portato allo sviluppo di molte altre tecnologie: per esempio i vetri a maglia antilesione e i pilastri rinforzati con la fibra di carbonio, che non sono utilizzati solo nei nuovi edifici ma anche per rinforzare gli edifici storici, come per esempio i templi shintoisti. Secondo l’architetto giapponese Junko Kirimoto, queste stesse logiche potrebbero essere applicate al patrimonio storico e artistico italiano, con costi però molto importanti. L’aspetto economico è un fattore che rappresenta troppo spesso una limitazione enorme. Non entriamo troppo in dettaglio, ma è bene tenerlo sempre presente.

La cultura della prevenzione sismica

La parola chiave per comprendere l’efficienza giapponese in fatto di terremoti è prevenzione.

La prevenzione sismica passa dall’educazione: dal 1958 i bambini giapponesi, fin dalle scuole elementari, frequentano corsi obbligatori che insegnano ad affrontare le emergenze, tra cui il rischio sismico. Inoltre le esercitazioni di emergenza sono molto frequenti, ed esiste una giornata annuale attorno alla quale vengono organizzati numerosi eventi di educazione sia teorica che pratica per la prevenzione del rischio sismico.

Un’attenzione che non manca nelle politiche sugli investimenti: per esempio nell’area della città metropolitana di Tokyo, è stato costruito un imponente sistema di tunnel situato a 22 metri di profondità pensato per incanalare gli eccessi d’acqua, derivati da tifoni, piogge estreme o tsunami, all’interno del fiume Edo. Per costruirlo ci sono voluti dodici anni e un grande investimento economico, che il governo decise di attuare nonostante il Paese stesse affrontando i disagi economici del dopoguerra. Si calcola che negli anni 50 e 60 il governo investisse tra il 6 e il 7% del budget nazionale per la riduzione dei rischi sismici.
Inoltre sia a livello statale che locale sono attivi una serie di allarmi (tramite app, televisione o avvisi acustici emessi nelle strade) che sfruttano i pochi secondi a disposizione tra l’arrivo delle onde P e le onde S (solitamente quelle che recano più danni), per permettere a chi vive nelle zone colpite di cercare un posto protetto durante il terremoto.

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