Conosciamo tutti il viaggio di Marco Polo, che raggiunse la Cina nel 1274. Marco, però, non fu l’unico viaggiatore del Medioevo. Tra coloro che raggiunsero l’Oriente prima di lui vi fu Giovanni da Pian del Carpine, uno dei compagni di San Francesco d’Assisi. Le ragioni del viaggio erano diverse da quelle di Marco: Giovanni era stato incaricato dal papa di portare una lettera al Gran Khan dell’Impero mongolo, allo scopo di scongiurare l’invasione dell’Europa. I mongoli, infatti, minacciavano di distruggere il mondo cristiano.
Giovanni si mise in viaggio nel 1245 e poco più di un anno dopo raggiunse la corte del Gran Khan a Karakorum, la capitale dell’impero. La missione diplomatica fallì, ma Giovanni redasse un’opera, la Storia dei mongoli, che per la prima volta fece conoscere in Occidente le usanze orientali e la struttura sociale e politica dell’impero mongolo.
Chi era Giovanni da Pian del Carpine
Giovanni nacque a Pian del Carpine (oggi Magione, in provincia di Perugia) verso la fine del XII secolo. Nel 1215 entrò nell’Ordine francescano, fondato nel 1209 da Francesco d’Assisi, del quale fu quasi certamente uno dei primi compagni. Dopo la nascita dell’Ordine, i frati francescani si dedicarono alla propagazione della fede nei territori dove il cristianesimo non si era ancora affermato e Giovanni, che era un buon conoscitore di lingue straniere, partecipò attivamente alle missioni, soggiornando in Germania e in Spagna.
Nel 1245 Giovanni fu incaricato di un compito assai delicato: consegnare una lettera del pontefice al Gran Khan dell’impero mongolo. L’impero, infatti, faceva molta paura.
L’impero mongolo
L’ascesa dei mongoli era iniziata nel 1206, quando un geniale e spietato condottiero, Gengis Khan, aveva dato avvio all’espansione nell’Asia centrale e nel nord della Cina. Gengis regnò sui mongoli fino alla morte, sopraggiunta nel 1227. La politica espansionistica proseguì durante sotto gli imperatori ascesi al trono dopo di lui, che erano eletti dal kuriltai, l’assemblea dei nobili. Più precisamente, le armate del Gran Khan Ogodei, succeduto a Gengis, si spinsero fino all’Europa e conquistarono alcuni territori nella parte orientale del continente. Nel 1241 i mongoli, guidati sul campo da Batu Khan, raggiunsero il mare Adriatico, invasero il territorio della Croazia e lambirono il Friuli, compiendo devastazioni e saccheggi ovunque passassero. La fortuna volle che dovessero tornare indietro all’improvviso, perché ricevettero la notizia che Ogodei era morto ed era necessario eleggere il successore. Batu Khan era uno dei candidati alla successione e si affrettò a tornare a Karakorum.
L’ambasceria di Innocenzo IV
In Europa si temeva che, appena i mongoli avessero sistemato le loro faccende interne, sarebbero tornati in massa per occupare il continente. Il papa, che era il principale leader politico europeo insieme all’imperatore del Sacro romano impero, doveva trovare un modo per fermarli. Nel 1241 alla carica di pontefice fu eletto Innocenzo IV, che pensò di seguire la via diplomatica e redasse la lettera intitolata Cum non solum, con la quale invitava il Khan a cercare un accordo e lo minacciava della punizione divina se non avesse accettato. Il tentativo si inseriva in una più vasta strategia diplomatica di Innocenzo, che inviò anche altre ambascerie presso i mongoli e fece pressione sui patriarchi delle chiese cristiane d’oriente perché tornassero sotto l’egida della Chiesa cattolica (dalla quale si erano separate nel 1054 con il Grande scisma).
Il viaggio di Giovanni da Pian del Carpine
Innocenzo, consapevole delle capacità di Giovanni, lo scelse come latore della lettera al Gran Khan. Il frate partì il 16 aprile 1245 da Lione in compagnia di un altro missionario, Stefano di Boemia. Quando giunsero in Polonia, si unì a loro un terzo sacerdote, Benedetto, e i tre attraversarono la Russia fino al fiume Volga, dove iniziava il territorio controllato dai mongoli. A quel punto Stefano, che si era ammalato, tornò indietro e Giovanni proseguì il viaggio con Benedetto. I due viaggiatori fecero tradurre in persiano la lettera del pontefice e si diressero in Asia centrale, attraversando il percorso poi divenuto noto come via della seta. All’epoca i viaggi erano lunghi e difficili, ma Giovanni e Benedetto, muovendosi a cavallo, riuscirono a raggiungere la loro meta.
Il fallimento della missione diplomatica nell'impero mongolo
Il 22 luglio 1246 i due frati giunsero a Karakorum, dove scoprirono che il successore di Ogodei non era ancora stato scelto e il potere era temporaneamente nelle mani di una delle sue mogli. Tuttavia il nuovo Gran Khan, Guyuk, fu eletto proprio nei giorni successivi all’arrivo di Giovanni e il frate poté perciò consegnargli la lettera del papa.
Guyuk rifiutò la proposta di pace, sostenendo che le pretese del pontefice di rappresentare Dio non avevano fondamento, e Giovanni, dopo quattro mesi di soggiorno a Karakorum, dovette intraprendere la via del ritorno. Giunse a Lione nel novembre del 1247.
Dopo il viaggio
Nonostante il fallimento della missione diplomatica, l’Europa centro-occidentale non fu invasa dai mongoli, che preferirono portare a termine la conquista della Cina e tentarono infruttuosamente di invadere il Giappone. L’Europa, del resto, era un continente pieno di castelli e città fortificate eper conquistarlo le armate del Khan, non esperte negli assedi, avrebbero incontrato molte difficoltà.
Giovanni, dal canto suo, dopo il rientro a Lione fu incaricato di altre missioni diplomatiche, tra le quali un’ambasceria alla corte del re di Francia di Luigi IX, e fu infine nominato arcivescovo di Antivari (oggi Bar, in Montenegro), dove morì nel 1252.
La conseguenza più importante del viaggio: la Storia dei mongoli
La conseguenza più importante del viaggio a Karakorum fu la redazione della Storia dei mongoli (Historia Mongalorum), un trattato in latino che, a dispetto del titolo, non era tanto un libro di storia quanto un’opera etnografica. Giovanni descrisse dettagliatamente l’Impero del Gran Khan, soffermandosi su numerosi aspetti: la geografia, le divisioni etniche, la religione, le abitudini alimentari, gli stili di vita. Il frate dedicò particolare attenzione alle questioni militari, spiegando che tutti i mongoli, comprese le donne, imparavano a cavalcare sin da bambini e che erano abilissimi nell’usare archi e sciabole. Il loro obiettivo, secondo Giovanni, era il dominio su tutto il mondo conosciuto.
La Storia dei mongoli ebbe grande diffusione (sebbene inferiore a quella che avrà da lì a pochi anni il Milione di Marco Polo) e consentì agli europei di conoscere molti aspetti dell’impero mongolo ignorati fino ad allora.