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11 Aprile 2024
20:30

I social aumentano l’odio tra le persone? Uno studio su “Nature” individua quando accade e perché

Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature ha fatto chiarezza su come nascono e si diffondono i comportamenti antisociali online, soprattutto sui social network.

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I social aumentano l’odio tra le persone? Uno studio su “Nature” individua quando accade e perché
social odio

Vi siete mai imbattuti in una sfilza di commenti d'odio o negativi sui social network sotto una notizia di cronaca? Statisticamente è molto probabile. Ecco, un recente studio pubblicato su Nature spiega in che modo prendono piede e forma gli atteggiamenti d’odio online.

È ormai da diversi anni che esistono filoni di ricerca su temi come la polarizzazione, la disinformazione e i comportamenti antisociali online. Tuttavia, per affrontare ricerche di questo tipo, spesso non si dispone di database abbastanza ampi. E anche quando i ricercatori ottengono dati attraverso accordi speciali con aziende come Meta, è difficile stabilire se i comportamenti che si manifestano sui social sono “intrinseci” alle persone o se sono dovuti più a come le piattaforme sono progettate.

Grazie a un’analisi comparativa, lo studio su Nature è però riuscito a indagare come, su diverse piattaforme (Facebook, Gab, Reddit, Telegram, Twitter, Usenet, Voat e YouTube), i comportamenti definiti tossici nascono e si diffondono in maniera simile e coerente.

Quando i social aumentano l'odio: cosa dice lo studio di Nature 

Tra i filoni di ricerca sull'odio e la violenza online troviamo quello dedicato all'esame del linguaggio “dannoso” sui social media e dei suoi effetti, anche offline. Dal momento che il design e gli algoritmi di queste piattaforme hanno l’obiettivo di massimizzare il coinvolgimento degli utenti, diventa difficile distinguere quanto il linguaggio d’odio online è dovuto alla personalità dell’utente e quanto è la stessa piattaforma a portarlo ad adottare una modalità di interazione negativa. Questo esame è cruciale, poiché rivela come i social media possano riflettere e, in alcuni casi, amplificare le questioni sociali, compreso il peggioramento del discorso pubblico.

commenti negativi social

Per ottenere un quadro completo delle conversazioni online sui social media, i ricercatori hanno analizzato circa 500 milioni di commenti da Facebook, Gab, Reddit, Telegram, Twitter, Usenet, Voat e YouTube, su diversi argomenti e in trent’anni di attività. Hanno inoltre considerato come valida la definizione di commento tossico fornita dall'API Perspective di Google (un classificatore di tossicità):

Un commento scortese, irrispettoso o irragionevole che potrebbe indurre le persone ad abbandonare una discussione

Sulla base di questa definizione, l’API assegna a un testo un punteggio di tossicità crescente compreso tra 0 e 1, a indicare la probabilità che un lettore percepisca il commento come tossico. 0,6 è la soglia per considerare un commento come tossico.

Il primo dato significativo riscontrato è il seguente: il numero di utenti che prendono parte a una conversazione online tende a diminuire quanto più la conversazione si fa lunga e si evolve, ma quelli che rimangono lo fanno in maniera più attiva. Lo studio investiga quindi in che modo la durata delle conversazioni sia correlata alla probabilità di incontrare commenti tossici. In questo senso, le tendenze risultanti sono quasi tutte in aumento, dimostrando che, indipendentemente dalla piattaforma e dall’argomento, più lunga è la conversazione più tossica tende ad essere.

È stato inoltre scoperto che gli individui non evitano "a priori" gli ambienti online in cui potrebbe scatenarsi una polemica: le percentuali di abbandono di una conversazione hanno un andamento pressoché identico sia nei casi in cui emerga un commento d'odio, sia che non ci sia.

Perché le persone partecipano a conversazioni “d'odio” sui social: i motivi

In ultimo, lo studio, esplora il motivo per cui le persone partecipano a conversazioni online tossiche e perché le discussioni più lunghe tendono a essere più tossiche. Ecco le ragioni:

  • Presenza di argomenti controversi: quando emerge una controversia tra persone con opinioni opposte, i dibattiti diventano più lunghi e più accessi ed emerge maggiore tossicità. Questo avviene ad esempio quando conversano tra loro degli utenti con diverse inclinazioni politiche.
  • Presenza di picchi di coinvolgimento: fattori come la riduzione del focus della discussione o l’intervento dei cosiddetti "troll" (persone che intervengono col solo scopo di infiammare il dibattito) possono comportare una quota maggiore di scambi tossici.
  • Mancanza di segnali non verbali e di presenza fisica: rispetto alle interazioni faccia a faccia, la percezione dello schermo agisce come uno scudo. Non solo, permette di abbandonare la conversazione con molta più facilità che dal vivo, riducendo il nostro senso di responsabilità nella conversazione.
  • Formazione di echo chamber: le nostre opinioni, sia su internet sia nella vita di tutti i giorni, sono influenzate dalle nostre convinzioni preesistenti, motivo per cui tendiamo a cercare e accettare informazioni che supportano le nostre idee, ignorando o escludendo altre prospettive contrarie alle nostre.

Lo studio smentisce poi l'opinione diffusa secondo cui, se i commenti tossici e maleducati ricevono tanti "like" o non vengono limitati dalla cosiddette figure dei moderatori sdoganano il comportamento d'odio nella conversazione e quindi gli utenti inizieranno a emularlo. Lo studio su Nature, ha dimostrato che non ci sono prove che possano sostenere questa posizione.

In ultimo i ricercatori ritengono che monitorare la possibile polarizzazione tra gli utenti potrebbe essere utile per immaginare interventi precoci nelle discussioni online, prima che queste sfocino nel linguaggio d’odio. Tuttavia, riconoscono che è importante non dimenticarsi di altre dinamiche che danno vita al discorso online e che richiedono un discorso a parte (la presenza di influencer, troll, aspetti culturali e demografici, area geografica e così via).

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