Come apparirebbe Giove, il pianeta più grande del sistema solare, se potessimo vederlo con i nostri occhi, magari dall'oblò di un'astronave? Ce lo mostra Björn Jónsson, citizen scientist islandese, grazie ai dati raccolti dalla sonda Juno della NASA. Il lavoro di Jónsson è stato possibile perché la NASA rende pubbliche tutte le immagini raw (cioè non processate) prodotte dalla sonda Juno, dando piena libertà a chiunque di usarle per realizzare creazioni o composizioni proprie. Questo è uno tra le decine di progetti di citizen science della NASA, il cui obiettivo è coinvolgere la cittadinanza nelle varie attività (anche prettamente scientifiche) dell'agenzia spaziale americana.
L'immagine di sinistra mostra una porzione della superficie gioviana in colori pressoché reali (cioè molto simili a quello che vedrebbe effettivamente il nostro occhio), mentre l'immagine di destra lo stesso panorama processato con una diversa colorazione.
Juno ha realizzato questo panorama gioviano il 5 luglio di quest'anno, mentre sorvolava il gigante gassoso a una distanza di 5300 km dalla sua superficie sfrecciando a 209.000 km/h rispetto al pianeta. Stiamo osservando una regione a circa 50° di latitudine dell'emisfero nord di Giove.
I colori in astronomia
Per comprendere questo confronto occorre partire da una nozione di base: le immagini astronomiche non nascono già colorate come quelle dei nostri smartphone. I sensori montati a bordo di sonde, rover e telescopi spaziali sono sempre monocromatici, cioè sono sensibili solamente alla quantità di luce raccolta ma non sanno distinguere tra i vari colori. Questo è voluto, naturalmente: i sensori monocromatici sono infatti molto più precisi ed efficienti.
Come si ottengono quindi i colori? Grazie all'uso di filtri, cioè dispositivi che lasciano passare soltanto luce di una certa lunghezza d'onda (ovvero un certo colore, nel caso della luce visibile). Si riprende la stessa scena con filtri differenti e si combinano le singole immagini per ottenere i colori. È esattamente come funziona l'occhio umano, sulla cui retina troviamo particolari recettori sensibili al rosso, al blu e al verde: combinando i “dati” raccolti da ogni tipo di recettore il cervello ricostruisce i colori della scena che stiamo guardando.
Quando le immagini astronomiche vengono elaborate, la scelta della palette cromatica può essere dunque piuttosto arbitraria. Si dice che un'immagine è in colori reali se la mappatura dei colori corrisponde a quella che usa il nostro occhio, ma questo non significa che i colori che noi vediamo sono intrinsecamente “reali”: una mappatura cromatica è soltanto una convenzione, e tutte le mappature sono ugualmente valide da un punto scientifico. Alcune si rivelano più utili di altre in situazioni specifiche, ed è per questo che non tutte le immagini astronomiche sono in colori reali.
Stessi dati, colori diversi
Torniamo alle immagini di Giove, per esempio. L'elaborazione di Jónsson mostra quanto drasticamente può cambiare la percezione del nostro oggetto di studio a seconda di come scegliamo di colorarlo. L'immagine a destra, per esempio, è una versione con colori estremamente “accentuati": è chiarissimo se confrontata con la stessa immagine in colori reali! Contrasto, saturazione e nitidezza dei dettagli sono notevolmente esagerati rispetto a quello che vedrebbe il nostro occhio.
Questo però ci permette di capire molto meglio che cosa sta succedendo su questa porzione di Giove: si distinguono molto meglio le complesse dinamiche atmosferiche, la diversa composizione chimica delle varie zone (testimoniata dai diversi colori) ed è anche più chiara la struttura tridimensionale dei vortici. Molto spesso in astronomia l'uso dei falsi colori serve proprio per studiare meglio ciò che stiamo osservando!
Altre volte l'uso dei falsi colori è semplicemente una necessità, come quando un'immagine è ottenuta con luce non visibile. Un esempio? Le immagini del telescopio spaziale James Webb, tutte ottenute catturando luce infrarossa!
La missione Juno
Juno è stata lanciata nel 2011 ed è entrata in orbita attorno a Giove cinque anni dopo. La sua orbita è molto schiacciata e dura 43 giorni. Nel punto di massima vicinanza al pianeta gigante la sonda dista 5000 km dalla sua superficie. Ogni mese e mezzo circa, quindi, la sonda mette in azione la sua camera JunoCam per scattare alcune tra le foto più suggestive nella storia dell'esplorazione spaziale. Quello del 5 luglio 2022 è stato il 43° sorvolo ravvicinato della sonda a Giove.
La missione doveva durare fino al 2021, ma fortunatamente è stata estesa almeno fino fino al 2025. Questo significa che Juno ci delizierà con altre strepitose immagini di Giove per qualche altro anno ancora!