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10 Ottobre 2023
17:27

La chiusura del giacimento di Groningen non ha conseguenze dirette sul sistema energetico europeo

La recente cessazione delle attività di estrazione di gas naturale nel giacimento più grande d'Europa è solo il capitolo finale di un processo di graduale riduzione della produzione dello stabilimento: l'Europa era abbondamentemente preparata da anni a questa eventualità.

A cura di Cesare Negro
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La chiusura del giacimento di Groningen non ha conseguenze dirette sul sistema energetico europeo
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Il 1° ottobre del 2023 il governo dei Paesi Bassi ha stabilito lo stop alle attività di estrazione di gas naturale dal giacimento più grande in Europa, a Groningen nell'Olanda settentrionale. L'impianto potrà essere sfruttato ancora solo in caso di necessità fino al 1° ottobre 2024, data in cui la chiusura diventerà definitiva e l'impianto verrà smantellato. La decisione, motivata dal fatto che l'attività estrattiva nel giacimento produceva terremeoti indotti, pone fine a un tiro alla fune tra associazioni di cittadini e colossi dell’energia fossile. Tutto questo avviene nel bel mezzo della peggiore crisi energetica in Europa dal dopoguerra a oggi. In questo articolo approfondiamo le conseguenze di questo intervento sulla sicurezza dei nostri approvvigionamenti energetici. L’Europa avrà scorte sufficienti per affrontare l'inverno?

La chiusura dello stabilimento era ampiamente prevista

Chiariamo innanzitutto un fatto fondamentale: non ci troviamo di fronte a una crisi di approvvigionamento a causa dello stop alle attività estrattive del giacimento di Groningen. Questo è valido tanto a livello nazionale (sia olandese, sia italiano) quanto a livello europeo. La decisione presa dal governo dei Paesi Bassi era infatti ampiamente prevista, dal momento che negli anni le estrazioni hanno causato miliardi di euro di danni e migliaia di procedimenti legali. Il governo infatti aveva già approvato in precedenza un piano di risarcimento per i residenti locali colpiti dai terremoti, per un importo totale dei risarcimenti pari a 22 miliardi di euro nei prossimi 30 anni. Più di 3.000 case hanno dovuto infatti essere demolite a causa dei danni provocati dal terremoto e dal 2015 la produzione di gas è stata ridotta. Il processo di chiusura è stato avviato dunque ormai diversi anni fa, per cui l'Unione Europea era ampiamente preparata.

Questo perché in quegli anni la società olandese Nederlandse Aardolie Maatschappij (NAM), che gestisce le attività estrattive dell'impianto di Groningen, si vide costretta dalle pressioni sociali causate dai terremoti a ridurre drasticamente le estrazioni, fino a farle diminuire di oltre il 33% in un anno. Negli anni a seguire le attività estrattive sono diminuite sempre di più, fino a sfiorare lo zero nel 2022.

Basti pensare che nel 2014 da Groningen venivano estratti circa 42 miliardi di m3 di gas naturale, mentre nel 2022 ne sono stati estratti poco più di 4 miliardi e mezzo. La conclusione è abbastanza ovvia: la NAM avrebbe chiuso prima o poi i rubinetti di Groningen. Il processo era di fatto già iniziato nel 2015, quando iniziò la graduale diminuzione della produzione. In altre parole, è da 7 anni ormai che sapevamo di non poter più contare sul gas dei Paesi Bassi.

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Un dettaglio dell’impianto di Groningen.

La diversificazione degli approvvigionamenti in Europa

Questa drastica diminuzione ha comportato che dal 2015 i Paesi Bassi sono diventati sempre più dipendenti dalle importazioni. L'aumento della domanda però è stato in larga parte compensato dalla diversificazione della produzione elettrica nazionale e dall’incremento degli stoccaggi di gas naturale. In parole povere: più rinnovabili e più gas stivato nelle riserve nazionali.

Il vero problema dei Paesi Bassi non è dunque Groningen, ma lo stesso che ha l'intera Europa: l’invasione russa dell’Ucraina che ha costretto il governo olandese a rifornirsi di gas da altri Paesi a costi decisamente più elevati. Allo scenario geopolitico già complesso si aggiunge anche la crisi di Gaza, che rende l'Algeria (grande fornitore di gas e storico sostenitore di Hamas) un partner ancor meno affidabile per gli approvvigionamenti di combustibile.

percorso transmed
Il percorso del gasdotto Transmed, con cui l’Italia si approvvigiona del gas algerino.

L'Europa ha dovuto stravolgere la sua strategia di approvvigionamento e riempimento degli stoccaggi, costretta a rinunciare di colpo a ingenti volumi di gas naturale provenienti dalla Russia e a stringere accordi con Stati Uniti e altri attori medio-orientali fino ad allora in secondo piano. Nella fattispecie, secondo alcuni analisti, il Vecchio Continente non riuscirà ad affrancarsi dal gas naturale liquefatto statunitense per ancora un decennio.

Per quanto riguarda l'Italia, con lo stop olandese è definitivamente giunto il momento di riconsiderare i rapporti con Algeria e Azerbaijan, che esclusa la Russia sono rispettivamente i maggiori fornitori di gas naturale del Belpaese.

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