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12 Aprile 2023
18:30

Le piante sotto stress possono davvero emettere “urla” di dolore?

Recentemente si parla di uno studio secondo il quale le piante, se sottoposte a stress meccanici e idrici, emetterebbero dei veri e propri lamenti. In realtà, ciò che dice lo stesso studio è che le piante emettono ultrasuoni derivanti dal fenomeno della "cavitazione" e non ha molto a che fare con il dolore.

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Le piante sotto stress possono davvero emettere “urla” di dolore?

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piante urlo

Dopo la pubblicazione di un nuovo studio alcune testate hanno ripreso la notizia affermando che le piante siano capaci di “urlare” quando vengono tagliate o quando soffrono altri tipi di stress come la sete. Secondo alcune testate generiche, le specie vegetali emetterebbero dei veri e propri "lamenti di dolore" per chiedere aiuto ad altre loro simili. Ma è davvero così? Cerchiamo di vederci più chiaro.

Il paper arriva da un variegato team di ricerca dell’Università di Tel Aviv, in collaborazione con l’MIT (Massachusetts Institute of Technology) e il Dipartimento di Biologia Computazionale del Massachusetts. Ciò che gli studiosi hanno osservato è che le piante sono in grado di emettere delle onde sonore quando sottoposte sia a stress biotici – provocati da altri esseri viventi – che abiotici – cioè ambientali. Tali suoni sono impercettibili all’orecchio umano perché appartenenti alla gamma degli ultrasuoni, la quale va da un minimo di 20 ad un massimo di 150 kHz, mentre noi possiamo udire le frequenze comprese tra 20 Hz e 20 kHz. Ma da cosa sono prodotti questi ultrasuoni? A cosa servono realmente? E soprattutto, possiamo paragonarli a vere grida di dolore?

Come funziona la comunicazione nelle piante

Prima di entrare nel merito dello studio e di ciò che è stato scoperto, vale la pena chiarire che la “comunicazione” tra le piante, e tra queste e altri organismi, non è una novità per i fisiologi vegetali. È stato infatti ampiamente dimostrato che molte specie vegetali producono particolari biomolecole, i composti organici volatili (COV), a partire dal carbonio ottenuto dalla fotosintesi e che possono avere una funzione protettiva dalla fonte di stress sia per la stessa pianta che per altre specie vegetali vicine. Altri metodi di comunicazione che le piante adottano, questa volta nei confronti di altri esseri viventi, sono visivi e tattili: forme e colori particolari per attrarre gli insetti impollinatori in modo da favorire la diffusione del polline, oppure peli urticanti e spine per dissuadere animali erbivori dal mangiarle.

Lo studio sulla comunicazione delle piante

Secondo lo studio dell’Università di Tel Aviv, tale comunicazione può essere anche sonora e percepibile da alcune specie animali quali insetti e mammiferi ad una distanza di 3-5 metri dalla pianta. Quando questa subisce uno stress di tipo abiotico dovuto, per esempio, al clima siccitoso e alla mancanza di acqua, produce un suono molto simile a quello dei semi di mais che si trasformano in pop-corn con il calore. Ciò avviene a opera della “cavitazione”, ovvero quel processo in cui si formano delle bolle d’aria all’interno dello xilema della pianta – il tessuto all’interno del quale scorre la linfa grezza dalle radici verso le foglie- che poi collassano e scoppiano emettendo dei crepitii.

Suoni specie-specifici e stress-specifici

I suoni prodotti, sempre secondo lo studio, sarebbero sia specie-specifici che stress-specifici: in pratica si è osservato che il suono emesso da una pianta di pomodoro (Solanum lycopersicum) differiva da quello di una pianta di tabacco (Nicotiana tabacum) e, all’interno della stessa specie, v’erano differenze anche a seconda che il suono risultasse da un taglio o dalla mancanza di acqua.

Per rilevarli, gli scienziati si sono serviti di sensori a microfono e di una rete neurale artificiale che li riconoscesse e li smistasse a seconda della loro frequenza, intensità e natura. Un modello 3D ha infine permesso di valutare la diffusione delle onde sonore in tutte le direzioni dello spazio partendo dallo stelo della pianta.

Immagine
Gli ultrasuoni emessi dalle piante sono stati registrati attraverso dei sensori posti a 10 cm da ciascuna pianta, e successivamente riconosciuti e classificati da un sistema di machine learning

Le possibili applicazioni in agricoltura della nuova scoperta

Si tratta di una scoperta indubbiamente interessante, ma quali utilità potrebbe avere? Il gruppo di ricerca suggerisce una potenziale applicazione dei risultati ottenuti all’interno dell’agricoltura di precisione. In buona sostanza, possono essere utili per monitorare l’apporto idrico alle colture: un'irrigazione più precisa e mirata al reale fabbisogno delle piante potrebbe far risparmiare fino al 50% dell'acqua utilizzata per aumentare il rendimento delle colture. Questo approccio consentirebbe di ottimizzare non solo le risorse idriche, già pesantemente intaccate dal surriscaldamento del clima, ma anche quelle economiche del settore agroalimentare.

Quindi le piante "sentono" il dolore? Le conclusioni dello studio

E per rispondere alla prima domanda che ci siamo posti in questo articolo, se davvero le piante sono in grado di emettere urla di dolore, la risposta è: no. Per poter parlare di una risposta al dolore come urla e lamenti, dovremmo considerare la capacità di “sentire” il dolore e di elaborarne l'informazione. Ciò è possibile in quegli organismi viventi provvisti di una rete nervosa complessa formata da recettori che raccolgono l’input esterno e lo trasmettano a un sistema nervoso centrale attraverso connessioni neurali per poi elaborarne la sensazione di dolore. Nonostante siano state osservate diverse reazioni chimiche delle piante in conseguenza a minacce esterne, non possiamo paragonarle ad alcun tipo di risposta cosciente a qualsivoglia minaccia.

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