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7 Giugno 2025
13:01

L’Italia al bivio: i referendum che hanno cambiato la storia italiana dal 1946 a oggi

L’Italia è una Repubblica grazie a un referendum, tenuto nel 1946. Nel corso degli anni, i cittadini italiani sono stati chiamati a decidere su 78 questioni e alcuni referendum hanno definito le caratteristiche della società. Il 7 e 8 giugno 2025 gli italiani sono nuovamente chiamati a partecipare a 5 referendum abrogativi su lavoro e cittadinanza.

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L’Italia al bivio: i referendum che hanno cambiato la storia italiana dal 1946 a oggi
referendum italia

In Italia, dal 1946 a oggi si sono tenuti 78 referendum su scala nazionale. Quasi tutti i quesiti, ben 72  su 78, hanno avuto carattere abrogativo, cioè sono stati indetti per abrogare leggi approvate dal Parlamento, come saranno quelli dell’8 e 9 giugno 2025 che riguarderanno il lavoro e la cittadinanza. Le consultazioni abrogative prevedono il quorum (deve votare più del 50% degli aventi diritto), che in molti casi non è stato raggiunto. Altri quattro referendum svolti nel nostro Paese hanno avuto carattere costituzionale (per confermare modifiche alla Costituzione), un referendum è stato istituzionale (per scegliere tra monarchia e repubblica) e uno consultivo (a proposito dell’Unione Europea).

Quanti referendum sono stati indetti in Italia

Nel nostro Paese, dalla caduta del fascismo a oggi sono stati indetti 78 referendum di livello nazionale. Più precisamente:

  • 72 referendum abrogativi
  • 4 referendum costituzionali
  • 1 referendum istituzionale
  • 1 referendum di indirizzo

Altre consultazioni sono state indette su scala locale.

Facsimile della scherda del referendum costituzionale del 2016
Facsimile della scheda del referendum costituzionale del 2016.

Prima dell’instaurazione della Repubblica italiana, nella Penisola si erano tenuti i plebisciti “risorgimentali” per l’annessione degli Stati preunitari al Regno d’Italia. Inoltre, durante il fascismo furono organizzate due consultazioni referendarie, una nel 1929 e una nel 1934, per approvare in blocco una lista di deputati predisposta dal regime, senza garanzie democratiche.

Il referendum istituzionale del 1946

Il referendum più importante della nostra storia è quello istituzionale del 2 giugno 1946, al quale si deve l’esistenza stessa della Repubblica italiana. I cittadini furono chiamati a scegliere se conservare il sistema monarchico, vigente dall’Unità d’Italia, o istituire una Repubblica. La scelta fu netta: la Repubblica si affermò con il 54,7% dei consensi, superando la scelta monarchica di circa due milioni di voti.

Oggi non sarebbe possibile organizzare nuovi referendum istituzionali, giacché la Costituzione, all’articolo 139, stabilisce che «la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale».

Riproduzionde della scheda del referendum istituzionale
Riproduzione della scheda del referendum istituzionale.

I referendum abrogativi

I referendum abrogativi sono quelli più comuni. Nonostante siano previsti dalla Costituzione, nei primi 26 anni dalla sua entrata in vigore non ne fu indetto nessuno. Il primo referendum tenuto dopo il 1946 è stato quello del 1974 per abrogare la legge che aveva legalizzato il divorzio. Alla consultazione, convocata per iniziativa di partiti e movimenti cattolici, vinse il “No” e il divorzio non fu abolito.

Manifesto del 1974 per il No al referendum sul divorzio
Manifesto del 1974 per il No al referendum sul divorzio.

Nuovi referendum furono indetti nel 1978 e nel 1981. Tra questi ultimi, figuravano due quesiti sull’aborto, che era stato reso legale dalla legge 194 del 1978: un quesito, proposto dall’area cattolica, chiedeva di abolire il diritto di interrompere le gravidanze indesiderate; un altro, proposto dal partito radicale, era di segno opposto e voleva renderle più agevoli. Entrambi i quesiti furono respinti e la legge 194 non fu modificata. Un’altra consultazione importante avvenne nel 1987, in seguito della quale furono cambiate alcune leggi e fu stabilito di rinunciare a produrre energia nucleare, chiudendo le centrali in funzione.

A partire dagli anni ’90, a causa della fine della cosiddetta Prima repubblica e della crescita della sfiducia verso il sistema politico rappresentativo e verso i partiti, il ricorso allo strumento del referendum è stato più frequente. È emerso, però, il problema del quorum: fino agli anni ’80 era pressoché scontato che almeno metà degli elettori andasse a votare e la consultazione fosse valida. In seguito, a causa della diminuzione della partecipazione elettorale, raggiungere il quorum è diventato problematico. In ogni consultazione, inoltre, ci sono forze politiche che sfruttano questa situazione e promuovono l’astensionismo, cioè invitano i loro sostenitori a non andare a votare, allo scopo di far fallire le consultazioni. I primi referendum invalidati dal mancato raggiungimento del quorum sono stati i tre quesiti sulla caccia e sui pesticidi del 1990.

Manifesto per il SI ai referendum del 1990
Manifesto per il SI ai referendum del 1990.

Dal 1997, nessun referendum abrogativo ha raggiunto il quorum, con l’eccezione dei quattro quesiti del 2011 a proposito dell’acqua pubblica (per bloccare le privatizzazioni del sistema idrico), dell’energia (per confermare il “no” al nucleare) e del “legittimo impedimento” (per abolire la norma che consentiva alle massime cariche dello Stato di non presentarsi ai processi).

Gli ultimi referendum si sono tenuti nel 2022 a proposito dell’ordinamento della giustizia. Ha votato solo il 20% degli aventi diritto.

I referendum costituzionali

Nel corso della storia della Repubblica, i cittadini sono stati chiamati quattro volte ad approvare o respingere modifiche alla Costituzione. Tutte le consultazioni costituzionali, che non prevedono il quorum, sono state indette negli ultimi 25 anni. Più specificamente, nel 2001 un referendum approvò la riforma del Titolo V, che dava più poteri agli enti locali e alle regioni; le due modifiche successive, proposte nel 2006 (governo Berlusconi) e 2016 (governo Renzi) furono respinte; ha avuto successo l’ultima riforma costituzionale, riguardante la riduzione del numero dei parlamentari, approvata con un referendum del 2020.

Un seggio del referendum del 2020 (credits Holapaco77 via Wikimedia Commons)
Un seggio del referendum del 2020. Credit: Holapaco77 via Wikimedia Commons

Il referendum di indirizzo del 1989

Fino a ora nel nostro Paese è stato indetto solo un referendum di indirizzo (cioè consultivo e non vincolante): quello del 1989 sull’integrazione europea. Ai cittadini fu chiesto se approvavano la trasformazione della Comunità europea in una Unione dotata di competenze più estese e se volevano che il Parlamento europeo avesse potere costituente, cioè fosse incaricato di redigere la Costituzione dell’UE. L’esito fu nettissimo: l’88% dei cittadini si dichiarò favorevole.

Negli anni seguenti, come sappiamo, l’Unione è effettivamente stata fondata; il Parlamento non ha redatto specificamente una Costituzione europea, ma sono stati sottoscritti alcuni trattati che definiscono i principi dell’UE.

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