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8 Gennaio 2025
12:30

Zuckerberg dice addio al fact-checking di terze parti su Meta: cosa significa e come cambiano Facebook e Instagram

Meta è dalla parte di Trump e Musk: il sistema di fact-checking di terze parti sostituito con le “Community Notes” simili a quelle di X. Ora saranno gli utenti a moderare i contenuti. Questo potrebbe diminuire l'eccessiva censura di cui è stata spesso accusata Meta, ma potrebbe anche favorire la disinformazione.

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Zuckerberg dice addio al fact-checking di terze parti su Meta: cosa significa e come cambiano Facebook e Instagram
Meta fact checking

Importanti novità in casa Meta: nella giornata di ieri Mark Zuckerberg, CEO del colosso tecnologico che possiede Facebook, Instagram, Threads e WhatsApp, ha annunciato una svolta nelle sue politiche di moderazione dei contenuti. Dopo otto anni, il programma di fact-checking di terze parti, introdotto nel 2016 per combattere la disinformazione, verrà sostituito da un nuovo sistema basato sulle “Community Notes”. Questo modello, simile a quello già utilizzato da Elon Musk su X (ex Twitter), lascia agli utenti la responsabilità di aggiungere contesto e correggere eventuali errori nelle informazioni condivise. Non stupisce quindi che Musk abbia commentato sulla sua piattaforma la notizia con «This is awesome» (“È fantastico”).

La decisione, che entrerà in vigore inizialmente negli Stati Uniti (non ci sono piani immediati per l'Unione Europea e il Regno Unito), ha sollevato dibattiti accesi. Da un lato, Meta sostiene che il cambiamento favorisca la libertà di espressione e riduca i pregiudizi politici; dall’altro, gli esperti temono che possa aumentare la diffusione di contenuti falsi e ridurre l’efficacia nella lotta contro disinformazione e fake news. Tutto questo avviene in un contesto di “avvicinamento” tra Mark Zuckerberg e Donald Trump, con importanti implicazioni non solo per la politica interna americana ma anche per il ruolo dei social network come strumento di informazione globale.

Programma di fact-checking di terze parti di Meta: cos'era e come funzionava

Il sistema di fact-checking di Meta era un programma che prevedeva la collaborazione con fact-checker indipendenti certificati dall’IFCN (International Fact-Checking Network) e che aveva il dichiarato scopo di combattere la disinformazione e offrire informazioni affidabili. Dal 2016 il programma di fact-checking ha coinvolto oltre 90 organizzazioni che si sono focalizzate sul contrasto a bufale virali. Il processo di fact-checking prevedeva tre fasi:

  1. Identificazione: i fact-checker individuavano informazioni errate autonomamente o attraverso segnali forniti da Meta, come feedback degli utenti, rilevamento di somiglianze e monitoraggio della diffusione rapida dei contenuti.
  2. Revisione: i fact-checker verificavano l’accuratezza delle informazioni tramite indagini originali, fonti primarie e analisi dei media.
  3. Azione: se un contenuto è valutato falso, Meta ne riduce la visibilità, avvisa gli utenti che lo hanno condiviso o vogliono farlo, e applica un’etichetta con il resoconto del fact-checker. L’intelligenza artificiale amplia queste azioni anche ai duplicati.

Fact-checking di Meta: perché era stato attivato e perché andrà in pensione

Il programma di fact-checking era stato messo a punto da Meta nel pieno delle polemiche seguite alle elezioni presidenziali statunitensi del 2016, vinte da Donald Trump. La società era stata accusata di favorire la diffusione di fake news, cioè notizie false progettate per influenzare l’opinione pubblica. Il sistema, basandosi su collaborazioni con organizzazioni giornalistiche indipendenti (che verificavano la veridicità dei contenuti, classificandoli e, nei casi più gravi, limitandone la visibilità), avrebbe dovuto rappresentare una soluzione a questo problema. Negli anni, però, questa strategia ha incontrato critiche per presunti pregiudizi politici e una percezione di eccessiva censura da parte della community.

Lo stesso Mark Zuckerberg, nel comunicare l’abbandono di questo approccio, ha sottolineato come l’attuale sistema avesse raggiunto “un punto critico”, caratterizzato da troppi errori e un livello di moderazione percepito come eccessivo. La sua visione è quella di un ritorno alle origini dei social network, concepiti come piattaforme aperte dove la libertà di espressione è prioritaria. Questo cambiamento, secondo Meta, punta a ridurre infatti la censura di contenuti legittimi e a semplificare le politiche di moderazione, affidando agli utenti un ruolo centrale nella regolazione del dibattito pubblico.

Il nuovo sistema, definito da Mr. Zuck “Community Notes”, funziona in modo collaborativo. Gli utenti possono segnalare contenuti fuorvianti e proporre correzioni o aggiungere contesto. Tuttavia, questo modello presenta alcune criticità. Su X, dove è già in uso, le Community Notes hanno mostrato limiti evidenti nel controllo delle informazioni false, soprattutto nei casi in cui la verifica richieda competenze specialistiche o una conoscenza approfondita dei fatti. Affidare la moderazione alla community rischia pertanto di amplificare i bias di gruppo, con il potenziale di trasformare la piattaforma in un’arena di conflitti anziché uno spazio di discussione costruttiva.

E se vi state chiedendo perché Meta abbia deciso di procedere proprio ora, dovete mettere in conto che l’annuncio arriva in un momento strategico, che vede l’avvicinamento di Zuckerberg a Trump e al Partito Repubblicano. Dopo anni di tensioni culminate nella sospensione degli account Facebook e Instagram di Trump a seguito dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, nel 2023 Meta ha “riammesso” Trump su Facebook e Instagram mantenendo alcune restrizioni, rimosse del tutto a luglio 2024. Negli ultimi mesi, Zuckerberg ha intrapreso una serie di iniziative che segnalano un suo riposizionamento politico. Tra queste, una cena a Mar-a-Lago con Trump e la donazione di 1 milione di dollari per il suo insediamento alla Casa Bianca. Inoltre, Joel Kaplan, esponente vicino ai Repubblicani, è stato nominato responsabile delle politiche globali del gruppo.

Questa svolta, descritta dal New York Times come «un chiaro segnale di come l’azienda si stia riposizionando per l’era Trump», riflette un ripensamento delle priorità strategiche di Meta.

Cosa cambia per gli utenti: pro e contro dello stop al fact-checking

Per noi utenti, questi cambiamenti potrebbero tradursi in un maggiore margine di manovra nella pubblicazione dei contenuti e nella riduzione della censura (due "pro" sicuramente positivi), ma anche in una maggiore responsabilità nel valutare ciò che leggiamo e condividiamo: come direbbe qualcuno, «da grandi poteri derivano grandi responsabilità». L'abbandono del programma di fact-checking di terze parti, infatti, potrebbe aumentare la disinformazione, con la proliferazione di informazioni false o quantomeno fuorvianti, dovute alla potenziale poca efficacia del nuovo sistema che si affida al buon senso della community per la verifica dei fatti. L’era dei fact-checker professionisti su Facebook, Instagram e Threads sembra quindi destinata a concludersi (Meta introdurrà la novità negli Stati Uniti entro i prossimi due mesi).

La domanda, ora, è se questa evoluzione sarà in grado di preservare l’equilibrio tra libertà e informazioni veritiere e di qualità, in un mondo digitale sempre più complesso. Interessante, a questo proposito, la riflessione della presidente della Federal Trade Commission, Lina Khan, che commentando l’annuncio di Meta ha affermato:

Dovremmo avere un’economia in cui le decisioni di una singola azienda o di un singolo dirigente non abbiano un impatto straordinario sulla libertà di parola online.

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