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21 Giugno 2024
14:39

Il più grande sversamento di petrolio del Mediterraneo: il naufragio della MT Haven

Nel 1991, a poche ore dal disastro della Moby Prince, la petroliera MT Haven fu squarciata da una esplosione a pochi chilometri da Genova, rilasciando circa 144.000 tonnellate di petrolio. Fu uno dei più gravi incidenti marittimi nel Mediterraneo.

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Il più grande sversamento di petrolio del Mediterraneo: il naufragio della MT Haven
Il piu grande sversamento di petrolio nel Mediterraneo
Immagine generata con AI solo a scopo illustrativo

L'11 aprile 1991 la petroliera MT Haven, ancorata al largo del porto di Genova, esplose causando 5 vittime tra l'equipaggio e il più grande sversamento di petrolio del Mediterraneo. Il conseguente incendio, durato ben 70 ore, bruciò la maggior parte del greggio rilasciato, portando comunque al rilascio in acqua e sui fondali di una quantità tra le 10 e le 50.000 tonnellate: il contenimento e recupero del petrolio occupò i soccorsi per anni a venire. La nave affondò il 14 aprile al largo di Arenzano, nel Golfo di Genova: il suo relitto – il più grande visitabile nel Mediterraneo – si trova a 85 metri di profondità. L'incidente avvenne a poche ore di distanza dal disastro del Moby Prince, in cui persero la vita 140 persone.

L’esplosione della MT Haven: cosa è successo e le cause

La petroliera MT Haven apparteneva alla categoria VLCC (Very Large Crude Carrier) navi di dimensione imponente. Sopravvissuta nel 1987 ad un attacco missilistico, durante il conflitto tra Iran e Iraq, era stata riparata in Singapore per riprendere rapidamente servizio. Al momento dell'attracco sulla piattaforma a largo di Genova, trasportava circa 230mila tonnellate di petrolio iraniano.

Dopo un iniziale trasferimento di 80mila tonnellate, la nave si distaccò dalla piattaforma per operare lo spostamento tra le diverse cisterne del carico rimanente (150.000 tonnellate). Durante queste operazioni, un primo incendio e successive esplosioni si svilupparono sulla petroliera, probabilmente per il malfunzionamento di una pompa.

Parte dell'equipaggio riuscirà a salvarsi, nonostante l'incendio: 18 persone devono in particolare la loro vita al primo soccorso, operato dalla "pilotina" del comandante Cerutti, allertata dal comandante della Haven in seguito ai primi incendi.

Durante le prime ore di intervento, gli sforzi si concentrarono nel contenimento del petrolio rilasciato, grazie a 9 km di barriere galleggianti, e nel traino della nave, ancora in fiamme, verso il vicino tratto di costa.

Queste scelte furono determinanti per ridurre l'effetto delle correnti e lo spargimento di greggio; durante il traino la nave, pesantemente danneggiata dalle esplosioni, si spezzò in due con la prua che affondò al largo, a 490 m di profondità.

Relitto MT Haven
Il relitto della MT Haven, a largo di Arenzano. [Credit: Yoruno, Subnormali Team, da Wikimedia Commons]

L'incendio durò 70 ore, terminando solamente il 14 aprile con l'affondamento del relitto restante, a circa 75 m di profondità: fortunatamente i fumi furono respinti lontano dalla costa grazie alle favorevoli condizioni meteo. Anche quella di non estinguere del tutto l'incendio fu una decisione presa per ridurre al minimo la quantità di petrolio liberata in acqua, anche se al prezzo di un pesante inquinamento dell'aria.

Le operazioni di pulizia e le vicende giudiziarie

In seguito alla combustione, il residuo bituminoso del petrolio sprofondò sul fondale, in quantità stimate tra le 10 e le 50.000 tonnellate: altre 2000 tonnellate furono recuperate in acqua grazie al contenimento e speciali mezzi per il recupero, e tra mille e 1500 tonnellate (l'1% del carico al momento dell'esplosione) finirono sulle coste di Arenzano e dintorni.

Nei giorni successivi alla fase emergenziale, gli sforzi si concentrarono sul recupero della frazione più pesante rimasta nella parte principale del relitto (circa 3000 tonnellate), nonché sullo strato, spesso 10 cm, di bitume che si accumulò sul fondale marino in un area di 120.000 km quadrati. Una flotta di navi, mezzi meccanizzati e operatori ripulì i circa 100 km di coste coinvolte nei mesi successivi.

Nella ricerca della causa del disastro, lo stato di manutenzione e le riparazioni eseguite al risparmio sulla nave, in seguito all'incidente missilistico del 1987, finirono sotto l'occhio degli investigatori.

Dopo anni di accuse in diversi gradi di giudizio dei tribunali genovesi e italiani, però, l'intera vicenda sfociò in un nulla di fatto con l'assoluzione degli armatori, la famiglia Stelios.

Furono comunque erogati risarcimenti per 95 miliardi di lire in Italia e altri 23 milioni di Franchi in Francia, da parte del fondo IOPC (International Oil Pollution Compensation), in seguito ad accordi presi a partire dal 1992 con il governo dell'epoca, guidato dal premier Andreotti. La cifra, sicuramente importante, fu però lontana dai 1200 miliardi stimati dal comitato ENI-IRI per una bonifica completa.

Le conseguenze sull'ambiente

Il monitoraggio ambientale dell'area colpita fu attivato già dopo poche settimane dall'incidente: i primi studi si concentrarono su specie marine dei fondali, come i mitili, più comunemente chiamati cozze.

Questi molluschi accumulano le sostanze organiche presenti nell'acqua: per questo motivo furono utilizzate come indicatore delle concentrazioni di derivati del petrolio nell'area.

Cozze mitili sott'acqua
Molti molluschi fanno da "filtro" ripulendo l’acqua dei fondali dalla materia organica: per questo motivo sono studiati per monitorare gli inquinanti ambientali [Fonte: zoosnow, Pixabay]

Oltre ai molluschi, anche i pesci di fondale e specie di piante marine come la Posidonia Oceanica sono state studiati: fauna e flora anche a 15 miglia dal relitto risentirono dello sversamento, riportando concentrazioni di IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici) più alte dei valori storici. Studi sulla pesca a strascico nelle aree marine, soprattutto nell'area di fronte ad Arenzano, mostrarono una riduzione del 43% del pescato rispetto agli anni precedenti l'incidente.

Nel 1999, il fondo IOPC stanziò 16,4 milioni di euro per ulteriori studi e interventi di recupero delle frazioni di petrolio rimaste nel relitto della Haven: la bonifica dell'area fu dichiarata conclusa dalla Protezione Civile nel 2008, riconoscendo però l'infattibilità tecnica di una pulizia completa dei fondali più profondi. Ad oggi, l'unico monitoraggio è quello, generico, della qualità delle acque eseguito dall'Arpa Liguria, e che indica un livello di inquinanti in linea con il restante litorale ligure.

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