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26 Dicembre 2022
7:30

Ologrammi, cosa sono e come funzionano quelli in movimento di Michael Jackson e Whitney Huston

La più futuristica tra le tecnologie dei film riporta sul palco grandi artisti che non ci sono più. Ma come funzionano gli ologrammi? Sono tutti uguali?

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Ologrammi, cosa sono e come funzionano quelli in movimento di Michael Jackson e Whitney Huston
ologramma micheal jackson

I film di fantascienza ci suggeriscono da decenni che un giorno comunicheremo tramite le nostre riproduzioni digitali, come la Principessa Leila in Star Wars.
Forse, però, in pochi si aspettavano che avremmo potuto vedere Michael Jackson, Whitney Huston o Tupac esibirsi su un palco a distanza di anni dalla loro dipartita. Oggi accade con gli ologrammi! Siamo sicuri di sapere di cosa si tratta? E sono tutti realizzati allo stesso modo? Sfatiamo insieme qualche mito.

Cosa sono gli ologrammi?

Gli ologrammi sono il risultato tridimensionale della proiezione di un oggetto, ottenuta tramite l'interferenza di due fasci laser.

Furono inventati negli anni '40 del Novecento da Dennis Gabor, scienziato ungherese che conquistò il Premio Nobel per questa invenzione nel 1971. Solo negli anni '60 si iniziò a fare gli ologrammi con la luce: prima si facevano con gli elettroni dal momento che i laser non erano ancora stati inventati. Gli ologrammi quindi sono immagini che appaiono in 3D ma che, in realtà, sono realizzate su una superficie in 2D. In particolare:

  • sono dotati di parallasse di movimento – ovvero: quando muovi il tuo sguardo gli oggetti nell’immagine che sono in primo piano sembrano spostarsi più velocemente di quelli nello sfondo. In questo modo otteniamo immagini diverse a seconda di dove ci posizioniamo per guardarli;
  • restituiscono la visione stereoscopica, ovvero il fatto che riusciamo a vedere due immagini diverse, una per ogni occhio, che insieme danno la percezione della profondità.

Come funziona un ologramma?

Vediamo brevemente qual è il funzionamento degli ologrammi, step-by-step.

Un punto di partenza

Prima di vedere come funziona un ologramma, dobbiamo capire come funziona una fotografia.
Abbiamo il soggetto della foto e la luce (del Sole o del flash della fotocamera) rimbalza su di esso. Quella stessa luce che ha rimbalzato sull’immagine passa attraverso le lenti della fotocamera e poi arriva fino al CCD delle fotocamere digitali o sulla lastra fotografica in quelle analogiche. Sulla lastra si imprime la luce e otteniamo l’immagine.

Raggio laser sdoppiato

Nel caso dell’ologramma il concetto è simile, ma un pochino più complicato.
Semplificando: si parte da un laser il cui raggio viene suddiviso in due tramite una superficie specchiata parzialmente argentata. Entrambe le parti passano attraverso delle lenti per far sì che i raggi si espandano. Dunque si avrà:

  1. una prima parte che viene denominata raggio di riferimento, la quale arriva (dopo aver incontrato superfici riflettenti e lenti) su una sorta di lastra fotografica che in questo caso si chiama pellicola olografica. Essendo un raggio laser non modificato, il raggio di riferimento si dice coerente – ovvero tutte le onde di luce sono in fase o all’unisono;
  2. una seconda parte di raggio laser, il raggio dell’oggetto, che viene fatta rimbalzare sull’oggetto e poi rimbalzata sulla pellicola olografica. Il raggio dell’oggetto, al contrario del primo, non è un raggio coerente.

In questo modo si ottiene uno schema di interferenza in cui si combinano le due parti del raggio dotate di caratteristiche diverse e questo è ciò che permette di ottenere le informazioni necessarie per la resa in 3D. Sulla pellicola finale infatti si producono in questo modo delle linee delle frange di interferenza che servono a restituire la tridimensionalità.

schema laser ologramma

Dallo schema di interferenza all'ologramma

Così abbiamo uno schema di interferenza, che però non è esattamente quell’immagine 3D nitida che ci aspetteremmo. Per compiere questo ultimo passo è necessario riprendere il raggio laser originale e puntarlo sulla pellicola olografica finale. In questo modo è possibile invertire l’intero processo, ricreando il raggio che originariamente aveva rimbalzato sull’oggetto. Il raggio che otterremo sarà identico a quello che abbiamo chiamato raggio dell'oggetto. Ed è per questo motivo che quando guardiamo l’ologramma di un oggetto sembra che sia effettivamente lì: si ricrea la luce che originariamente ha colpito l’oggetto.
Ecco realizzato un ologramma, ma in questo caso è fermo, fisso.

ologramma schema

Ologrammi in movimento

Come si creano ologrammi in movimento? Per rispondere a questa domanda prendiamo come riferimento alcuni tra i casi più celebri in questo campo.

L'ologramma di Whitney Huston

Purtroppo al momento la creazione di un ologramma in movimento risulta davvero difficile a causa di limitazioni strutturali.
A dirla tutta i creatori del Tour “An Evening With Whitney”, che dal 2021 porta in scena un ologramma della strepitosa Whitney Huston, sostengono di stare usando una tecnologia di questo tipo (laser) e in grado di riprodurre l’immagine tridimensionale di Whitney.

La cantante, venuta a mancare nel 2012, si muove in versione ologramma, canta e balla sul palco con svariati outfit diversi. L’unica cosa che sembra non poter fare è salire le scale.
La resa è piuttosto realistica, ma la Base Hologram Company – che sta seguendo il progetto – non ha rivelato i dettagli del funzionamento della tecnologia.
Quello che è certo è che per riprodurre l’immagine della cantante sia stata utilizzata parecchia CGI (Computer Generated Imagery), specie per la ricostruzione del volto. Un grande lavoro di impersonificazione è stato svolto anche da un'attrice – dalla fisicità simile a quella della cantante – che ne ha copiato fedelmente i movimenti e la sua immagine è stata poi riprodotta in computer grafica.

Pepper’s Ghost: i "finti" ologrammi di Michael Jackson e Tupac

Alcuni sostengono che per il tour dell’ologramma di Whitney Huston si sia utilizzato un altro tipo di escamotage, presente anche nelle esibizioni della riproduzione di Michael Jackson ai Billboard Music Awards del 2014 e da quella di Tupac Shakur al Coachella nel 2012.

Si tratta dell’effetto noto come Pepper’s Ghost (o fantasma di Pepper), una tecnica illusoria usata nei teatri già dal sedicesimo secolo. A quel tempo si utilizzava un attore posto sotto il palco, la cui immagine veniva riflessa su una lastra trasparente presente sul palco.
Oggi la tecnica è molto simile e prevede l’uso di un proiettore che proietta il video con la performance dell’artista – ricostruito in digitale – su uno schermo riflettente posto generalmente sul pavimento. Da questo schermo la luce si rifrange su una superficie trasparente presente sul palco inclinata di 45°.
In questo modo al pubblico arriva un’immagine bidimensionale dell’artista senza che lo schermo trasparente sia visibile. Non si tratta dunque di un vero e proprio ologramma, quanto piuttosto di un’illusione ottica.

Esistono molti tipi di ologrammi e di illusioni ottiche, spesso testate proprio per il mondo dell’intrattenimento.
Ci sono ad esempio dei concerti live visibili da remoto tramite ologrammi: il segnale parte da Londra e impiega meno di un terzo di secondo per fare il giro del mondo e per essere proiettato come un ologramma su un palco negli Stati Uniti.
E se queste tecniche fossero la nuova frontiera dell’industria dello spettacolo?

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Camilla Ferrario
Redattrice
L’universo è un posto strano e il modo che abbiamo di abitarlo cattura continuamente la mia attenzione. “Sii curiosa” è il mio imperativo: amo provare a ricostruire indizio per indizio il grande enigma in cui ci troviamo. Sono laureata in Filosofia, ho fatto la speaker in una web radio e adoro il true crime. Di cosa non posso fare a meno? Del dialogo aperto con gli altri e della pasta alle vongole.
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