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1 Settembre 2025
16:41

Perché a volte ci sembra di essere osservati: una capacità del cervello utile a prevenire i pericoli

La sensazione di essere osservati nasce da circuiti cerebrali specializzati nel riconoscere occhi e sguardi, fondamentali per la sopravvivenza della nostra specie sociale. Il nostro cervello è talmente specializzato nell'elaborare volti, sguardi ed emozioni, da creare talvolta dei "falsi allarmi" per prevenire un pericolo, anche quando non c'è.

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Perché a volte ci sembra di essere osservati: una capacità del cervello utile a prevenire i pericoli
sensazione di essere osservati

La sensazione di essere osservati, anche quando sappiamo di essere soli, è talmente particolare ed evocativa da aver ispirato anche grandi della letteratura, come nell'inquietante racconto di Guy de Maupassant, "Le Horla"

"Tutt’a un tratto ebbi l’impressione che qualcuno mi stesse seguendo, camminasse dietro di me, abbastanza vicino da potermi toccare. […] e all’improvviso sentii, fui certo che stava leggendo da sopra la mia spalla, che era lì vicino e mi sfiorava l’orecchio."

Come lui, anche noi alcune volte cadiamo vittime di questa sensazione singolare di essere osservati, ma da dove arriva? Si tratta di un inganno del cervello umano, dotato di aree specifiche attive già nei primi mesi di vita e fondamentali per il nostro sviluppo, che ci permettono di riconoscere se qualcuno ci sta guardando e interpretare gli sguardi di chi ci sta vicino per capirne le intenzioni. Insomma: il cervello crea dei "falsi allarmi" per prevedere potenziali pericoli. Questo monitoraggio dei volti e dello sguardo altrui, legato anche alla pareidolia, è cruciale in una specie profondamente sociale come la nostra.

Cosa significa se ci sentiamo osservati: l’inganno che ci protegge

Ci sono segnali che per noi umani sono talmente importanti che l'evoluzione ha fatto sì che il cervello dedicasse aree specifiche al loro processamento. Per una specie sociale come la nostra è fondamentale riconoscere i volti quando ne vediamo uno, o sapere dove un nostro simile sta guardando, per anticipare eventuali minacce o capire le intenzioni di chi abbiamo davanti: uno sguardo preoccupato in direzione di un cespuglio può significare la presenza di un serpente; uno sguardo minaccioso diretto verso di noi potrebbe significare un'intenzione aggressiva.

Saper carpire uno sguardo è quindi per noi e per la nostra storia evolutiva una capacità centrale: accorgersi di un predatore o un nemico che ti osserva poteva significare la differenza tra la vita e la morte. Nella nostra storia evolutiva questa abilità è diventata così cruciale che il cervello preferisce creare “falsi allarmi”.

In generale, più una cosa è importante, più prestiamo attenzione a ogni minimo segnale che la riguarda. Pensiamo a quando aspettiamo un pacco con qualcosa che desideriamo tanto: probabilmente avremo l’impressione che il citofono suoni più volte anche se non è vero, perché qualsiasi rumore simile ci porta a credere che stia suonando davvero: la nostra soglia di allerta è alta, e non possiamo rischiare di non aprire al corriere!

L'importanza di questa "allerta" nel nostro cervello è la stessa che ci spiega anche perché siamo portati a vedere volti ovunque, nelle nuvole, nelle venature del legno o tra le rocce: anche questo fenomeno chiamato pareidolia è un'illusione subcosciente che il cervello umano produce in modo automatico. L'importanza che ha per noi localizzare volti umani nel nostro spettro visivo è così alta che anche ciò che assomiglia a un volto (ma che non lo è) attiva la nostra regione cerebrale dedicata al riconoscimento dei volti e ci fa sentire "osservati".

Come fa il cervello a rilevare uno sguardo?

Il nostro cervello è talmente sensibile agli occhi umani che abbiamo aree e network cerebrali specifici che si attivano quando vediamo o percepiamo di essere osservati. Il Solco Temporale Superiore (STS) si occupa di elaborare segnali visivi come la direzione dello sguardo, i movimenti del corpo e le espressioni del viso, e lavora in parallelo con l'amigdala che svolge un importante ruolo di interpretazione delle emozioni dagli occhi e dal viso, in particolare per le espressioni di paura.

riconoscere volti neonati
Impariamo fin dai primi mesi di vita a riconoscere volti e sguardi, una capacità fondamentale per la sopravvivenza

Uno studio pubblicato su BRAIN è infatti riuscito a stabilire che l'amigdala, in particolare quella destra, è maggiormente attiva quando il soggetto percepisce uno sguardo diretto verso di sé. Un'altra area, la Fusiform Face Area (FFA), è invece specializzata nel riconoscere i volti umani.

Questa elevata sensibilità  e specializzazione nel riconoscere volti e sguardi spiega perché finiamo per percepirli anche quando non ci sono, capacità che può talvolta portare a veri e propri disturbi, come la scopofobia, ossia la paura di essere osservati.

L'importanza degli occhi per gli umani

Non sapremmo dire se gli occhi siano lo specchio dell'anima, ma sicuramente sono tra gli elementi del corpo che trasmettono più informazioni: stanchezza, benessere, direzione dell'attenzione, presenza di minacce. Anche molte delle emozioni che esprimiamo passano dagli occhi e dallo sguardo.

Già da molto piccoli riusciamo a leggere alcune intenzioni guardando gli occhi degli altri. Un esperimento del 2011 pubblicato sul British Journal of Developmental Psychology afferma che intorno ai 18 mesi riusciamo a utilizzare i movimenti oculari degli adulti che ci stanno accanto per prevedere l'arrivo di qualcosa, in base alla direzione del loro sguardo. Riuscire a seguire lo sguardo è fondamentale anche in tutte quelle operazioni di attenzione condivisa che emergono a pochi mesi dalla nascita, e che ci permettono di focalizzarci, insieme a un adulto o ad altri bambini, su un oggetto ed esplorarlo congiuntamente.

sguardo primate
Gli occhi degli altri primati sono molto differenti dai nostri, con una sclera pigmentata e molto contenuta rispetto alla nostra. Gratovsky Alexander and Nicole, CC BY–SA 4.0, via Wikimedia Commons

Esiste poi un'ipotesi, chiamata cooperative eye hypothesis, che sostiene che la nostra tipica conformazione dell'occhio (unica tra i primati, con una sclera bianca senza pigmentazione, ben visibile e ben contrastata rispetto all'iride) si sia selezionata evolutivamente come vantaggio per facilitare l'interazione sociale e cooperativa, proprio per rendere più semplice percepire e seguire lo sguardo degli altri.

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