
In vista del Conclave che si terrà da mercoledì 7 maggio alle 16:30, i 133 cardinali elettori entreranno nella Cappella Sistina per eleggere il successore di Papa Francesco. Tra i cardinali considerati papabili e potenziali favoriti, a cui serviranno 89 voti per essere eletti, spiccano i nomi di Pietro Parolin, Matteo Zuppi, Pizzaballa, Tagle, Peter Turkson, Aveline e Arborelius. La persona eletta, poi, dovrà scegliere il suo nome pontificale. La prassi per la quale i papi cambiano nome si è affermata alla fine del X secolo, in precedenza i pontefici conservavano il nome di battesimo, con alcune probabili eccezioni, tra le quali quella di Pietro che secondo i Vangeli si chiamava Simone. La prassi del cambio di nome è spiegata dalla Chiesa con il fatto che chi è eletto papa diventa una persona nuova rispetto a quella che era in precedenza, dal X secolo la consuetudine è stata sempre rispettata, con due sole eccezioni di papi che mantennero il loro nome di battesimo: Adriano VI e Marcello II. Le ragioni in base alle quali i papi scelgono il loro nome pontificale sono varie: devozione per un santo, atto di omaggio verso un predecessore e altre.
La lista dei cardinali più papabili per il dopo Papa Francesco
A seguito della morte di Papa Francesco, si ipotizzano le possibili figure candidate al prossimo papato. Il nome che sceglierà il prossimo pontefice sarà una sorpresa, ma una cosa è certa: i 15 papabili sono cardinali con grande esperienza alle spalle sia in campo diplomatico che di mediazione, e tra loro c'è anche un candidato molto vicino alle visioni sociali e politiche del defunto Papa, sulle orme della vita missionaria.
I possibili candidati italiani al prossimo pontificato sono:
- Pietro Parolin: 70 anni, vicentino, è il Segretario di Stato vaticano dal 2013, nominato da Papa Francesco, ed è cardinale dal 2014. Dopo il seminario si è laureato in filosofia e teologia e poi in diritto canonico, per poi diventare sacerdote nel 1980. Parolin è il candidato più esperto in materia di relazioni diplomatiche e burocrazia vaticana, ma soprattutto in Asia e Medio Oriente.
- Matteo Zuppi: 69 anni, romano, è arcivescovo di Bologna, presidente della Cei e cardinale dal 2019. Laureato in Lettere e filosofia e poi in teologia, è diventato sacerdote nel 1981. Sin da giovanissimo è entrato a far parte della Comunità di Sant'Egidio, e ha maturato molta esperienza nel campo della mediazione, collaborando anche con Nelson Mandela per il cessate il fuoco in Burundi ne 2003. Proprio per le sue doti di mediatore, a seguito dell'invasione russa in Ucraina il Papa ha deciso di inviarlo per una missione di pace a Kiev, Mosca, Washington e Pechino.
- Pierbattista Pizzaballa: con i suoi 60 anni, è il candidato più giovane. Bergamasco, è patriarca di Gerusalemme dei Latini, dell'ordine dei frati minori francescani, ed è cardinale dal 2023. Nel 1984 è entrato nell'ordine dei frati minori francescani, e sei anni dopo è diventato sacerdote. Laureato il filosofia e teologia, dal 2004 al 2016 è stato Custode di Terra Santa. Nel 2020 è diventato patriarca di Gerusalemme, è tra le figure di spicco della comunità cattolica in Israele, esprimendosi più volte per la pace tra Israele e Palestina.

I possibili candidati di origini straniere, invece, sono:
- Anders Arborelius: 75 anni, nato a Sorengo (Canton Ticino) da genitori svedesi, si è poi trasferito in Svezia, a Lund. Arborelius, che è diventato cardinale nel 2017, si è laureato in lingue moderne e teologia, e per vent'anni ha condotto una vita monastica, finché nel 1998 Papa Giovanni II lo ha nominato Vescovo di Stoccolma. Fortemente legato alla lettura e alla condivisione dei Vangeli, è da sempre impegnato nella difesa degli immigrati e dei rifugiati. Difatti, è stato uno dei firmatari del "Manifesto di Pasqua" del 2005, che mirava a rendere più facile per i rifugiati appena arrivati l'ottenimento del permesso di soggiorno nel paese.
- Reinhard Marx: 71 anni, arcivescovo di Monaco e Frisinga dal 2007 e cardinale dal 2010, è stato scelto da Papa Francesco come consigliere chiave nel 2013, e quindi per il progetto di revisione della Curia in chiave progressista. Marx è stato anche nominato a capo del Consiglio che sovrintende alle finanze vaticane. Impegnato da anni nell'azione di denuncia degli abusi sessuali commessi da membri del clero, nel 2021 si è offerto di dimettersi dalla sua carica per espiare il grande numero di abusi compiuti all'interno della Chiesa tedesca. Papa Francesco ha apprezzato ma ha rapidamente respinto le dimissioni.
- Jean-Marc Aveline: nato in Algeria nel 1958, a quattro anni si è trasferito con la famiglia a Marsiglia, di cui è arcivescovo dal 2019. Dopo essersi diplomato al seminario carmelitano di Avignone e al seminario carmelitano di Parigi, ha conseguito un dottorato in teologia, e poi ha studiato filosofia alla Sorbona. Sacerdote dal 1984, è diventato cardinale nel 2022 per volere di Papa Francesco, a cui era molto vicino. Proprio come il defunto pontefice, Aveline è progressista ed europeista, e particolarmente attento al dialogo con l’Islam e alle questioni migratorie. Se venisse eletto, continuerebbe la linea di apertura della Chiesa portata avanti negli ultimi 12 anni.
- Juan José Omella Omella: 79 anni, originario di Cretas (Zaragoza, Spagna), è arcivescovo di Barcellona, presidente della conferenza episcopale spagnola e cardinale dal 2017. Sul piano dei valori, Omella Omella è la figura più affine a Papa Francesco, per il suo lungo cammino missionario (in Repubblica Democratica del Congo) e fortemente legato alla solidarietà. Per molti anni, infatti, è stato una figura di spicco per Manos Unidas, organizzazione caritativa della Chiesa Spagnola impegnata nella lotta contro la fame.
- Luis Antonio Gokim Tagle: 67 anni, è originario di Manila (Filippine) e prefetto del Dicastero per l'evangelizzazione. Benedetto XVI lo ha nominato cardinale nel 2012. Dopo gli studi gesuiti, si è laureato in filosofia e teologia, di cui ha anche conseguito un dottorato negli USA. Gokim Tagle è convinto che il futuro della religione cattolica sia in Asia.
- Lazzaro You Heung-sik: 73 anni, originario della Corea del Sud, è prefetto del Dicastero per il Clero e cardinale dal 2022. Laureato in filosofia e teologia, ha dovuto interrompere i suoi studi dal 1972 al 1974 a causa del servizio militare obbligatorio. Nel 1976 è approdato a Roma, dove ha proseguito gli studi conseguendo un dottorato in teologia morale. Per alcuni anni è stato a capo del Compitato per la Pace della Conferenza episcopale coreana, e si è recato più volte in Corea del Nord per trovare un dialogo e una riconciliazione tra le due Coree.

Tra i candidati stranieri spiccano anche tre conservatori:
- Fridolin Ambongo Besungu: 65 anni, arcivescovo di Kinshasa (Repubblica democratica del Congo). Laureato in filosofia, teologia e Teologia Morale, è diventato cardinale nel 2019. Dal 2023 è anche presidente dei vescovi africani. Ha guidato la contestazione alla dichiarazione Fiducia Supplicans voluta da Papa Francesco, che ha aperto la benedizione alle coppie omosessuali.
- Péter Erdő: 72 anni, arcivescovo di Budapest, è cardinale dal 2003, per volere di Giovanni Paolo II. Laureato in teologia e Diritto Canonico, ha una grande esperienza di insegnamento nelle sue materie, e dal 1998 al 2003 è stato Rettore dell'università cattolica della capitale ungherese. Grande ammiratore del papa emerito Joseph Ratzinger, si vocifera che sia il favorito dei cardinali conservatori.
- Roberth Sarah: 79 anni, originario della Guinea, è a capo dell'ufficio liturgico del Vaticano in pensione. Come Erdő, Sarah è un conservatore della prima ora, e si è scontrato più volte con il defunto pontefice, soprattutto per la sua apertura con il mondo LBGTQ+ (come Ambongo Besungu, ha votato contro la Fiducia Supplicans).
- Marc Ouellet: 80 anni, canadese, è il candidato più anziano. Laureato in pedagogia, teologia e teologia dogmatica, parla sei lingue (francese, inglese, spagnolo, italiano, portoghese e tedesco) fluentemente, e fino al gennaio 2023 è stato prefetto del Dicastero per i vescovi e presidente della Pontificia commissione per l'America Latina. Le posizioni del cardinale Ouellet sono conservatrici: sebbene abbia affermato che le donne dovrebbero avere ruoli maggiori nella Chiesa, è contro il sacerdozio femminile. Inoltre, quando nel 2002 papa Giovanni Paolo II lo nominò arcivescovo di Québec, Ouellet manifestò più volte il suo dissenso verso i matrimoni omosessuali. Fortemente contrario all'aborto, quando nel 2010 gli venne domandato se gli aborti sono da proibire anche in caso di stupro, rispose: "Ma c'è già una vittima. Deve essercene un'altra?". Il candidato canadese, però, potrebbe riscontrare un altro problema che pregiudicherebbe la sua elezione, ossia una presunta aggressione sessuale arrivata nell'agosto del 2022 ai suoi danni che ha visto l'apertura di un'indagine preliminare da parte del Vaticano, che però è stata interrotta per mancanza di prove sufficienti.

Ci sono poi anche tre candidati statunitensi. L'elezione di un papa americano aprirebbe degli scenari interessanti vista la lettera che il Papa ha scritto lo scorso febbraio ai cattolici statunitensi, in cui chiedeva di non cedere a "narrazioni che discriminano e causano inutili sofferenze tra i nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati". I candidati dagli USA sono:
- Blase Joseph Cupich: 76 anni, originario del Nebraska, è arcivescovo di Chicago dal 2014, su volere di Papa Francesco. Filosofo e teologo, è stato vescovo in Sud Dakota e a Spokane (Washington), compiendo un grande lavoro di riabilitazione della chiesa locale dopo un grande scandalo legato agli abusi. Cupich è noto per essere fortemente anti-Trump. Alla vigilia del suo insediamento alla Casa Bianca, non ha esitato nel parlare in difesa dei migranti, tra le minoranze più colpite dal presidente americano: "Ci opporremo a tutti i piani di deportazione di massa dei cittadini usa nati da genitori privi di documenti. Ci opporremo agli sforzi dell'Immigration and Customs Enforcement e altre agenzie governative che vogliono entrare nelle chiese e in altri luoghi di culto per controllare."
- Robert Francis Prevost: 69 anni, è prefetto della Congregazione per i vescovi e, da quest'anno, cardinale vescovo di Albano. Prevost è originario di Chicago, ma ha origini italiane, spagnole e francesi, e ha trascorso quasi tutta la sua vita in Perù. Teologo e filosofo, parla sei lingue (latino compreso). Sebbene sia tra i nomi papabili, è improbabile la sua elezione, visto che avrebbe coperto dei casi di abusi.
- Joseph William Tobin: 72 anni e originario di Detroit, ha origini irlandesi, ed è arcivescovo di Newark (USA) dal 2016, anno in cui il Papa lo ha anche ordinato cardinale. Laureato in filosofia e teologia, è diventato sacerdote nel 1978, e dopo aver prestato servizio come parroco e vicario episcopale è arrivato a Roma. Si è espresso più volte contro i piani di deportazione di massa della Casa Bianca, in constante difesa dei migranti.

Perché i papi cambiano nome dopo le elezioni nel Conclave e da quando lo scelgono
Secondo il Vangelo di Matteo, il primo “papa”, Pietro, si chiamava in realtà Simone, ma Gesù gli impose di cambiare nome con la celeberrima frase: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa». Il cambio, però, sarebbe avvenuto prima dell'assunzione del pontificato.
Secondo una ipotesi non dimostrata, il primo papa che cambiò nome dopo l'elezione fu Giovanni II, in carica dal 533 al 535. Originariamente si chiamava Mercurio ma, una volta eletto, scelse di chiamarsi Giovanni perché non era opportuno che un papa portasse il nome di un dio pagano. Tuttavia, secondo altre fonti Mercurio era solo un soprannome e il pontefice si chiamava Giovanni sin dalla nascita. Il primo cambio certo invece fu quello di Ottaviano dei Conti di Tuscolo, eletto papa nel 955, che assunse il nome di Giovanni XII. Pochi decenni dopo, la prassi di cambiare nome si affermò definitivamente. Nel 996 fu eletto al soglio pontificio Bruno di Carinzia, che scelse di chiamarsi Gregorio V, probabilmente perché il suo nome di battesimo aveva origine germanica e non era presente nella tradizione romana. Da allora, tutti i pontefici hanno scelto un nuovo nome dopo l’elezione, con due sole eccezioni: Adrian Florenszoon Boeyens Dedel, eletto nel 1522, che scelse di chiamarsi Adriano VI, e Marcello Cervini, eletto nel 1555, che assunse il nome di Marcello II, mantenendo entrambi il loro nome di battesimo.
Le ragioni per le quali i papi cambiano nome non sono definite: quando il cambio divenne una prassi abituale, la Chiesa motivò la scelta spiegando che, con l’elezione a papa, di fatto nasceva un’altra persona. Ancora oggi, si ritiene che il cambio del nome sia un atto che dimostra la devozione assoluta del pontefice alla vocazione ricevuta. Bisogna ricordare anche che il nome del papa è annunciato in latino, ma è poi tradotto nelle lingue moderne: l’attuale papa, per esempio, si chiama Franciscus, ma il nome diventa Francesco in italiano, Francis in Inglese, François in francese, ecc.
Ciascun papa, quando è eletto, è libero di scegliere il nome che preferisce e spesso la scelta è fatta in omaggio a un predecessore. Per esempio, Giovanni Paolo I volle rendere omaggio ai due pontefici che lo avevano preceduto: Giovanni XXIII (1958-1963) e Paolo VI (1963-1978). Altri papi, soprattutto in passato, hanno scelto il nome pontificale per ammirazione verso determinati personaggi storici: per esempio, Rodrigo Borgia, eletto nel 1492, scelse di chiamarsi Alessandro VI in omaggio ad Alessandro Magno; Giuliano della Rovere, eletto nel 1503 scelse Giulio II sia perché era simile al suo nome di battesimo, sia per ammirazione verso Giulio Cesare.
Altri papi invece hanno scelto il nome pontificale per devozione verso un santo, come Francesco, che ha scelto il suo nome in omaggio del santo di Assisi. Una scelta simile voleva fare anche Karol Woytila, eletto nel 1978, che avrebbe voluto chiamarsi Stanislao, santo patrono della Polonia. Tuttavia, essendo il nome estraneo alla tradizione pontificale, i cardinali gli suggerirono di chiamarsi Giovanni Paolo II, come effettivamente fece. Molti nomi usati in passato sono caduti in disuso, ma non è detto che non possano essere ripresi in futuro. È già capitato, infatti, che siano stati riscoperti nomi non usati da molti secoli: per esempio, nel 1958 Angelo Roncalli scelse un nome, Giovanni, che nessun papa aveva portato dal 1334, anno della morte di Giovanni XXII.
La numerazione e la questione degli antipapi
Di norma, al nome del papa segue un numero ordinale che indica quanti pontefici hanno portato lo stesso nome in precedenza: ad esempio, Gregorio XVI è stato il sedicesimo papa a chiamarsi Gregorio. Tuttavia, la numerazione non è sempre lineare, poiché nell’antichità e nel Medioevo si sono verificati periodi di scisma in cui più papi rivendicavano contemporaneamente la legittimità del pontificato, generando incongruenze nella successione numerica. La Chiesa considera legittimi solo alcuni pontefici e ritiene che gli altri fossero usurpatori (antipapi), ma, poiché nel corso degli anni l’elenco dei papi legittimi è cambiato, alcuni ordinali sono saltati. Per esempio, nella lista "ufficiale" dopo Bonifacio VI (papa per pochi giorni nell’896), c’è Bonifacio VIII (papa negli anni 1295-1303), perché Bonifacio VII era un antipapa, anche se in passato era stato riconosciuto come pontefice legittimo.
Viceversa, Giovanni XXIII era il nome di un antipapa del XV secolo, ma non è stato riconosciuto dalla Chiesa. Perciò nel 1958, quando Angelo Roncalli, eletto papa, scelse di chiamarsi Giovanni, adottò l’ordinale XXIII (e non XXIV). Non è mai esistito, però, Giovanni XX, né come papa né come antipapa.
Alcuni record dei nomi pontificali
I tre nomi scelti più spesso sono i seguenti:
- Giovanni, usato da 21 papi. La numerazione arriva fino a Giovanni XXIII, perché Giovanni XVI era un antipapa e Giovanni XX non è mai esistito.
- Gregorio, 16 papi. L'ultimo è stato, regolarmente, Gregorio XVI.
- Benedetto, 15 papi. L'ultimo è stato Benedetto XVI, perché Benedetto X era un antipapa ed è quindi saltato nel conteggio.
Il nome portato più a lungo da pontefici in carica è Pio: i 12 papi con questo nome hanno regnato complessivamente per 158 anni, grazie alla presenza di pontificati molto lunghi, tra i quali quelli di Pio IX (1846-1878), Pio VI (1775-1799) e Pio VII (1800-1823). I 16 papi di nome Gregorio hanno regnato complessivamente per 136 anni e i 21 Giovanni per 126. Dal tempo di papa Lando (913-914), tutti i pontefici hanno portato nomi già usati da loro predecessori, con l’eccezione di due casi recenti: nel 1978 Albino Luciani scelse di chiamarsi Giovanni Paolo I, introducendo un nuovo nome, composto però da due nomi usati già in precedenza; Jorge Mario Bergoglio, invece, ha scelto Francesco, che è completamente inedito, specificando anche di non voler usare l’ordinale (si chiama infatti Francesco e non Francesco I)
