Il 5 luglio 1996 nasceva Dolly, una pecora predestinata ad entrare nell’olimpo zoologico degli animali più famosi della storia. Dolly, non aveva grandi doti; non produceva lana dorata e nemmeno latte al cioccolato. Aveva “solo” uno strano privilegio; era nel medesimo tempo sia una novità, sia qualcosa di già visto: Dolly è stato il primo mammifero ad essere clonato.
Vent’anni dopo, clonare un animale ha perso quel sapore fantascientifico diventando una controversa realtà commerciale: oggi si possono clonare gatti, cani e cavalli spendendo qualche decina di migliaia di euro. In questo articolo non ci chiederemo se sia giusto o sbagliato farlo. Invece, daremo a Dolly quel che è di Dolly: il diritto di essere riconosciuta come unica ed inimitabile, e non semplicemente come la mera fotocopia di un’altra pecora. I cloni non sono fotocopie: nel migliore dei casi, mantengono una certa somiglianza fisica… ma a volte nemmeno quella. Il motivo? L’epigenetica!
I gemelli sono cloni naturali… e sono diversi
I cloni sono esseri viventi con lo stesso patrimonio genetico. Mettiamo da parte Dolly, e prendiamo un esempio più famigliare a tutti: i gemelli. Ci interessano quelli “monozigoti”, ovvero quelli derivati dallo stesso zigote, la cellula uovo fecondata dallo spermatozoo. Poco dopo il concepimento, lo zigote inizia a replicarsi formando un ammasso di cellule. Può capitare che questa masserella si divida in due (o più) embrioni che si sviluppano separatamente.
Siccome derivano dalla stessa cellule di partenza, questi gemelli saranno geneticamente identici e quindi, a tutti gli effetti, l’uno il clone dell’altro. Eppure, se conoscete dei gemelli, o se lo siete voi stessi, saprete benissimo che dietro ad una più o meno marcata somiglianza fisica, esistono diverse personalità e diverse ambizioni.
Sebbene alcuni caratteri dipendano quasi esclusivamente da ciò che c’è scritto nel DNA, molti altri sono influenzati dall’ambiente esterno. Gli anglofoni chiamano questo binomio genoma-ambiente con l’espressione “Nature vs Nurture”, ovvero “natura”, i geni che ereditiamo, contro “allevamento”, inteso come tutti gli stimoli che riceviamo durante la crescita. L’interazione genoma-ambiente è oggetto di studio dell’epigenetica.
L’epigenetica controlla come i geni vengono espressi
Abbiamo spesso descritto il DNA come il libro di ricette per costruire un essere vivente, ed i geni come i passaggi da seguire. Le ricette di questo libro non sono sempre tutte accessibili. Infatti, ogni cellula del nostro corpo contiene una molecola di DNA lunga circa due metri.
Per poter essere impacchettata in un nucleo grande un centesimo di millimetro, il DNA viene condensato in una matassa chiamata cromatina. Pertanto, se un gene, ovvero un tratto di DNA, deve essere letto, la cromatina che contiene quello specifico gene deve essere districata e resa accessibile. Questo è possibile grazie a dei “tag epigenetici”, una sorta di “segnalibri molecolari” che indicano quali parti della cromatina devono essere srotolate e quali invece devono essere mantenute compatte.
La maggior parte di questi tag viene deposta sulla cromatina durante le prime fasi dello sviluppo embrionale e regolano l’espressione genica di ciascuna cellula del nostro corpo. Infatti, un neurone deve produrre le proteine necessarie a trasmettere impulsi elettrici, mentre una cellula muscolare quelle per contrarsi; in un neurone, i geni neuronali saranno taggati per essere srotolati e letti, mentre quelli muscolari avranno dei tag inibitori che mantengono la cromatina compatta.
Ma altri tag vengono aggiunti durante tutta la vita di un individuo e sono influenzati da fattori ambientali esterni come l’alimentazione, il fumo o lo stress. Due gemelli appena nati avranno tag molto simili. Ma, col passare degli anni, stimoli ambientali diversi faranno accumulare tag diversi che faranno sì che i loro geni vengano espressi in modo differente.
"Ratto leccato, ratto fortunato": come l'epigenetica può controllare lo stress
Un curioso esempio di come l’epigenetica può influire sul comportamento ci viene offerto dal gene GR, espresso in una regione del cervello chiamata ippocampo. Il gene GR contiene l’informazione per produrre il recettore per il cortisolo, ovvero l’ormone che produciamo quando siamo stressati. Quando il recettore lega il cortisolo, manda un segnale che spegne la produzione di cortisolo, interrompendo il cosiddetto “circuito dello stress”.
In un esperimento condotto sui ratti si è visto che il gene GR è normalmente spento nei cuccioli a causa di alcuni tag inibitori chiamati metilazioni che impediscono alla cromatina di aprirsi e dunque al gene di essere letto. Tuttavia, se mamma ratto lecca i suoi cuccioli e se ne prende cura, queste metilazioni vengono rimosse, attivando il gene GR che resterà acceso per tutta la vita, dando modo ai ratti adulti di gestire meglio lo stress. Viceversa, se mamma ratto ignora i cuccioli, le metilazioni rimarranno, il gene GR non verrà accesso ed i cuccioli cresceranno come degli stressati cronici.
Dottore, posso clonare il mio gatto?
Torniamo allora alla domanda di partenza. Lo abbiamo già spoilerato: la clonazione si può fare. Quello che non si può fare è impedire all’epigenetica di rendere ciascun essere vivente unico ed inimitabile. Il nostro DNA, così gelosamente protetto nel cuore di ogni cellula, è in realtà in costante collegamento con tutti gli stimoli che colorano la nostra vita. E così, siccome un gatto clonato non vivrà mai gli stessi stimoli del gatto originale, avrà un destino epigenetico differente, diventando semplicemente un altro gatto.
La realtà è che gli esseri viventi sono per natura votati al cambiamento. Il fatto stesso che molti organismi si riproducano solo per via sessuata, ovvero ricombinando il DNA di due individui per generarne un terzo, ne è un esempio. Ed anche quando ci ritroviamo con cloni naturali, come nel caso dei gemelli, ci sono altre forze che ci spingono a diventare diversi.
In questo articolo abbiamo citato l’epigenetica, ma, per onestà scientifica, non possiamo dimenticare che il DNA, per quanto sia una molecola molto stabile, è sempre soggetto a mutazione. In un recente studio che ha confrontato il genoma completo di 381 coppie di gemelli è emerso che, durante lo sviluppo embrionale, il genoma di ciascun gemello può accumulare piccole mutazioni. Ha senso pensare che lo stesso potrebbe accadere nel nostro gatto clonato, il cui DNA fotocopia è destinato inesorabilmente a cambiare, rendendolo non solo epigeneticamente diverso, ma anche geneticamente unico.