
La più grande eruzione del Mediterraneo si verificò in Italia, più precisamente in Campania, nell'attuale zona dei Campi Flegrei: pensate che l'eruzione fu di dimensioni tali che le sue ceneri sono state ritrovate nel Mar Tirreno, nel Mediterraneo Orientale fino addirittura in Russia! Grazie al materiale vulcanico eruttato in questo evento – passato alla storia come "eruzione dell'ignimbrite campana" – è stato possibile costruire Napoli Sotterranea, l'incredibile rete di cunicoli e gallerie che si snoda sotto la città. Ma quali furono le caratteristiche dell'eruzione? E perché se ne parla ancora oggi?

L'eruzione dell'ignimbrite campana
L'eruzione dell'ignimbrite campana ebbe luogo circa 39 mila anni fa e fu costituita da più fasi. La prima di queste fu un'eruzione esplosiva freatomagmatica. E cosa vuol dire?
Per dirla in modo semplice, si tratta di un'eruzione prodotta dall'interazione tra magma e acqua: quest'ultima a contatto con il magma diventa istantaneamente vapore, facendo aumentando la pressione e, di conseguenza, l'esplosività dell'eruzione stessa.

La seconda fase invece è un'eruzione pliniana che permise la formazione di una colonna eruttiva alta tra i 23 e i 38 km di altezza! Il collasso della colonna, come spesso accade in questi casi, originò flussi piroclastici (chiamati giornalisticamente "nubi ardenti") che continuarono per circa 7 ore ad una velocità di circa 792 km/h. Come è facile immaginare, il potere distruttivo di questo evento fu enorme: per avere un termine di paragone, durante l'eruzione dell'ignimbrite campana furono eruttati 67 km3 di materiale, mentre nell'eruzione di Pompei ed Ercolano "solo" 6-8 km3.

Bisogna anche considerare che lo spessore dei flussi piroclastici fu di circa 1,5 km mentre le montagne della zona non superavano i mille metri: per questo motivo la nube ardente riuscì senza problemi a superare alcune vette, propagandosi anche verso l'entroterra Campano, arrivando anche a 80 km di distanza dai Campi Flegrei. Un'eruzione di questo tipo causò poi uno svuotamento della camera magmatica che, collassando, diede vita ad una depressione chiamata "caldera". Non a caso la tipologia di vulcano a cui appartengono i Campi Flegrei è conosciuta proprio come "grande caldera".
Il tufo di Napoli Sotterranea
Al termine di questa colossale eruzione circa due terzi della Campania si ritrovarono coperti da uno strato tufaceo spesso circa 100 metri, Napoli compresa. A questo materiale va anche aggiunto quello di una successiva eruzione, quella del "tufo giallo napoletano", avvenuta circa 15 mila anni fa sempre nella stessa area e sempre relativa ai Campi Flegrei. Tutto questo materiale permise in epoche successive di cavarlo per realizzare materiali da costruzione, gallerie, acquedotti e ripari: insomma, permise la nascita di quella che oggi viene chiamata Napoli Sotterranea!
