Sono trascorsi 30 anni dalla disastrosa alluvione che il 5 e il 6 novembre 1994 colpì le province di Cuneo, Asti e Alessandria. Qui il fiume Tanaro e i suoi affluenti esondarono a causa delle precipitazioni particolarmente intense (fino a 200 mm in 24 ore) verificatesi nei giorni precedenti, provocando strade allagate, ponti chiusi e migliaia di frane. Anche il vercellese fu colpito, ma in questo caso dall’esondazione del fiume Po. L’evento causò nel complesso una settantina di morti, migliaia di sfollati e danni per circa 20.000 miliardi di lire. L’alluvione del 1994 è una delle più gravi mai avvenute in Piemonte ed è stata il primo vero “banco di prova” del Servizio Nazionale della Protezione Civile, istituito due anni prima. L’evento portò alla luce l’importanza della previsione e della prevenzione del rischio idrogeologico.
L'alluvione in Piemonte del 1994: la piena del Tanaro
Tra il 2 e il 6 novembre 1994, intense e continue precipitazioni interessarono l’Appennino ligure, le Langhe e il Monferrato. Questo evento meteorologico non era stato previsto con accuratezza, dal momento che all’epoca le tecnologie non erano avanzate come oggi. Il picco delle precipitazioni fu registrato a Ponzone, in provincia di Alessandria, dove si raggiunse un valore di 54,8 mm/h verso la mezzanotte del 4 novembre. Nel corso della notte le piogge si estesero anche all’astigiano e nel pomeriggio al biellese. In molte località dei bacini del Tanaro, del Bormida del Belbo si superarono i 200 mm di pioggia in 24 ore. Le prolungate precipitazioni alimentarono le acque del Tanaro, la cui portata crebbe finché nel pomeriggio del 5 novembre, in corrispondenza del suo alto corso nelle Alpi liguri, il fiume esondò e invase alcuni centri abitati tra cui Ormea e Garessio. L’onda di piena raggiunse successivamente le località a valle di Ceva, tra cui Clavesana e Farigliano e proseguì verso Alba, Asti e poi Alessandria, fino alla confluenza con il Po (dove giunse il 7 novembre).
Durante l’alluvione il Tanaro raggiunse valori eccezionali di portata: a Farigliano, per esempio, sfiorò l’altezza di 9 m e la portata massima fu di 3400 m3/s. Nel suo passaggio, la piena devastò i centri abitati, inondandoli e causando gravissimi danni e vittime. Anche un piccolo torrente come il Rea, affluente del Tanaro, invase con violenza il territorio di Dogliani e Monchiero travolgendo automobili e causando vittime. Allo stesso tempo, le intense precipitazioni sgretolarono interi versanti delle Langhe, causando migliaia di frane.
La zona più colpita dall’evento fu la provincia di Cuneo, con 29 vittime. La piena del Tanaro modificò l’andamento del fiume: si crearono nuovi rami e si riattivarono antichi meandri abbandonati. L’alluvione coinvolse gli edifici di centinaia di Comuni e alcuni centri abitati rimasero isolati per diversi giorni. Moltissime infrastrutture furono danneggiate o distrutte e la viabilità risultò compromessa. Molti ponti si rivelarono non adatti a favorire il deflusso della piena, spesso a causa dell’ostruzione delle loro luci da parte di tronchi e altri materiali accumulati. In generale, la mancanza di manutenzione lungo l’intera asta fluviale contribuì a determinare le conseguenze più gravi.
Il sistema di allarme oggi in Piemonte
Un ruolo decisivo fu quello della scorretta pianificazione territoriale, in base alla quale sono state edificate anche le aree soggette a inondazioni durante le piene fluviali. All’epoca mancava inoltre un adeguato sistema di monitoraggio e di allerta: le vittime furono colte di sorpresa, soprattutto lungo le strade e all’interno di garage e cantine. Oggi l’ARPA dirama regolarmente bollettini di allerta meteo molto più accurati (per via dei progressi nei modelli di previsione) e i cittadini sono più informati sulle norme di comportamento da seguire in caso di eventi di questo tipo: il sistema di allertamento attivo in Piemonte, organizzato in parte proprio a partire dai tragici eventi del 1994, è gestito dal Centro Funzionale di Protezione Civile del Piemonte, istituito nel 2004, e prevede l'attivazione di tutte le fasi operative di preparazione allo scenario di allerta, la cui messa in atto è agevolata da una piena comunicazione tra soggetti istituzionali, non istituzionali e cittadinanza. L’alluvione del 1994 fu per certi versi la prima vera emergenza che il Servizio Nazionale della Protezione Civile, istituito nel 1992, si trovò a fronteggiare.
L’evento portò alla luce l’importanza della previsione e della prevenzione del rischio idrogeologico. Oggi, anche se in questo senso sono stati fatti molti passi avanti, ci ritroviamo a fronteggiare gli eventi meteorologici estremi legati al cambiamento climatico in atto. Si tratta spesso di fenomeni diversi rispetto alle prolungate precipitazioni del 1994, di durata molto più breve e di enorme intensità, in grado di causare gravissimi danni nonostante abbiamo a disposizione sistemi di monitoraggio, allerta e gestione delle emergenze molto più avanzati.