Il mercato dei dischi in vinile è in costante crescita e per questo motivo sempre più giovani si stanno avvicinando a questo mondo. Ma come vengono prodotti i dischi a livello industriale? E perché la loro superficie è coperta da minuscoli solchi a forma di "V"? Rispondiamo a tutte le principali domande sul mondo dei vinili partendo proprio dal loro funzionamento.
Come funziona un disco in vinile?
Immaginate di avere una puntina collegata a una tromba, tipo quelle dei vecchi grammofoni. Se iniziamo a cantare all’interno della tromba, la puntina vibra, perché il suono della voce di fatto non è altro che una vibrazione.
Ora immaginate di far ruotare un disco in vinile senza solchi, al di sotto della puntina. Sul vinile resterà impressa una traccia che nasce proprio dalla vibrazione della puntina e che sarà unica, perché è come se fosse l’incisione scritta della voce. Questo è il concetto che sta alla base del disco in vinile! Infatti se prendiamo un’altra puntina e la rimettiamo nei solchi del vinile, questa vibra, e la vibrazione genererà a sua volta il suono di partenza.
Il disco in vinile al microscopio
Se osserviamo un disco in vinile al microscopio notiamo che sulla sua superficie ci sono tanti piccoli solchi. All’interno di questi scorre la puntina del giradischi che è in sostanza un bastoncino di metallo con all’estremità un piccolissimo cristallo, di solito un diamante sintetico.
Se lo osservassimo con un microscopio elettronico, ci accorgeremmo che questi solchi sono delle vere e proprie valli a forma di V, con ciascun lato inclinato di circa 45° rispetto all’altro. L'aspetto interessante è che questi solchi sono irregolari, ed è normale che sia così, perché questi corrispondo rispettivamente al canale audio destro (il fianco esterno) e sinistro (il fianco interno).
Quindi quando noi mettiamo il vinile sul giradischi e abbassiamo la puntina, questa scorre all’interno dei solchi irregolari e inizia a vibrare. La vibrazione della puntina viene trasmessa alla cartuccia, che è un dispositivo che tramite magneti o cristalli piezoelettrici registra il segnale o lo invia all’amplificatore, trasformando quindi la vibrazione della puntina in suono.
Ma dal punto di vista industriale come si realizza un disco in vinile?
La produzione di un disco in vinile
Il primo step per la realizzazione di un disco in vinile è la matrice: si tratta di un disco in alluminio sul quale un pennino incide una traccia. Il pennino infatti vibrando “a tempo”, di fatto va a incidere l’onda sonora.
Il secondo step invece è quello relativo agli “stampi”. Quindi si prende la matrice e da questa, tramite una serie di passaggi che includono l’applicazione di metalli, si ottengono dei dischi “in negativo”, che faranno appunto da stampo per incidere nei vinili finali i solchi, che di fatto sono un’unica spirale che dall’esterno va verso il centro
Una volta ottenuto lo stampo si può passare alla produzione del vinile vero e proprio. I dischi veri e propri si formano a partire da piccoli blocchetti di materiale plastico in PVC che possono essere neri oppure colorati. Questi vengono riscaldati con il vapore fino a raggiungere una temperatura di circa 150 gradi. Si ottiene una “palla” di vinile semifuso che viene poi schiacciata per formare il cosiddetto “biscotto”. Il biscotto viene posto sotto ad una pressa idraulica con montato lo stampo e, così facendo, i solchi vengono impressi sul vinile che acquista così il classico aspetto da “disco”. Vengono poi applicate le etichette, e i dischi sono imbustati e spediti in tutto il mondo!
Vinile vs. CD: le differenze nel suono
Il vinile ha un suono “analogico”. In sostanza le vibrazioni della puntina permettono di ricreare esattamente l’onda sonora originale. Nel caso dei cd, invece, si parla di suono digitale, quindi l’onda sonora originaria non viene riprodotta totalmente ma viene campionata, quindi se ne prendono pezzetti ad intervalli regolari di tempo. Il punto però è che questi campionamenti vengono presi a intervalli di tempo talmente ridotti – parliamo di 44.100 campioni al secondo – che in realtà il nostro orecchio non riesce a percepire la differenza.
Poi oltre a questo però ci sono anche tantissimi altri parametri da tenere in considerazione, come il dynamic range, le frequenze, la compressione, come è stato fatto il master, il tipo di impianto utilizzato…insomma, sono mille le variabili.
Quello che possiamo dire è che il CD in realtà ha una qualità superiore da un punto di vista esclusivamente tecnico…ma questo non vuol dire che sia necessariamente più bello da sentire. Molti, infatti, preferiscono il vinile proprio per le sue imperfezioni e per il suono “caldo”, per il fatto che essendo più grande ce lo si può godere di più e soprattutto non c’è il tasto per saltare le canzoni, spingendoci ad ascoltare l’opera per intero, così come l’ha pensata l’artista.