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2 Febbraio 2025
16:00

Cos’è la neve marina e perché è importante per la salute degli oceani

Ciò che sott’acqua appare come candida e soffice neve non è altro che feci, detriti organici e scarti di animali morti, che precipita sul fondo dell’oceano e che mantiene il mare in salute. È fondamentale sia per la rete alimentare dei pesci, che per comprendere meglio come il cambiamento climatico influenza i fondali e lo stoccaggio di anidride carbonica negli oceani.

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Cos’è la neve marina e perché è importante per la salute degli oceani
Neve marina

Immaginiamo di fare un tuffo in mare, di nuotare in profondità verso il fondale e poi di fermarci ad osservare l’acqua intorno a noi: potremmo notare dei piccoli puntini sospesi che somigliano molto al nostro particolato atmosferico. Poeticamente potremmo vederli come dei soffici fiocchi di neve che scendono dal cielo nel profondo della notte… e pare che ciò sia stato proprio quello che ci vide lo zoologo William Beebe quando diede il nome a questo fenomeno. Hanno un nome armonioso ma queste particelle sospese nel mare sono formate da tutt’altro che belle cose: deiezioni, microbi e materia in decomposizione sono solo alcune delle sostanze che le compongono. Che precipitino lentamente sui fondali o che vengano mangiate, sono  fonti di nutrienti per gli oceani e la biodiversità, e sono importantissime per contrastare il climate change: conoscendo i cambiamenti globali possiamo capire come agire per contrastarli.

Cos’è la neve marina?

Chiamiamola pure neve marina (marine snow) o, in maniera molto meno elegante, forfora oceanica (ocean dandruff): stiamo parlando di escrementi, gusci, scarti di animali morti o in decomposizione, batteri, sedimenti sospesi, muco e altre particelle di origine biologica (sia viva che morta) prodotte negli strati più superficiali del mare e che lentamente scendono, come leggeri fiocchi di neve, verso le profondità marine. Tutto questo e molto altro prende parte nella formazione del seston, l’insieme di particelle che si trovano nella colonna d’acqua.

Questo particolato organico ricco di carbonio e azoto non è statico, anzi. Può variare le proprie dimensioni durante il tragitto verso il fondale cambiando composizione, inglobando nuovi detriti e diventando sempre più pesante, venendo mangiato e diventando fonte di cibo per gli animali marini. In qualsiasi momento e a qualsiasi profondità la neve marina può essere mangiata, digerita ed espulsa nuovamente, ricominciando il ciclo da capo.

Neve marina particelle

Gli animali sul fondo del mare mangiano la neve?

Ebbene sì, ma facciamo un passo indietro per spiegare il perché. Nella catena alimentare un ruolo fondamentale, che spesso si tende a sottovalutare, è detenuto dalla luce. La luce regola la produzione vegetale e di conseguenza la sopravvivenza di tutti gli animali, sia che essi si nutrano di vegetali che di altri animali. La fotosintesi però non è scontata nel mare, anzi, è un processo che sono in grado effettuare solamente piante, alghe, fitoplancton, alcuni microbi e tutti quegli organismi vegetali che vivono in acque relativamente basse, dove arrivano ancora i raggi del Sole. La radiazione elettromagnetica della luce, infatti, non è in grado di penetrare tutta la colonna d’acqua, le diverse lunghezze d’onda si estinguono gradualmente andando sempre più in profondità, dopodiché per noi umani diventa, in buona sostanza, il buio più totale. O meglio, qualche altro meccanismo per produrre luce c’è, ma segue delle vie proprie ad opera di batteri e chemioluminescenza.

Luce nel mare

E se la luce non c’è? Mancano i produttori primari. E se mancano i produttori primari? I produttori secondari diventano nutrimento per altri animali e ogni possibile particella organica diventa fonte di cibo utile, indispensabile in ambienti così complessi. Niente si butta, tutto si ricicla, così funziona il ciclo del carbonio. Escludendo chi compie la fotosintesi, tutto ciò che abita l’oceano fa parte della categoria dei predatori e deve adattarsi a nutrirsi di tutto ciò che può, compresi gli scarti e “le briciole”. Ecco quindi che anche i grumi di particolato organico di varia origine, viaggiando un’ultima volta verso le profondità del mare, diventano fondamentali per dare supporto alla rete alimentare.

L’importanza della neve marina nella rete alimentare

In un ambiente così vasto e diversificato come l’oceano c’è bisogno di un continuo movimento e una costante produzione ed esportazione di energia. Questo fenomeno parte dagli strati più superficiali, altamente ricchi di luce (zona fotica), per muoversi e svilupparsi verso gli strati più profondi e ignoti degli oceani, dove non arriva  la luce (zona afotica) e la produzione primaria viene meno. Questo meccanismo di trasferimento dell’energia sotto forma di materia organica permette il corretto funzionamento del mare, del ciclo del carbonio e di tutti i cicli biogeochimici annessi.

Dobbiamo immaginare un fenomeno a grande scala i cui mattoni, però, sono piccoli e tantissimi. Ogni detrito che contenga carbonio, azoto, zuccheri o molecole complesse diventa fonte di energia per altri, indipendentemente dalla taglia, dalla sua forma o dalla sua origine. Anche le più piccole particelle di “neve”, quindi, diventano essenziali in ambienti così aspri e pressanti.

Certo è che non tutto ciò che vive lungo la colonna d’acqua si nutre esclusivamente di detrito, anzi. Molte specie, siano esse di acque più superficiali o profonde, possono non fare affidamento sulla neve marina così come, di contro, altri organismi basano il proprio sostentamento su una dieta esclusivamente a base di detrito organico, ingerito o filtrato lungo la colonna d’acqua o recuperato dal fondale una volta sedimentato. Per molti cetrioli di mare e coralli, ad esempio, la neve marina è la principale fonte di energia da cui dipendono per sopravvivere.

corallo piu grande salomone

Questi ammassi organici pullulano inoltre di batteri, alghe e microscopici organismi che li ricoprono interamente formando importanti comunità attorno alle particelle in caduta. Non solo cibo per spazzini e specie nectoniche quindi (come pesci e grandi mammiferi marini), sono anche superficie utile per la colonizzazione.

La neve marina e il cambiamento climatico

Nuovi studi sottolineano come queste particelle, oltre al ruolo nella rete alimentare, abbiano anche un ruolo regolatore del clima.
Da una recente ricerca pubblicata su Stanford Report si è scoperto che il processo di sedimentazione della neve marina è di vitale importanza per comprendere i cambiamenti climatici. Essendo formata da una grande quantità di gusci calcarei, da fitoplancton, alghe e vegetali, la neve marina contribuisce allo stoccaggio di carbonio globale. Contiene, ingloba, recupera – se così possiamo dire – carbonio tramite la fotosintesi e la formazione dei gusci e lo blocca sul fondo dell’oceano per mezzo di caduta e sedimentazione delle particelle. Senza questo processo, l’atmosfera sarebbe ben più calda di quanti lo sia già.

Il problema si presenta nel momento in cui i mari, già sottoposti ad acidificazione e surriscaldamento, dissolvono il calcare dei gusci e intervengono diminuendo la capacità di stoccaggio della CO2. Inoltre lo studio ha rivelato che la neve marina sedimenta più lentamente di quanto previsto per la presenza di muco tutt’attorno che agisce “come un paracadute”, rallentando la discesa verso gli abissi. Più tempo per cadere, più tempo per essere attaccata e disgregata da plancton e batteri, meno carbonio che raggiunge le profondità. Ciò vuol dire meno carbonio stoccato, più CO2 che rimane negli strati più superficiali e in atmosfera con un conseguente aumento delle temperature globali.

Ecco perché studiare la composizione della neve marina, i tipi di aggregazione che si formano così come i tempi e i flussi di sedimentazione diventa importante: possiamo ottenere importanti informazioni sulle modalità di alimentazione delle comunità abissali e di profondità, la loro diversità e distribuzione, nonché sulle modalità con cui la materia organica viene utilizzata, riciclata e mineralizzata e sullo stato di salute del mare e degli ambienti terrestri. Possiamo ricreare scenari futuri, teorizzare modelli, imparare a conoscere ancor meglio le dinamiche dei cicli biogeochimici, della materia, i fenomeni di acidificazione, le ondate di calore e l’aumento delle temperature delle acque.

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Nicole Pillepich
Divulgatrice
Credo non esista una parola giusta per definirmi: sono naturalista, ecologa, sognatrice e un po’ artista. Disegno da quando ho memoria e ammiro il mondo con occhio scientifico e una punta di meraviglia. Mi emoziono nel capire come funziona ciò che mi circonda e faccio di tutto per continuare a imparare. Disegno, scrivo e parlo di ciò che amo: natura, animali, botanica e curiosità.
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