Esiste un luogo incredibile in cui si sono conservati nel sale i resti di antichi uomini risalenti a più di 2200 anni fa. Parliamo delle miniere di sale di Douzlakh e Chehrābād nella regione di Zanjan in Iran, situate nella parte meridionale del villaggio di Hamzehlu. Questi incredibili reperti sono chiamati uomini di sale perché le loro mummie sono state trovate nel profondo di queste miniere, trasformando un sito estrattivo in un luogo di interesse archeologico. Oggi le mummie dei Saltmen sono esposte al pubblico presso il museo delle mummie di sale dell'Iran a Teheran e nel Museo Archeologico di Zanjān, ma se non avete modo di vederli di persona vi racconteremo la loro storia…
La storia del ritrovamento dei Saltmen
La regione di Zanjan, situata nella provincia di Zanjan in Iran, si trova a circa 340 km a nord-ovest di Teheran vicino ai villaggi di Hamzehli e Chehrābād ed è una zona conosciuta per i suoi giacimenti di sale, da cui si estrae questa preziosa materia prima già dalla metà del primo millennio a.C.. Nessuno però avrebbe mai immaginato che questo luogo sarebbe divenuto un importante sito archeologico di importanza internazionale. All'interno delle miniere di Douzlakh e Chehrābād, infatti, si celavano resti umani conservati nel sale, scoperti accidentalmente per la prima volta nell'inverno del 1993 durante delle normali operazioni estrattive.
Pensate alla reazione incredula dei minatori: in un tranquillo giorno come un altro si trovarono davanti una testa mummificata con capelli, barba e i baffi rossicci, talmente ben conservata che si è mantenuto attaccato ad uno dei due orecchi un orecchino d'oro! Ma non è finita qui: un imponente stivale di pelle poco più in là conteneva ancora parti della gamba e del piede, assieme ad oggetti di uso comune e resti di animali.
Questa prima mummia, soprannominata "l'uomo del sale" (Saltman in inglese), fu solo la prima di una serie di reperti rinvenuti qualche anno dopo, tra il 2004 e il 2010. Riconosciuta l'importanza del sito, sono stati chiamati i responsabili dell'Ente per i Beni Culturali, Artigianato e Turismo di Zanjan che hanno fatto cessare le attività minerarie proteggendo l'area divenuta così, dal 2009, patrimonio iraniano. In totale il numero delle mummie ad oggi conosciute è almeno otto, ma nulla vieta he non ne verranno trovate altre in futuro.
Ad oggi sono molti i gruppi di ricercatori in tutto il mondo che si stanno occupando di questo raro caso di mummificazione naturale, tra cui alcune strutture in Iran, Germania, Gran Bretagna, Francia e Svizzera.
Ma rispondiamo subito alla prima domanda: chi erano questi uomini, come si sono conservati e perché hanno fatto questa fine infelice?
Chi erano gli uomini di sale e come si sono conservati?
I reperti rinvenuti nella miniera sono rari esempi di individui vissuti tra i 1750 e i 2300 anni fa (se non di più!) e sono, ad oggi, tra gli unici esempi di mummie saline al mondo. Erano con buona probabilità minatori che sono stati sepolti durante alcuni sfortunati incidenti avvenuti nella miniera: le ossa mostrano segni di fratture e compressioni che potrebbero derivare da catastrofi minerarie e crolli nella struttura. Non sono però vissuti tutti nello stesso periodo né provenivano dalle stesse zone, come dimostrano le analisi isotopiche dei resti. Le miniere, infatti, sono state sfruttate in diversi periodi storici da popoli differenti, intervallate da momenti di inattività. Alcuni Saltman probabilmente provenivano dalla pianura di Teheran-Qazvin, altri dall'Iran nord-orientale, dalle aree costiere del Mar Caspio, e dall'Asia centrale. Una delle mummie, pensate, doveva avere più o meno 16 anni quando è stata colpita da un crollo, restando irrimediabilmente schiacciata… una vera sfortuna.
L'incredibile stato di conservazione di questi individui è stato reso possibile dalle grandi quantità di sale che si comporta, come ben sappiamo, da conservante. Il sale assorbe l'umidità dell'acqua perché è igroscopico e attrae le molecole d'acqua altamente polari, il che si traduce in una disidratazione dei tessuti rigidi e molli, inibendo la crescita batterica e arrestando la decomposizione. Questo ha permesso alla pelle, agli occhi, ai peli e ai capelli di mantenersi in maniera quasi perfetta, facendoci ammirare ancora oggi l'aspetto di questi popoli vissuti oltre migliaia di anni fa.
Dieta, usanze e altre informazioni sui Saltmen
Come già anticipato, i reperti sono stati analizzati con le tecniche più moderne permettendoci di ottenere alcune informazioni dettagliate sulla vita di questi minatori.
I resti di animali ritrovati in prossimità delle mummie fanno intendere che i minatori si cibassero di carne animale, principalmente pecore, capre e forse anche maiali e bovini, ma anche i reperti archeobotanici e lo stato dei denti potrebbero far supporre ad una dieta basata su carne, semi, frutta secca e orzo. Andando però a vedere il tratto digestivo, uno dei reperti riportava uova di tenia, il che ci fa supporre che questi individui si cibassero anche di carne cruda o poco cotta.
Non si sono conservati solo i corpi, ma anche gli abiti che questi uomini indossavano: abbiamo avuto modo di portare alla luce indumenti, pezze e accessori in pelle che ci permettono di ricostruire gli antichi metodi di tessitura, filatura e tinteggiatura delle fibre nonché lo "stile" di questi popoli.
Ci sarebbero davvero tantissime cose da dire ma vogliamo concludere con una curiosità davvero interessante, che possiamo trovare… in una gamba mummificata. Le analisi del reperto mostrano come il minatore stesse indossando degli stivali più piccoli della sua taglia reale, visto che le sue dita dei piedi erano arricciate in una posizione ben poco naturale.
Pensateci bene: tutto questo oggi non potremmo saperlo se non fosse stato per una triste e antica tragedia, un bel po' di sale e…un colpo di fortuna.
Bibliografia:
Öhrström, Lena Maria, et al. "Radiological and histological findings in ancient salt mummies from the salt mine of Douzlākh, Iran." Plos one 16.4 (2021): e0250745.
Aali, Abolfazl, et al. "The salt men of Iran: the salt mine of Douzlakh, Chehrabad." Archäol Korrespondenzblatt (2012): 61-81.