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26 Marzo 2024
12:25

Gaza, cosa succederà dopo la risoluzione dell’ONU sul cessate il fuoco per il Ramadan

Per la prima volta dagli attacchi del 7 ottobre, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che chiede il cessate il fuoco a Gaza, per il periodo del Ramadan. La mozione ha visto l’astensione degli Stati Uniti. Ma cosa prevede in dettaglio e cosa può accadere ora?

A cura di Rachele Renno
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Gaza, cosa succederà dopo la risoluzione dell’ONU sul cessate il fuoco per il Ramadan
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Il 25 marzo 2024 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato, per la prima volta dall'inizio del conflitto israelo-palestinese cominciato il 7 ottobre 2023, una risoluzione per un cessate il fuoco immediato a Gaza fino alla fine del Ramadan. La mozione – definita «vergognosa» dal presidente israeliano Benjamin Netanyahu – è stata approvata con 14 voti favorevoli su 15 e l'astensione degli USA.

Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sono uno degli atti giuridici principali che si possono adottare durante un conflitto ed hanno carattere vincolante, devono cioè essere seguite da tutti gli Stati membri. Dopo numerose proposte di risoluzione per un cessate il fuoco a Gaza, bloccate dal potere di veto dei 5 membri permanenti, in particolare Cina, Russia e Stati Uniti, questa risoluzione porta l’auspicio che il cessate il fuoco possa diventare duraturo e permanente. Vediamo cosa prevede in dettaglio la risoluzione, quali sono state le reazioni degli attori coinvolti e quali potrebbero essere gli sviluppi.

Attenzione: la questione Isrelo-Palestinese è estremamente complessa e delicata e siamo consapevoli che ogni tipo di sintesi rischia di omettere informazioni; pertanto questo articolo va visto nell’insieme dei contenuti che abbiamo proposto e che proporremo nei prossimi giorni. Vi invitiamo quindi a non perderli: potete trovare tutto nella categoria Geopolitica del nostro sito. Sappiate che il nostro scopo è di far capire la situazione geopolitica con la massima neutralità e stimolare l’interesse per ulteriori approfondimenti.

Cosa prevede la risoluzione sul cessate il fuoco a Gaza

Gli Stati Uniti, che fino ad oggi con il proprio veto hanno sempre bloccato qualsiasi risoluzione in questo senso, si sono astenuti, consentendo l’approvazione della risoluzione. Presentata dal Mozambico, ha ricevuto i voti favorevoli di:  Algeria, Cina, Ecuador, Francia, Giappone, Gran Bretagna, Guyana, Malta, Russia, Sierra Leone, Slovenia, Sud Corea, Svizzera. Gli Stati Uniti hanno spiegato che l’astensione è stata motivata dal fatto che nel testo mancava un’esplicita condanna degli attentati del 7 ottobre da parte di Hamas. La durata del cessate il fuoco non è permanente ma durerà per il periodo del Ramadan, fino al 9 o 10 aprile. Nella risoluzione viene specificato che si auspica che questo porti ad un cessate il fuoco permanente e duraturo con la liberazione degli ostaggi e con l’accesso nella Striscia di Gaza degli aiuti umanitari e delle cure mediche per la popolazione civile palestinese. Dal proprio canto, sia i Paesi che fanno parte della lega araba che l’Unione Europea hanno espresso il proprio parere favorevole alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Hamas inizialmente si è detto disponibile ad uno scambio immediato di prigionieri con il governo israeliano. Ciò che però chiede è un cessate il fuoco permanente con il ritorno degli sfollati ed un ritiro immediato delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza.

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Gaza, 8 ottobre 2023. Credits: Palestinian News & Information Agency (Wafa) e APAimages via Wikimedia Commons.

La reazione di Israele

Il presidente israeliano Netanyahu ha deciso di annullare la visita di una delegazione di alti funzionari israeliani a Washington, prevista per discutere dell’offensiva militare su Rafah. Il governo israeliano ed il suo delegato alle Nazioni Unite hanno sottolineato che la risoluzione non presenta alcuna condanna degli attacchi del 7 ottobre e non subordina il cessate il fuoco a un rilascio immediato degli ostaggi. Il governo israeliano attualmente inizia a vivere una spaccatura interna: il 25 marzo ci sono state anche le dimissioni del ministro israeliano Gideon Saar, del partito centrista nazional-liberale Nuova Speranza – Tikva Hadasha, mentre negli Stati Uniti il senatore democratico Chuck Schumer ha chiesto le dimissioni di Netanyahu e nuove elezioni in Israele. La società civile israeliana dal proprio canto chiede un maggior impegno nel rilascio dei 130 ostaggi ancora detenuti da Hamas ed è sfavorevole alla riforma giudiziaria proposta da Netanyahu a gennaio 2023, secondo la quale la Corte Suprema israeliana avrebbe una limitazione del proprio potere giudiziario, con la possibilità di ricostruire una legge invalidata dalla Corte Suprema e di modificare il comitato di selezione dei giudici da parte del governo. Questo, insieme alla gestione degli attacchi del 7 ottobre, ha portato numerosi israeliani a protestare da mesi contro il governo. In questo contesto, la risoluzione dell’ONU è stata letta dal primo ministro israeliano come un passo indietro da parte degli Stati Uniti, prontamente smentito dal governo statunitense. Ad ogni modo il ministro degli esteri israeliano Katz ha dichiarato che Israele non cesserà il fuoco fino alla completa liberazione dei 130 ostaggi e alla distruzione di Hamas.

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Proteste in Israele contro la riforma giudiziaria del governo, febbraio 2023. Credits: Hanay, CC BY–SA 3.0 via Wikimedia Commons.

Cosa potrebbe accadere adesso

In seguito alla risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza, Israele dovrebbe cessare il fuoco e si dovrebbe continuare a lavorare per la liberazione degli ostaggi e per l’accesso nella Striscia di Gaza degli aiuti umanitari ed adeguate cure mediche per la popolazione civile palestinese. Lo scenario è in costante cambiamento: in primis, è importante capire la decisione di Israele in merito alla possibile offensiva su Rafah, dove sono presenti al momento 1,5 milioni di rifugiati palestinesi. Hamas, dopo la durezza espressa dal governo israeliano di non voler cessare il fuoco fino alla liberazione dei 130 ostaggi, ha espresso la necessità di una tregua prima di qualsiasi trattativa sulla liberazione degli ostaggi e dei prigionieri politici palestinesi in Israele, scambio necessario per proseguire le trattative, mediate da Egitto, Qatar e Stati Uniti. Intanto, la situazione umanitaria a Gaza è allo stremo: il bilancio delle morti civili continua a salire, con circa 32.000 morti e 73.000 feriti e con la popolazione palestinese senza scorte di cibo, acqua e cure mediche. I convogli dell’UNRWA (l’agenzia ONU per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente) diretti a Nord della Striscia di Gaza sono stati bloccati dal governo israeliano, con circa 300.000 persone a rischio carestia che, secondo un rapporto dell'Integrated Food Security Phase Classification, potrebbero arrivare ad un milione entro luglio. Secondo Medici Senza Frontiere, è importante che i membri del Consiglio di Sicurezza si assicurino che il cessate il fuoco venga messo subito in atto garantendo il rispetto della risoluzione da parte di Israele, per evitare che venga ignorata come le precedenti risoluzioni su Gaza (n. 2712 e 2720) di novembre e dicembre 2023.

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