
È stato confermato ieri, 15 gennaio 2025, un accordo di tregua nella Striscia di Gaza tra Hamas e Israele, mediata, tra gli altri, da Qatar, Stati Uniti, Egitto e Turchia, che prevede nelle prossime 6 settimane (42 giorni) un cessate il fuoco in Palestina, il rilascio di 33 ostaggi israeliani in cambio di centinaia di prigionieri palestinesi e l’avvio del ritiro delle truppe israeliane da alcune aree della Striscia. L’accordo, discusso a Doha e frutto di trattative lunghe e serrate, dovrebbe cominciare ufficialmente domenica 19 gennaio, il giorno prima dell'insediamento di Donald Trump come nuovo presidente degli USA, e si dovrebbe articolare in tre fasi. Dagli attacchi del 7 ottobre 2023, i morti a Gaza e in Cisgiordania sarebbero oltre 46.000 (in gran parte palestinesi). Molto positive sono perciò state le reazioni, locali e internazionali, alla notizia dell'avvenuto accordo, con la popolazione palestinese in festa nelle strade.
Attenzione: la questione israelo-palestinese è estremamente complessa e delicata e siamo consapevoli che ogni tipo di sintesi rischia di omettere informazioni; pertanto questo articolo va visto nell’insieme dei contenuti che abbiamo proposto e che proporremo prossimamente. Vi invitiamo quindi a non perderli: potete trovare tutto nella sezione Israele-Palestina del nostro sito. Il nostro scopo è far capire la situazione geopolitica con la massima neutralità e stimolare l’interesse per ulteriori approfondimenti.
Quando scatta la tregua: le 3 fasi previste dall’accordo tra Hamas e Israele
Come anticipato, l'accordo tra Hamas e Israele si dovrebbe articolare in tre fasi: durante la prima fase, che inizierà il 19 gennaio, è prevista una tregua di 42 giorni durante la quale saranno liberati 33 ostaggi israeliani – in particolare anziani, donne, bambini e malati – in cambio di circa 1000 detenuti palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane. Questa fase prevede inoltre il graduale ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza, con il ritorno progressivo della popolazione palestinese nel nord della Striscia e l’entrata di maggiori aiuti umanitari. Al confine tra Striscia di Gaza ed Egitto, nel cosiddetto corridoio Philadelphia, per il momento sarà mantenuta una sorta di zona cuscinetto e i palestinesi potranno fare ritorno alle proprie case, passando attraverso i controlli di frontiera.
Durante la prima fase, se tutto procederà per il meglio, verranno negoziati i termini precisi della seconda, secondo la quale in linea di principio verranno liberati gli ostaggi israeliani rimanenti, compresi i soldati, in cambio del rilascio di altri prigionieri palestinesi: in questa fase, contestualmente, ci sarà il ritiro completo delle truppe israeliane da Gaza.
Nella terza ed ultima fase, i corpi degli ostaggi israeliani (non più in vita) verranno restituiti alle famiglie di origine e verrà creato a Gaza e in Cisgiordania un piano di ricostruzione, sotto la guida internazionale.
Come si è arrivati al cessate il fuoco a Gaza: le trattative
L'intesa tra Hamas e Israele è stata raggiunta nel corso di trattative durate mesi con la mediazione del Qatar e si è velocizzata nelle ultime settimane e negli ultimi giorni su spinta degli Stati Uniti, principalmente nelle vesti del Presidente Biden e del segretario di Stato Blinken, ma anche grazie alla pressione esercitata sul governo israeliano da parte di Steve Witkoff, uomo di Trump ammesso nel processo di negoziazione. Va ricordato infatti che lunedì 20 gennaio il tycoon si insedierà negli USA per il suo secondo mandato non consecutivo alla Casa Bianca.
Le condizioni per arrivare alla tregua sono dipese anche dalla sconfitta militare dei principali alleati di Hamas in Medio Oriente: Hezbollah in Libano, il regime di Bashar al-Assad in Siria e, più in generale, l'Iran, indebolito dal nuovo panorama regionale e internazionale.
Nella Striscia di Gaza nel frattempo la popolazione civile sta celebrando l'annuncio del cessate il fuoco con entusiasmo, nonostante la catastrofica situazione umanitaria. Tutte le strutture sanitarie della zona, infatti, sono state chiuse e la popolazione palestinese sta vivendo una condizione estrema di fame e malnutrizione, oltre alla mancanza di aiuti medici.
Quello che ancora non è certo è il destino della Striscia di Gaza dopo il ritiro delle truppe israeliane: il piano di ricostruzione del territorio sotto la supervisione internazionale non è ancora stato dettagliato e il processo avrà bisogno di tempo e probabilmente di uno sforzo congiunto dell'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) e della popolazione civile.