
La sismicità e i movimenti verticali del suolo ai Campi Flegrei sarebbero legati alla presenza di due livelli poco permeabili presenti all'interno della crosta sotto l'area vulcanica. Questo è quanto emerso dall'indagine presente in un nuovo studio intitolato "Evolution in unrest processes at Campi Flegrei caldera as inferred from local seismicity" e realizzato in collaborazione tra i ricercatori dell'INGV e dell'University College of London. Ma quali sono le implicazioni di questo studio?
I risultati dello studio sui movimenti ai Campi Flegrei
I ricercatori hanno analizzato la distribuzione degli eventi sismici e dell'energia che questi hanno rilasciato: si sono accorti che è concentrata soprattutto a 1-1,5 km di profondità e a 3 km di profondità. Qui sono presenti due superfici di separazione tra rocce con proprietà fisico-chimiche diverse. Proprio questi due livelli sarebbero i principali responsabili del bradisismo e della sismicità nell'area.
Più nello specifico al di sotto del livello inferiore si passa da rocce dal comportamento fragile (cioè che tendono a fratturarsi, causando terremoti) a rocce più duttili (che tendono invece a deformarsi senza rottura). Il livello superiore invece previene almeno parzialmente la dispersione di fluidi idrotermali verso la superficie – fluidi che, tra le altre cose, hanno un importantissimo ruolo nell'innesco della sismicità.

Quindi tra questi due livelli si verifica un accumulo di fluidi e/o magma e proprio questi causerebbero un aumento di pressione, con conseguente sollevamento della caldera. Questo può continuare fin quando lo stiramento della crosta darà vita a un deflusso di gas in superficie, facendo de-pressurizzare l'area e terminando così la crisi bradisismica.
La sismicità attuale ai Campi Flegrei spiegata con il nuovo modello
Questa indagine permette di fare chiarezza sull'attuale situazione dei Campi Flegrei. Infatti, a differenza della crisi bradisismica del 1982-1984, l'attuale fase di sollevamento che è in corso dal 2005 è concentrata soprattutto nel settore orientale di Pozzuoli. Ciò vuol dire che la risalita di fluidi – con il conseguente indebolimento delle rocce – sia avvenuta perlopiù in questo settore della caldera.
"Gli innalzamenti del suolo nei Campi Flegrei nelle ultime decadi – come confermato dal co-autore Christopher Kilburn – favoriscono lo stiramento e l’eventuale rottura parziale della crosta. Questo processo facilita il passaggio dei fluidi accumulati nel sottosuolo e quindi una perdita di pressione in profondità”.
È giusto però evidenziare come questa ricerca, almeno per ora, non abbia alcun impatto diretto per ciò che riguarda gli aspetti di Protezione Civile. Si tratta di uno studio teorico che però potrebbe aiutarci in futuro a migliorare le nostre capacità di previsione e prevenzione.