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19 Febbraio 2024
15:15

Il buco dell’ozono dovrebbe “chiudersi” entro il 2066: perché è una buona notizia per il clima

Il buco dell'ozono si sta riducendo e potrebbe chiudersi definitivamente tra il 2045 e il 2066. Le strategie internazionali degli ultimi 40anni sono state fondamentali ma la strada è ancora lunga ed è per questo che non bisogna perdere di vista l'obiettivo.

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Il buco dell’ozono dovrebbe “chiudersi” entro il 2066: perché è una buona notizia per il clima
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Credits: EU/Copernicus.

Il buco dell’ozono è una significativa riduzione dello spessore dello strato di ozono nell'atmosfera terrestre (tra i 25 e i 50 km di quota), soprattutto nelle aree polari e in particolar modo sopra l'Antartide, dovuta principalmente alle emissioni antropiche dei cosiddetti gas CFC (clorofuorocarburi), contenuti per esempio nei circuiti frigoriferi e nelle bombolette spray. La scoperta di questo fenomeno avvenne nel 1985; due anni dopo venne firmato il Protocollo di Montréal che impose la progressiva riduzione della produzione di CFC, entrata effettivamente in vigore nel 1990. Da allora il buco nell'ozono ha cominciato a ridursi, ma è un processo lungo e ancora in atto.

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Il meccanismo chimico grazie al quale i CFC diminuiscono l’abbondanza di ozono nell’alta atmosfera.

La buona notizia è che il buco dell’ozono sarebbe sulla buona strada per chiudersi definitivamente entro qualche decennio. Un gruppo di esperti sostenuto dalle Nazioni Unite, infatti, ha presentato recentemente un rapporto di valutazione scientifica sul consumo dell’ozono, secondo le cui previsioni il buco nell'ozono potrebbe chiudersi tra il 2045 e il 2066.

L’analisi delle Nazioni Unite conferma che l’eliminazione graduale di quasi il 99% delle sostanze che riducono lo strato di ozono è riuscita a contrastare il buco che si era creato nella seconda metà del secolo scorso. Secondo gli esperti, se le politiche attuali rimarranno in vigore entro il 2040 lo strato di ozono dovrebbe tornare ai valori del 1980 in gran parte del mondo. Il buco dovrebbe chiudersi più tardi sui Poli, in particolare entro il 2045 sopra l’Artico ed entro il 2066 sopra l’Antartide.

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Questa notizia è importante perché il fenomeno del buco nell'ozono è legato al riscaldamento globale. Il Protocollo di Montreal, infatti, ha già favorito anche gli sforzi per mitigare i cambiamenti climatici. Si stima che finora abbia limitato il riscaldamento globale di circa 0,5 °C. Un ulteriore accordo del 2016 – noto come emendamento di Kigali al protocollo di Montreal – richiede inoltre che si riduca gradualmente la produzione e il consumo di alcuni idrofluorocarburi (HFC). Queste sostanze non riducono direttamente l’ozono ma favoriscono il cambiamento climatico. Il gruppo di valutazione scientifica ha affermato che, secondo le stime, questo emendamento ci risparmierà un riscaldamento di 0,3-0,5 °C entro il 2100.

Il successo degli sforzi volti a contrastare il buco dell’ozono è un segnale importante per il clima. Lo ha sottolineato il segretario generale dell’Organizzazione Mondiale della Meteorologia, Petteri Taalas:

L’azione dell’ozono costituisce un precedente per l’azione per il clima. Il nostro successo nell’eliminare gradualmente le sostanze chimiche che consumano ozono ci mostra cosa si può e si deve fare – con urgenza – per abbandonare i combustibili fossili, ridurre i gas serra e quindi limitare l’aumento della temperatura globale.

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