
Giovedì 10 ottobre 2024 le Forze Armate Israeliane hanno bersagliato tre basi della missione UNIFIL nel sud del Libano, dove sono presenti anche 1068 militari dell'Italia, ferendo due soldati indonesiani e un numero i precisato di cingalesi che fanno parte del contingente di peacekeeping. L'iniziativa ha scatenato l'ira del Ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, dell'ONU, del Presidente del Consiglio europeo Charles Michel e di molti altri Stati. L'attacco israeliano nei confronti dei caschi blu in realtà non è arrivato come un fulmine a ciel sereno, dato che dall'inizio dell'attuale conflitto in Medio Oriente, oltre un anno fa, i peacekeepers sono stati più volte oggetto di azioni di fuoco incrociato israeliano e libanese, oltre che della perentoria richiesta da parte israeliana di evacuare le loro posizioni nel sud del Libano. L'attacco di Israele, la cui dinamica preliminare è stata poi confermata dai militari internazionali, ha quindi l'aria di essere stato un evento premeditato e non un semplice incidente.

Cos’è la missione UNIFIL e perché ci sono i caschi blu in Libano
Istituita il 19 marzo 1978 con le risoluzioni numero 425 e 426 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e successivamente potenziata a seguito della risoluzione 1701 dell'11 agosto 2006, la missione UNIFIL (acronimo che sta per United Nations Interim Force in Lebanon – Forza ad Interim delle Nazioni Unite in Libano), composta anche da più di 1000 caschi blu italiani, ha come missione primaria quella di agire come forza di interposizione lungo il confine tra Libano e Israele (la cosiddetta “Linea Blu” la quale, è bene ricordarlo, non è mai stata veramente “delimitata” da alcun trattato internazionale o accordo tra governi) e assistere le Forze Armate Libanesi ufficiali nel controllo del territorio dell'area meridionale del Libano. In quest'area, infatti, è più forte la presenza di Hezbollah, organizzazione politica e militare, ritenuta terroristica da alcuni Paesi del mondo, recentemente colpita duramente da Israele, tra attacchi tramite l'esplosione di cercapersone e walkie talkie, bombardamenti e l'uccisione del leader Nasrallah.
Attualmente la missione UNIFIL, guidata a partire dal 28 febbraio 2022 dal generale spagnolo Aroldo Lázaro Sáenz, è composta da oltre 10.000 militari provenienti da 46 paesi diversi e il suo mandato viene rinnovato a cadenza annuale da 46 anni. Con 1068 militari schierati sul territorio l'Italia figura come secondo contributore netto della missione, superata solo dall'Indonesia con 1231 soldati.

L’attacco israeliano del 10 ottobre: perché ha scatenato l’ira dell’Italia
Nel corso della giornata di giovedì 10 ottobre, tre basi del contingente UNIFIL, tra le quali il quartier generale situato a Naqoura, sono state oggetto di attacchi israeliani che fonti delle Nazioni Unite non hanno esitato a definire “deliberati”. Secondo le ricostruzioni filtrate sui principali organi di informazione, i soldati israeliani hanno sottoposto le telecamere e gli altri strumenti di rilevazione disposti tutto attorno al perimetro della base a un intenso fuoco di armi leggere che ne hanno provocato la distruzione.
Successivamente, il complesso militare è stato fatto oggetto dell'attacco di un carro armato Merkava israeliano il quale ha preso di mira ripetutamente diversi edifici trai quali il bunker di comando e una delle torri di guardia la quale è stata completamente distrutta, provocando il ferimento di due militari indonesiani che proprio in quel momento stavano prestando servizio di guardia e che sono stati scaraventati a terra dall'esplosione. Secondo alcune indiscrezioni nel corso di uno degli attacchi israeliani potrebbero essere stati feriti anche alcuni soldati cingalesi.
L'azione israeliana ha provocato una serie di reazioni di condanna a livello internazionale. Particolarmente piccate le proteste da parte del governo italiano che per bocca del Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e di quello della Difesa, Antonio Crosetto, ha fermamente condannato l'accaduto. Crosetto, in particolare, ha affermato che: “l'Italia e le Nazioni Unite non prendono ordini da Israele e che l'attacco israeliano è totalmente inaccettabile". Gli hanno fatto eco le parole di Tajani il quale ha affermato di “aspettarsi le scuse da parte del governo israeliano”.
Non sembra però che il governo israeliano, guidato da Benjamin “Bibi” Netanyahu sia intenzionato a fare marcia indietro, al di là di qualche dichiarazione di facciata, dato che in serata il Rappresentate Permanente di Israele presso le Nazioni Unite, Danny Danon, ha dichiarato che: “il vostro silenzio ha armato la nostra mano. Ora affrontiamo le conseguenze della decisione. Dobbiamo guardare avanti, noi dobbiamo discutere il futuro del Libano, un Libano libero da Hezbollah”.