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Nella notte di giovedì 13 giugno, Israele ha avviato una massiccia campagna di bombardamenti contro l'Iran. Più di 200 caccia dell'Aviazione israeliana e un numero imprecisato di operativi del Mossad – il servizio di intelligence esterno israeliano – hanno colpito un centinaio di obiettivi in tutto il Paese, tra cui diversi siti nucleari, con l'obiettivo di indebolire l‘apparato militare di Teheran e danneggiare profondamente il programma nucleare iraniano.
Secondo quanto dichiarato dal governo israeliano, gli attacchi sarebbero scattati perché i servizi di intelligence avrebbero raccolto prove del fatto che il programma nucleare iraniano era sul punto di raggiungere il punto di non ritorno nella produzione di armi atomiche. Le autorità iraniane hanno comunicato che, a seguito dei raid, sarebbero rimasti uccisi almeno 6 scienziati coinvolti nel programma nucleare, con oltre 50 feriti. Nella mattina di venerdì 13 giugno, l'Iran ha quindi lanciato una prima ondata di droni contro Israele come ritorsione. Gli Stati Uniti hanno detto di essere stati informati dell'operazione, ma di non essere coinvolti direttamente.
L'incertezza geopolitica sul futuro del Medio Oriente sta provocando effetti anche sull'economia, come dimostrato dall'aumento del prezzo del petrolio, con il greggio arrivato a 73,48 dollari al barile (+8%).
L'attacco ai siti nucleari
Il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha subito rilasciato un messaggio registrato, in cui dichiara che il Paese si trova in un momento decisivo della sua storia «Poco fa Israele ha lanciato l'operazione Rising Lion, un'operazione militare mirata per minare la minaccia esistenziale dell'Iran nei confronti di Israele. Questa operazione continuerà per tutti i giorni necessari a eliminare tale minaccia».
Minaccia che per Tel Aviv coincide con il programma nucleare iraniano. Molti degli attacchi aerei israeliani hanno infatti colpito impianti legati a tale programma. Tra quelli colpiti ci sono Natanz, dove si trovano le turbine per arricchire l'uranio e trasformarlo in combustibile nucleare (potenzialmente utilizzabile anche a scopi militari), il reattore nucleare sperimentale di Arak e la città di Isfahan, dove si trova un centro di ricerca nucleare. I bombardamenti hanno preso di mira anche personalità della comunità scientifica iraniana coinvolta nel programma nucleare, che Teheran ribadisce essere solo con finalità civile. Almeno 6 scienziati sarebbero stati uccisi nei raid di giovedì notte, tra cui Fereydoun Abbasi, a capo dell’Organizzazione per l’energia atomica iraniana tra il 2011 e il 2013, e Mohammad Mehdi Tehranchi, fisico e rettore dell’Università islamica Azad di Teheran.
Colpiti i vertici militari iraniani
L'attacco di Israele ha anche colpito i vertici militari iraniani, probabilmente per minare la sua capacità di ritorsione. I caccia dell'Aviazione israeliana hanno anche attaccato il quartier generale dei Guardiani della Rivoluzione a Teheran e altre strutture militari in tutto il Paese. Nelle ore successive ai raid è stata confermata la morte del generale Gholamali Rashid e soprattutto di Mohammad Bagheri, capo dell’esercito regolare iraniano e massima autorità del Paese dopo la Guida suprema Ali Khamenei. Anche le Guardie della Rivoluzione hanno perso il loro comandante in capo Hossein Salami.
Khamenei ha già promesso una reazione durissima nei confronti di Israele, in cui è ora in vigore lo stato di emergenza. Anche lo spazio aereo israeliano e l'aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv saranno chiusi fino a nuovo ordine. Secondo quanto riportato dalle autorità locali, Israele ha già iniziato ad abbattere dei droni iraniani che volavano nello spazio aereo di alcuni Paesi vicini, tra cui Siria, Giordania e Arabia Saudita.
La reazione e la posizione degli Stati Uniti
L'attacco di Israele, almeno ufficialmente, è stato sferrato senza la diretta approvazione del governo statunitense, che ha comunque ammesso di essere stato informato dell'operazione, in progettazione da diversi mesi. Giovedì 12 giugno il Presidente statunitense Donald Trump aveva dichiarato di essere contrario a un attacco contro l'Iran, dicendosi fiducioso che fosse ancora possibile trattare con Teheran per raggiungere un nuovo accordo sul programma nucleare iraniano. Va ricordato che fu lo stesso Trump, durante il suo primo mandato, a ritirarsi dal precedente accordo siglato dal suo predecessore Barack Obama. La speranza espressa da Trump fa riferimento ai colloqui che erano in programma domenica 15 giugno tra le delegazioni statunitensi e iraniane in Oman. Il governo iraniano, tuttavia, ha comunicato nella mattina del 13 giugno che non parteciperà ai colloqui. Mentre un nuovo accordo si fa più lontano ora dopo ora, anche i mercati danno segnali di incertezza sul futuro del Medio Oriente, come dimostrato anche dall'aumento del prezzo del petrolio.
