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3 Novembre 2024
15:00

Quante armi nucleari possiede Israele e in che caso le userebbe? Nessuno lo sa per certo

Quando si parla di Paesi dotati di arsenali nucleari, spesso si include nella lista anche Israele, anche se ufficialmente lo Stato ebraico non ha mai dichiarato di possedere degli ordigni atomici. Come facciamo invece a sapere che possiede dei missili nucleari? E quanti ne ha?

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Quante armi nucleari possiede Israele e in che caso le userebbe? Nessuno lo sa per certo
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Anche se non tutti lo sanno, Israele ha portato avanti un programma segreto per ottenere un arsenale atomico sin dalla sua fondazione ed è oggi da considerasi una potenza nucleare a tutti gli effetti. Grazie alle rivelazioni dell'ex-tecnico e “gola profondaMordechai Vanunu, negli anni '80 del XX secolo, è stato possibile guardare al programma nucleare israeliano con una rinnovata attenzione. Tuttavia permangono ancora oggi una serie di quesiti irrisolti, inclusi il più importante: quante armi nucleari possiede Israele e in quali scenari le userebbe?

Attenzione: la questione Isrelo-Palestinese è estremamente complessa e delicata e siamo consapevoli che ogni tipo di sintesi rischia di omettere informazioni; pertanto questo articolo va visto nell’insieme dei contenuti che abbiamo proposto e che proporremo nei prossimi giorni. Vi invitiamo quindi a non perderli: potete trovare tutto nella categoria ad hoc del nostro sito. Sappiate che il nostro scopo è di far capire la situazione geopolitica con la massima neutralità e stimolare l’interesse per ulteriori approfondimenti.

Le origini del programma nucleare israeliano

La data precisa dell'inizio del programma nucleare israeliano non è nota, anche se la maggior parte delle fonti parlano di un arco temporale compreso tra il 1948 ed il 1949, quindi coincidente con la fondazione stessa del Paese.

Principale alfiere della necessità da parte dello Stato Ebraico di dotarsi di un arsenale nucleare fu lo stesso “padre della patria”, David Ben Gurion, il quale si rivolse al più illustre scienziato israeliano del tempo, il chimico Ernst David Bergmann, capo del Weizmann Institute of Science e consigliere scientifico del Ministero della Difesa, perché traducesse in realtà le volontà della leadership politica e militare del paese.

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Ernst David Bergmann, dai più considerato come il "padre dell’atomo israeliano". Credit: Fritz Cohen

Un “grande balzo in avanti” avvenne nella seconda metà degli anni '50, quando gli israeliani riuscirono a negoziare in due tornate con la Francia (17 settembre del 1956 e 3 ottobre del 1957) l'assistenza tecnica per la costruzione di un reattore nucleare nel deserto del Negev, nei pressi della città di Dimona.

Le armi nucleari e le Guerre Arabo-Israeliane

Quello che nelle dichiarazioni pubbliche di Ben Gurion doveva essere “un progetto con finalità esclusivamente pacifiche”, celava in realtà da subito un programma nucleare clandestino che inizialmente non venne ben accolto dai partner occidentali di Israele. Negli Stati Uniti d'America, in particolare, l'Amministrazione Kennedy divenne particolarmente critica nei confronti delle iniziative israeliane, minacciando addirittura ritorsioni di natura diplomatica ed economica se Tel Aviv non avesse aperto l'impianto nucleare alle ispezioni internazionali.

Pare che l'obiettivo di ottenere un'arma nucleare (seppure a basso potenziale) sia stato raggiunto da Israele nel 1967, alla vigilia della Guerra dei Sei Giorni. Secondo quanto pubblicato in seguito dal giornalista investigativo americano Seymour Hersh, gli israeliani avevano persino formulato due piani per un eventuale utilizzo di tale arma nel corso di quel conflitto ma gli eserciti arabi riuniti furono sconfitti senza bisogno di fare ricorso alla bomba.

Ben diversa fu la situazione all'epoca della Guerra dello Yom Kippur quando, dopo i rovesci subiti da Israele nei primi due giorni di combattimenti, il Ministro della Difesa, Moshe Dayan, obbligò il Primo Ministro dell'epoca, Golda Meir, di ordinare l'attivazione dell'arsenale nucleare utilizzando la frase: “Questa è la caduta del Terzo Tempio!”. Anche in questo caso però, le sorti del conflitto furono rovesciate da Israele facendo unicamente ricorso agli arsenali convenzionali.

Le rivelazioni di Mordechai Vanunu

Nel 1986 un ex-tecnico nucleare israeliano di nome Mordechai Vanunu rivelò per la prima volta alla stampa britannica l'entità del programma nucleare israeliano, corredando le sue dichiarazioni con 57 foto scattate in aree altamente sensibili della centrale di Dimona, nella quale aveva lavorato per 9 anni. Le rivelazioni di Vanunu provocarono la reazione immediata del Mossad che organizzò un'operazione segreta per rapirlo e riportarlo in Israele dove venne condannato a 18 anni di prigione per tradimento e rivelazione di segreto di stato.

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Una delle 57 foto scattate da Mordechai Vanunu all’interno della centrale di Dimona. Credit: Mordechai Vanunu.

Il 21 aprile 2004, dopo aver finito di scontare la sua pena, Vanunu venne scarcerato, anche se è ancora sottoposto a un regime di controlli stringenti, tanto da essere considerato a tutti gli effetti “un prigioniero politico dello Stato”.

Situazione odierna e timori per il futuro

Ad oggi non è affatto chiaro di quante testate nucleari sia riuscito a dotarsi lo Stato Ebraico nel corso degli ultimi sessant'anni. Andando a consultare sia la stampa specialistica che quella generalista, solitamente viene riportata un'ampia forchetta che va da un minimo di 80 a un massimo di 400 ordigni. Se la stima più alta fosse quella veritiera, allora Israele avrebbe potenzialmente a disposizione un arsenale nucleare numericamente superiore a quello della Francia oppure del Regno Unito.

Ufficialmente, Israele mantiene un'aperta politica di “ambiguità nucleare”, non negando né ammettendo di possedere le “armi supreme”, tuttavia gli studi e le informazioni d'intelligence (anche solo parzialmente accessibili al grande pubblico) rendono la negazione semplicemente insostenibile.

Non è noto nulla, invece, in merito alla dottrina d'impiego delle armi nucleari israeliane. Tanto i giornalisti quanto correnti cospirazioniste hanno a lungo disquisito in merito alla cosiddetta “Opzione Sansone”, ossia alla possibilità che Israele, qualora venga travolta dai suoi nemici mediorientali, prenda di mira con i suoi arsenali nucleari tanto loro quanto le capitali delle principali potenze mondiali “colpevoli” in tale scenario “di non aver saputo prevenire una nuova Shoah del popolo ebraico”, ma nulla di veramente concreto è mai emerso.

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