Nel corso degli anni, diversi film hanno raccontato differenti storie riguardo il rischio di impatto di corpi celesti come asteroidi e comete sul nostro pianeta: pellicole come Armageddon (1998), Deep Impact (1998), Meteor (1979), Greenland (2020), e più recentemente Don't Look Up (2021), che ha portato la storia su un tono più cinico e politico. Ma dietro alle storie raccontate nelle pellicole c'è la difesa planetaria, un reale campo di studi che si occupa di osservare e monitorare gli oggetti che si muovono nello spazio vicino alla Terra per difenderci, e analizzare la probabilità che questi possano costituire un rischio per il nostro pianeta.
Come funziona la sorveglianza spaziale?
Il primo passo per la difesa contro le "minacce dallo spazio" è ovviamente una sistematica e capillare osservazione del cielo, per individuare gli oggetti che potrebbero costituire un pericolo per il nostro pianeta. Oggi sono attive diverse campagne di osservazione degli oggetti vicini alla Terra (Near Earth Objects, NEO), come LINEAR (Lincoln Near-Earth Asteroid Research), la Catalina Sky Survey, CIMOS (Campo Imperatore Near-Earth Object Survey ), Pan-STARRS (Panoramic Survey Telescope and Rapid Response System), e molte altre: in generale vengono definiti programmi "Spaceguard", e sono assistiti nella catalogazione dal Minor Planets Center a Cambridge nel Massachussets, USA.
Al momento sono noti circa 27.000 NEO, ma grazie a queste campagne di osservazione il numero dei NEO conosciuti è in costante aumento (circa mille nuovi oggetti ogni anno). Ad oggi, si ritiene di aver scoperto il 95% dei NEO con un diametro maggiore di 1 chilometro, il cui numero ammonta a quasi 900 esemplari, ma si ipotizza quelli con un diametro maggiore di 50 metri siano diversi milioni e che circa il 50% degli asteroidi che potrebbero rappresentare una minaccia per la Terra non sia ancora stati individuati.
Gli oggetti potenzialmente pericolosi
Se un NEO si avvicina a meno di 7 milioni e mezzo di chilometri (circa 20 volte la distanza Terra-Luna) e supera i 140 metri di diametro, viene classificato come oggetto potenzialmente pericoloso (Ponentially Hazordous Object, PHO): al momento ci sono 2.000 PHO. Il calcolo delle orbite dei NEO è un processo molto complesso che spesso risente di perturbazioni gravitazionali difficilmente prevedibili, ma fortunatamente, per i prossimi 100 anni non abbiamo individuato oggetti con un alto rischio di impatto: al più famoso, Apofi, a cui è stata attribuita per un periodo una probabilità di impatto del 2,7%, ma nuovi calcoli hanno escluso il rischio per alcuni secoli.
Abbiamo un piano per la difesa spaziale?
Al momento, come detto, tra tutti gli oggetti potenzialmente pericolosi non abbiamo individuato corpi celesti che possano costituire un rischio effettivo per il nostro pianeta, ma la prudenza non è mai troppa. Per questo, diverse agenzie spaziali stanno studiando la possibilità di intervenire nel caso venisse individuato un oggetto in rotta di collisione verso la Terra. In quel caso, si passerebbe quindi alle possibili strategie di mitigazione.
Se il corpo fosse di dimensioni ridotte (pochi metri) e le conseguenze dell'impatto di conseguenza limitate, potremmo provare a calcolare il punto di impatto, così da organizzare operazioni per salvaguardare la popolazione interessata, come il trasferimento delle persone fuori dalla zona di pericolo (per la caduta dell'oggetto o la sua esplosione in atmosfera, o indiretto nel caso di tsunami). Questo richiederebbe calcoli estremamente precisi: un errore di pochi secondi potrebbe significare una differenza di decine di chilometri tra il punto previsto di impatto e il punto effettivo di caduta.
Un'altra possibilità sarebbe quella tentare di deviare l'oggetto dalla sua rotta di collisione, utilizzando diverse possibili strategie. Alcune di queste coinvolgono l'uso di sonde spaziali, che possano modificare, lentamente ma precisamente, l'orbita del corpo celeste grazie alla forza dell'attrazione gravitazionale o grazie alla pressione di un flusso di particelle; altre invece richiedono l'utilizzo di esplosioni nucleari o di proiettili cinetici per colpire l'oggetto e deviare la sua traiettoria. Questa tecnologia di impatto cinetico è certamente la più matura, come ha dimostrato la sonda Hera dell'ESA o la DART della NASA. Quest'ultima è stata progettata specificamente per valutare la fattibilità di una missione di difesa planetaria, ha impattato con successo contro l'asteroide minore Dimorphos, modificando la sua orbita intorno all'asteroide maggiore Didymos, dimostrando l'effettiva possibilità di questa tecnologia.
Il rischio dei corpi celesti nella storia
Il rischio rappresentato dagli oggetti celesti, e la necessità di difenderci da questo pericolo, è riconosciuto da tempo dagli scienziati e dagli studiosi: basti pensare a queste parole di Lord George Gordon Byron, trascritte da Thomas Medwin in "Diario delle Conversazioni, 1821-1822":
Chi sa se, qualora una cometa si avvicinasse a questo globo per distruggerlo, come sovente è avvenuto e avverrà ancora, gli Uomini non strapperanno allora le rocce dalle loro fondamenta grazie alla potenza del vapore, e scaglieranno intere montagne, come si dice abbiano fatto i Giganti, contro la massa fiammeggiante? – e allora avremo nuove leggende di Titani, e di guerre contro i Cieli.
L'ipotesi che 65 milioni di anni fa l'estinzione dei dinosauri non aviani sia stata causata (in parte) dalle conseguenze dell'impatto sulla Terra di un oggetto celeste ci ha permesso di comprendere meglio le possibili conseguenze di questi eventi. Secondo le ricostruzioni, l'asteroide, dalle dimensioni di circa 10 chilometri, ha colpito la penisola dello Yucatan creando il cratere di Chicxulub: parliamo di una struttura enorme larga più di 180 chilometri! L'evento ha causato poi cambiamenti globali così radicali da portare all'estinzione di più del 75% delle specie viventi a quel tempo.
La possibilità che eventi simili potessero accadere di nuovo è stata confermata, per fortuna su scala molto più piccola, dalla ricerche riguardo l'evento di Tunguska nel 1908. In quell'occasione un oggetto (probabilmente una cometa) di circa 50 metri di diametro è esplosa sopra una regione quasi disabitata della Siberia. L'onda d'urto ha abbattuto più di 50 milioni di alberi su una superficie di oltre 2.000 km2. Stesso discorso per la meteora di Cheljabinsk, nel 2013, quando un oggetto di circa 15 metri di diametro è esploso sopra la citta di Čeljabinsk, in Russia, causando danni alle strutture e l'esplosione delle finestre di molti palazzi in tutta la città, causando più di 1.500 feriti dovuti alle schegge di vetro che hanno colpito la cittadinanza inerme.