Sembra un déjà-vu. In effetti già nella primavera 2021 si era verificato questo particolare fenomeno: come mostrano le immagini virali il Golfo di Trieste è stato "invaso" da una nuova ondata di meduse che si sono ammassate l'una sull'altra a formare un immenso tappeto galleggiante e gelatinoso.
Lungo le rive del capoluogo giuliano migliaia e migliaia di esemplari di Rhizostoma pulmo – chiamata comunemente polmone di mare – stanno destando interesse, così come l'aumento nel numero di Pelagia noctiluca presenti sulle coste sorrentine.
Questi eventi, prevedono gli esperti, saranno sempre più frequenti. Le possibili cause? Aumento delle temperature dei mari, sovrappesca, l'azione del vento e alcune ragioni biologiche.
Com'è bella la medusa…da Trieste in giù
Meduse, meduse a perdita d'occhio: questa è la situazione che si può ammirare da qualche settimana lungo le coste di Trieste, sommerse da enormi organismi gelatinosi. Questo particolare fenomeno noto come bloom (tradotto in italiano come "fioritura") avvenuto anche la scorsa primavera 2021, ha visto l'esplosione della specie Rhizostoma pulmo, nota altresì con il nome di polmone o botte di mare. Si tratta di una tra le specie più grandi di tutto il Mediterraneo ma fortunatamente poco urticante per l'uomo. È presente in particolar modo lungo la costa adriatica italiana, slovena e croata ed è stata osservata già alla fine dell’Ottocento nel Golfo di Trieste, dove sono stati numerosi gli episodi "esplosivi" ormai noti a cittadini e ricercatori.
Contemporaneamente, ma dall'altra parte d'Italia, si stanno osservando sempre più esemplari di Pelagia noctiluca nel Golfo di Napoli e nelle acque della penisola sorrentina. Questa specie più urticante "dell'innocuo polmone di mare" è tipica del mare aperto e del versante salernitano della Costiera ma ha raggiunto e invaso la zona a ridosso delle coste toccando le sponde delle città.
A cosa è dovuta l'invasione di meduse?
L'aumento del numero di meduse e organismi gelatinosi nei mari italiani è un fenomeno stagionale che si può notare durante il periodo primaverile. Normalmente le meduse in primavera sono vicine alla superficie perché l'acqua è più calda, c'è più luce e quindi più plancton di cui si nutrono ma poche volte abbiamo assistito alla formazione di un vero e proprio tappeto gelatinoso. Ok la stagionalità ma entro certi limiti.
Questo effetto è la sentinella di un problema più vasto che sta coinvolgendo gli ecosistemi globali, la società e l'economia.
Vediamo le ragioni per cui questi organismi si accumulano lungo le nostre coste tenendo però presente che capiremo sempre meglio l'intreccio di cause andando avanti con la ricerca.
Riscaldamento globale
Il riscaldamento globale porta con sé un aumento delle temperature del mare e favorisce e allunga il periodo di proliferazione delle meduse, garantendone il ciclo vitale a lungo. Inoltre, l'innalzamento termico delle acque marine amplia l'areale di distribuzione di questi animali che assieme ad altri organismi gelatinosi come le noci di mare (meglio dette ctenofori) e alle cosiddette specie aliene possono invadere e colonizzare le nostre acque in maniera massiccia.
Azione del vento e delle correnti marine
Condizioni meteomarine come l'azione di forti venti associati alle correnti possono contribuire a questo fenomeno, portando in superficie le meduse che vengono poi spinte sotto costa e concentrate in punti specifici. Il vento potrebbe inoltre giocare un ruolo importante nella percezione visiva del fenomeno che viene notato dai cittadini proprio in queste occasioni.
Sovrappesca
L'aumento spropositato della pesca è un'altra possibile causa di proliferazione delle meduse. Pescando specie ittiche che si nutrono di fitoplancton e zooplancton (che includono anche gli stadi larvali delle meduse) si lascia spazio agli cnidari di crescere e svilupparsi, aumentando il numero di esemplari che arrivano a maturazione. A loro volta, le meduse sono come degli aspirapolvere che si cibano di tutto ciò che capita a tiro, larve di pesce comprese.
Ecco quindi che si viene a generare uno sbilanciamento negli equilibri e nei rapporti di competizione per le risorse, che si auto alimentano.
Come ovviare al problema?
Quando la natura si trova già in disequilibrio, agire diventa un'operazione chirurgica. Alla base di tutto c'è bisogno di alimentare e foraggiare la ricerca per comprendere il funzionamento degli ecosistemi naturali e realizzare, assieme alle amministrazioni politiche, piani d'azione mirati.
Quello che può fare la società è limitare il proprio impatto sull'ambiente ed emettere globalmente meno CO2, proteggere gli habitat marini, puntare ad una gestione ittica più attenta e scrupolosa e, nel nostro piccolo, consumare pesce sostenibile.