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15 Novembre 2024
17:13

Perché si dice “fare un quarantotto” per indicare una situazione caotica e rivoluzionaria?

Dire “fare un quarantotto” significa creare tanto scompiglio da mettere in discussione ogni cosa. L'espressione rimanda ai disordini del 1848, un anno di moti rivoluzionari e indipendentisti in Italia e anche in altri Paesi d'Europa.

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Perché si dice “fare un quarantotto” per indicare una situazione caotica e rivoluzionaria?
perche si dice fare un quarantotto

"Fare un Quarantotto" significa creare così tanto scompiglio da mettere in discussione ogni cosa. Il modo di dire fa riferimento al 1848, quando l'Italia e l'Europa furono sconvolte da una serie di moti rivoluzionari e sommosse che minarono l'ordine costituito. Ma cosa si intende in modo più preciso quando si dice “fare un quarantotto”? E perché proprio questo numero e anno è stato associato al caos?

Le radici storiche dell’espressione "fare un '48"

Per comprendere l’espressione "fare un Quarantotto", bisogna fare un passo indietro fino al 1848, l’anno dei grandi moti rivoluzionari, un periodo di grandi sconvolgimenti politici e sociali in tutta Europa. Quell'anno fu segnato da un’ondata di ribellioni e insurrezioni che coinvolse paesi come l'Italia, la Francia, la Germania e l’Austria, dove le popolazioni locali protestavano contro l'oppressione dei governi monarchici. Questi eventi, noti come i Moti del 1848 o la Primavera dei Popoli, coinvolsero diversi Paesi che si trovavano allora sotto la dominazione straniera.

In Italia, il movimento rivoluzionario si diffuse rapidamente nelle principali città, come Milano e Venezia, con l’obiettivo di ottenere l’indipendenza dal dominio austriaco e favorire l’Unità nazionale.

La "Primavera dei Popoli" fu caratterizzata da una serie di rivolte e manifestazioni in vari territori europei, guidate da richieste di maggiore libertà e rappresentanza. In Italia, i moti del 1848 furono di particolare importanza: la penisola era divisa in molti Stati e una parte significativa della popolazione viveva sotto il dominio asburgico. Tra le città italiane in fermento vi furono Milano, Venezia, Roma e Palermo, teatri di scontri significativi. A Milano, ad esempio, le famose Cinque Giornate di marzo videro i cittadini milanesi combattere per l'indipendenza contro le truppe austriache, in un tentativo di affermare l'autonomia e ribellarsi al potere straniero. Questi eventi alimentarono un desiderio di unità nazionale che influenzò profondamente il successivo movimento risorgimentale.

Nel Regno delle Due Sicilie, gli eventi del 1848 furono particolarmente intensi, con la Sicilia come epicentro delle tensioni. I siciliani, infatti, avevano una storica inclinazione all'autonomia che entrava in contrasto con la centralizzazione amministrativa imposta dall’unione del Regno di Napoli e della Sicilia. Questa unificazione aveva ridotto l'autonomia dell'isola, causando risentimento, soprattutto per la predominanza dell'aristocrazia napoletana su quella siciliana. Lo scontento crebbe fino a sfociare in una vera e propria insurrezione a Palermo contro il dominio regio. La risposta dei Borbone fu rapida e inflessibile: Ferdinando II ordinò pesanti bombardamenti su Messina per ripristinare il controllo. Furono mesi di disordini, a seguito dei quali l’ordine venne infine ristabilito.

Gli scontri del 1848 portarono tuttavia a risultati contrastanti: sebbene in alcuni casi le popolazioni riuscirono a ottenere concessioni temporanee dai governanti, molte delle rivolte furono represse con violenza. In Germania, Austria e Ungheria, le manifestazioni per le riforme politiche e sociali vennero soffocate rapidamente, ristabilendo l’ordine preesistente. L'instabilità e la tensione politica che caratterizzarono quell'anno e che si manifestarono in tutto il continente lasciarono però una traccia indelebile nella memoria collettiva, tanto che l'anno 1848 divenne simbolo di scompiglio e ribellione.

moti del 1848

L’espressione “fare un quarantotto” è spesso collegata a questi eventi, simbolo della forza e della determinazione dei ribelli e dell’altrettanto decisa riconquista da parte del governo centrale. Di conseguenza, “fare un quarantotto” ha assunto il significato di provocare caos e confusione, associato a un periodo storico in cui ogni ordine sembrava crollare sotto le pressioni di cambiamenti rivoluzionari. La frase richiama il senso di un evento dirompente, una rottura, un momento in cui nulla appare più stabile e sicuro, ed è entrata nel linguaggio comune proprio per indicare una situazione fuori controllo, un grande “subbuglio” che mette in discussione l’ordine esistente.

“Fare un quarantotto” oggi

Nel corso degli anni, “fare un quarantotto” ha mantenuto il suo significato di creare caos e confusione, allontanandosi però dal contesto storico per assumere una connotazione più generica. Viene spesso usata per descrivere situazioni in cui qualcosa sfugge al controllo o genera disordine, che sia in un ambiente domestico, lavorativo o sociale.

Esistono anche espressioni simili, come “fare un macello” o “creare scompiglio”, usate per descrivere il caos e la confusione. Tuttavia, “fare un quarantotto” rimane particolarmente evocativa, richiamando alla mente una rivolta, un’insurrezione che ribalta l’ordine costituito.

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