Nel lontano 1886, nella piccola cittadina della Russia centrale Toržok, nasceva un uomo dalla memoria straordinaria: Solomon Shershevsky. Noto anche come "Š", riusciva a ricordare dettagli di quasi ogni episodio che gli era accaduto nella vita e di rievocarlo in maniera vivida, ma non solo: in tempo record memorizzava anche sequenze di parole o di numeri più o meno difficili, e poteva ricordare testi di libri anche in altre lingue senza averle mai studiate. Ma, vi starete chiedendo… com'è possibile una memoria così prodigiosa? Ebbene, Solomon non era un uomo comune, e il medico sovietico che lo ebbe in cura per trent'anni lo capì quando si rese conto che le sue doti non erano solo dovute a una straordinaria memoria, ma soprattutto alle sue infinite capacità di immaginazione. Oggi sappiamo che era affetto da ipertimesia, una condizione in cui l'individuo ha una memoria autobiografica superiore a quella normale, e che gli permette di ricordare quasi tutti gli eventi vissuti nella vita.
Solomon Shershevsky era giornalista di professione e grande appassionato di musica. Da bambino fu un ottimo violinista in erba, ma una malattia all'orecchio che gli procurò un deficit dell'udito gli precluse di farne una professione.
Durante una mattinata di lavoro come molte altre, il direttore del giornale decise di chiedergli per quale ragione non prendesse mai appunti. Solomon rispose che era tutto nella sua testa e che non ne aveva alcun bisogno. Dopodiché procedette a sciorinare parola per parola tutto ciò che era stato detto in riunione. Il capo ne rimase talmente allibito che decise di spedire Solomon dal dottor Luria, giovane ma brillante ricercatore di psicologia dell'università locale. Gli disse solo di fare un test della memoria a Solomon, perché gli sembrava davvero degna di nota.
Quando si rese conto di chi aveva davanti, il dottor Luria non si limitò solo al test classico di valutazione della memoria: gli somministrò formule matematiche sempre più lunghe e complesse da memorizzare, serie di 50 e più parole da memorizzare il 30 secondi (che per Solomon era l'equivalente di bere un bicchier d'acqua), poesie in russo e in altre lingue da ricordare e recitare ad alta voce, parole in lingue da lui inventate e persino la lettura e recitazione dell'inizio della Divina Commedia, che Š ripeté senza alcun tipo di complicanza o intoppo linguistico. Non era tutto: Solomon si ricordava addirittura com'era vestito il giorno in cui aveva fatto alcuni test, e persino quanto gli era stato chiesto in quella circostanza con una precisione formidabile. Luria non poteva far altro che constatare nella sua agenda che tutto ciò che Solomon riportava gli era stato in effetti domandato in quella precisa data. Non sapeva nemmeno dove collocare la memoria di Š, e quindi semplicemente annotò nella sua monografia che quella memoria era nient'altro che "illimitata e senza confini". Nel 1968 Luria scrisse anche un libro a riguardo, "Una memoria prodigiosa: viaggio tra i misteri del cervello umano", che ebbe così successo da richiedere persino le traduzioni in cinese e giapponese.
Solomon non ricordava però tutto in maniera fotografica: per esempio, si trovava in difficoltà quando doveva memorizzare dei volti, o informazioni che si discostavano dal loro significato letterale. Per anni Luria cercò di comprendere i meccanismi di apprendimento della mente di Š, e concluse che se era in grado di ricordare le cose in quella maniera era soprattutto grazie alle immagini mentali che Shershevsky proiettava nella sua testa in quel momento.
Solomon soffriva infatti di sinestesia, un fenomeno percettivo di cui pochi fanno esperienza in cui lo stimolo di un senso provoca una reazione da un altro senso (ad esempio si vede un colore e la mente rievoca un odore particolare). Ogni ricordo per questo straordinario uomo era una sinestesia, e rievocava in lui gusti, suoni, colori… più queste percezioni erano forti e più lui ricordava nel dettaglio. Quando sentiva la parola “ristorante”, per esempio, immaginava un ingresso, dei clienti e un’orchestra rumena che accordava per suonare per loro. E ciò valeva anche per le parole in altre lingue: ad esempio “scarafaggio” in yiddish gli faceva venire in mente un vaso da notte di metallo ammaccato, una crosta di pane nero e la luce proiettata da una lampada sul muro di una stanza buia.
Prima di morire tuttavia, Solomon stava scrivendo un'autobiografia in cui scrisse che queste associazioni lo facevano andare in confusione, si accumulavano e generavano altre immagini mentali che non gli permettevano di fermarsi, concentrarsi e calmarsi.
Se c'è una cosa che lasciò veramente stupefatto il giovane Luria fu scoprire che Š poteva alzare la temperatura della mano destra di due gradi e abbassare quella della sinistra di un grado e mezzo solo immaginando di appoggiare la prima su una stufa e la seconda su un blocco di ghiaccio. Ma non era tutto qui: Solomon aumentava e abbassava i battiti del suo cuore solo immaginando di fare corse sfrenate o di dormire beato.
E per tenere a mente tutte quelle informazioni usava un metodo ancora poco conosciuto allora, la "tecnica dei loci". Con questa tecnica le informazioni vengono organizzate in uno schema familiare visualizzate nella propria mente. Š ricordava fatti, numeri, scritti e persone grazie a delle "passeggiate mentali" su cui tutto era perfettamente riordinato, in cui ogni dettaglio era un personaggio a sé e con una precisa storia.
La fervida immaginazione era per lui un elemento davvero indispensabile per ricordare tutto ciò in maniera precisa, e gli permetteva di non dimenticare. Il dottor Luria disse che la tecnica dei loci non venne usata sin da subito da Solomon, e che s ne serviva per rafforzare le sue abilità mnemoniche.
La psicologia in cento anni ha fatto passi da gigante, e ora sappiamo perché Solomon era così brillante dal punto di vista mnemonico: aveva l'ipertimesia, conosciuta anche come "sindrome della super memoria". In questa condizione ci si ricorda con grande precisione la quasi totalità di ciò che è accaduto nella propria vita (ma anche al di fuori) e nel dettaglio.
Anche lui aveva i suoi limiti, però: oltre al perdere la testa di tanto in tanto a causa delle sinestesie, faticava a tenere a mente le metafore, perché erano parole che avevano un significato diverso da quello letterale. Solomon tendeva infatti a confondere realtà e immaginazione, altro fattore che gli causava grande disagio e che lo faceva sentire un ragazzino, più che un uomo adulto. Inoltre, i pensieri spesso tendevano ad aggrovigliarsi e a farsi sempre più grandi: allora prendeva dei bigliettini e li scriveva sopra, ma non riusciva comunque a trovare pace. Era impossibile fare silenzio in quella testa.
A lungo andare questa sua condizione, che lo rese tanto famoso, lo logorò. Shershevsky si diede all'alcolismo e ne morì il 1° maggio 1958. Alla sua storia si ispirò il regista Paolo Rosa per il film Il mnemonista. Curiosamente, nel 1942 il famoso scrittore argentino Jorge Luis Borges pubblicò Funes, el memorioso, una storia di fantasia in cui si parlava di un caso molto simile a quello di Solomon. Tuttavia i due non si erano mai incontrati dal vivo, ma forse, chissà… si erano visti a metà strada nella loro memoria.