La tempesta Vaia che colpì l’Italia centro-settentrionale tra sabato 27 ottobre e martedì 30 ottobre 2018 fu dubbio tra gli eventi meteorologici più rovinosi degli ultimi decenni nel nostro Paese, con piogge violentissime soprattutto nel Nord-est, raffiche di vento sopra i 200 km/h, mareggiate e onde di marea sull'alto Adriatico, inondazioni e alluvioni. L’azione congiunta della pioggia e del vento devastò 42.500 ettari di bosco in 494 comuni del Nord Italia tra Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, con un drammatico bilancio di 8,6 milioni di metri cubi abbattuti, 7 volte la quantità di legname lavorate in un anno da tutte le segherie italiane.
La storia meteorologica della tempesta Vaia
Vaia è nata come depressione sabato 27 ottobre 2018 all’interno di un vasto canale depressionario proteso dal mar Baltico al Mediterraneo occidentale, che ha stazionato sui mari tra il Golfo del Leone, le Baleari e la Sardegna fino alla mattina di lunedì 29.
In una prima fase, tra il 27 e il 28 ottobre, un intenso flusso di correnti da sud e sud-ovest, impattando lungo i versanti meridionali dell’Appennino settentrionale e delle Prealpi hanno generato importanti precipitazioni lungo i pendii esposti e sulle pedemontane adiacenti tra il nord del Piemonte e la Carnia, fino a raggiungere con anomale intensità il Comelico e l’Alto Adige al confine con l’Austria. Pesantemente colpito da intensi nubifragi l’entroterra di Genova al confine con il bacino padano, che hanno generato una prima onda di piena dei corsi d’acqua appenninici.
In una seconda fase, sin dal mattino di lunedì 29 ottobre, si è concretizzato un impetuoso rinforzo dello scirocco e il simultaneo sviluppo di violente celle temporalesche tra la Sardegna, il mar Tirreno e il mar Ligure, in rapido spostamento verso la terraferma e il mare Adriatico. La causa scatenante è stata una massiccia irruzione di aria fredda sul caldo mar Mediterraneo, dove era già presente la depressione Vaia, centrata ad ovest della Corsica, favorendone l'instensificazione. È quella che in gergo tecnico viene chiamata ciclogenesi esplosiva, quando la pressione atmosferica diminuisce di almeno 24 hPa in 24 ore.
Nella foto qui sopra potete notare la nuvolosità spiraleggiante attorno al centro del ciclone, costituita in parte dalla lunga corona di celle bianche associate alla parte temporalesca del fronte stesso. Alla mezzanotte di lunedì 29 ottobre il minimo di pressione all’interno del ciclone è sceso a 995 hPa, tra le Baleari e la Sardegna: si è poi spostato verso Nord-Est, raggiungendo l’eccezionale profondità di 978 hPa sulla pianura torinese in serata, mentre migrava verso le Alpi nord-occidentali, con un calo di pressione di 17 hPa in circa 18 ore: per questa zona si tratta di un valore tra i più bassi mai rilevati in oltre due secoli di osservazioni.
Tra la notte e il mattino di martedì 30 ottobre il vortice si è poi spostato sulla Svizzera, e infine sulla Germania nel pomeriggio, permettendo un'attenuazione dei venti e delle piogge sull'Italia, nonché l'ingresso di più fresche correnti da ovest.
Piogge da record: oltre 600 mm in 3 giorni
Secondo i dati forniti dalle stazioni dei diversi centri funzionali regionali del Nord e Centro Italia (ARPA Veneto, ARPA Liguria OSMER del Friuli Venezia Giulia, SIR Toscana) gli epicentri precipitativi di tutto l'evento si sono collocati sull'Appennino settentrionale e sui rilievi alpini tra il Bellunese e la Carnia occidentale, dove si sono talora superati i 600 mm di precipitazione, quasi interamente concentrati in tre giorni dal 27 al 29 ottobre.
Spiccano in particolare le cumulate totali di 623 mm a Torriglia (Genova, bacino padano dello Scrivia), 595 mm a Sappada (Udine), 716 mm a Soffranco (Belluno, bacino del Piave) e 817 mm a Malga Chiampiuz (in Comune di Forni di Sotto, Udine). Notevoli anche i 534 mm del Lago Larecchio (Valle Isorno, Ossola, bacino del Toce).
La violenza dei fenomeni è stata amplificata dalle marcate differenze orizzontali di temperatura (oltre che di pressione) tra ovest ed est proprio a ridosso dell'Italia, con aria fredda di origine artica in discesa dal Nord Europa verso la Francia e aria calda in risalita dall’Africa settentrionale verso la Penisola italiana.
Tra gli effetti più eclatanti al suolo si parla di decine di interruzioni stradali, crolli di ponti, erosioni spondali, colate detritiche su abitati e frane, concentrati per lo più tra il Trentino, le Dolomiti, il Bellunese e la Carnia.
Una sciroccata tra le più intense di sempre in Italia
Tra i fenomeni di inaudita violenza generati dal suo passaggio, la tempesta Vaia viene ricordata soprattutto per la forza dello scirocco che ha soffiato nel corso di lunedì 29, poi sostituito dal Libeccio in serata a partire dai mari ad ovest della Penisola.
Le potenti raffiche di vento meridionale si sono in qualche caso combinate con ulteriori rinforzi e turbolenze locali del vento, associate ai sistemi temporaleschi, come avvenuto nelle ore centrali della stessa giornata sulla Liguria di levante e lungo il versante tirrenico, con centinaia di alberi abbattuti nel Lazio, soprattutto a Terracina.
Ecco alcune massime velocità del vento raggiunte (sempre secondo i dati meteo dei centri regionali):
- 128 km/h al Passo Valles (Dolomiti);
- 140 km/h a Urbino-Oss. Serpieri;
- 148 km/h a Capo Carbonara (Sardegna sud-orientale);
- 155 km/h al Colle di Cadibona (Savona);
- 171 km/h a La Spezia e a Follonica;
- 180 km/h a Marina di Loano;
- 192 km/h al Monte Cesen (Valdobbiadene);
- 200 km/h sul Monte Rest (Prealpi Carniche);
- 204 km/h sul Monte Gomito (Appennino Tosco-Emiliano).
Mareggiate distruttive in Liguria e acqua alta a Venezia
Tra le conseguenze degli impetuosi venti di scirocco sulle ampie superfici marine non si possono tralasciare le devastanti mareggiate soprattutto in Liguria, con gravi danni a strade e ferrovie litoranee e decine di imbarcazioni distrutte nei porti, in particolare tra Rapallo e Portofino, ma anche più a ovest, intorno a Genova.
La boa di ARPA Liguria di fronte a Capo Mele ha registrato, la sera di lunedì 29 ottobre, un'altezza d'onda massima di ben 10,3 metri. Si è trattato di una delle mareggiate più potenti mai osservate nella zona.
Decisamente rilevante è stato l'episodio di acqua alta a Venezia, con un massimo di 156 cm alle ore 14:10 del 29 ottobre, valore superato solo da altri tre eventi nella serie storica dal 1872. Un'alta marea di origine meteorologica che, per fortuna, non si è combinata con la massima escursione della marea sizigiale che solitamente si verifica in corrispondenza delle fasi di luna piena: in tal caso i livelli dell'acqua sarebbero stati ancora più elevati e dannosi in laguna.