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18 Settembre 2023
17:21

Cicloni simil-tropicali nel mar Mediterraneo: cosa sono e come si formano

In un mar Mediterraneo sempre più caldo a causa del riscaldamento globale aumenta la produzione di cicloni simil-tropicali, che però non vanno confusi con gli uragani.

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Cicloni simil-tropicali nel mar Mediterraneo: cosa sono e come si formano
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La violenta alluvione che ha colpito recentemente la Libia è assolutamente inedita per una regione estremamente vulnerabile ai cambiamenti climatici e che oggi, più di altre, subisce gli effetti devastanti di una crisi climatica senza precedenti. Quello che, purtroppo, non è inedito è il fenomeno meteorologico che lo ha causato: il ciclone Daniel il quale, per alcuni istanti della sua “vita” sopra le bollenti acque di inizio settembre del basso mar Mediterraneo, ha assunto le sembianze del tipico ciclone simil-tropicale (TLC, ovvero Tropical-Like Cyclone), ma non è mai stato un uragano.

I cicloni mediterranei non sono uragani

Stiamo parlando di un fenomeno estremo di produzione esclusivamente mediterranea – per questo viene anche chiamato ciclone mediterraneo – che mediamente si manifesta ogni 1-2 anni. Secondo le osservazioni effettuate dal 1969 a oggi, infatti, si contano 23 TLC distribuiti tra i mesi di settembre e gennaio.

Nel linguaggio tecnico i cicloni simil-tropicali sono stati definiti Medicane, dall’inglese Mediterranean Hurricane, ovvero “uragani del Mediterraneo”: è molto importante però sottolineare che i cicloni mediterranei o TLC non hanno nulla a che vedere con i più classici uragani che sono di casa in altre zone del nostro pianeta (prevalentemente tropicali, come il Golfo del Messico) e che mai se ne potranno formare. E questo per un motivo molto semplice: il mar Mediterraneo è un bacino troppo piccolo, per quanto oggi sufficientemente caldo (al livello dei mari tropicali), dunque i cicloni tropicali non hanno spazio sufficiente per muoversi e trasformarsi in veri e propri uragani, cosa che invece riescono a fare nelle zone tropicali degli oceani.

Cicloni mediterranei e cicloni tropicali: quali analogie e quali differenze?

Innanzitutto dobbiamo dire che vi è una differenza sostanziale tra il ciclone mediterraneo e la più comune depressione mediterranea, in tutto e per tutto paragonabile alla tipica depressione extra-tropicale che si forma sull’Oceano Atlantico, a cui sono collegate le classiche perturbazioni atlantiche, responsabili del cattivo tempo alle medie e basse latitudini, dunque anche a casa nostra. Una precisazione importante che dovrebbe aiutare a utilizzare in maniera corretta la complessa terminologia meteorologica in presenza di eventi di questo tipo.

Ma che cosa accomuna e diversifica il ciclone mediterraneo (o, se preferite, simil-tropicale, TLC) dal ciclone tropicale (TC)?

Partiamo dalle analogie:

  • la presenza di unocchio”, ben visibile dalle immagini satellitari, corrispondente al centro o nucleo del ciclone, colmo di aria calda (per questo anche detto “a cuore caldo”);
  • la forma a spirale delle nubi in avvitamento attorno all’occhio;
  • la struttura barotropica: in entrambi i casi la posizione del centro del ciclone al suolo corrisponde perfettamente a quello presente in quota;
  • la violenza dei fenomeni associati: si parla di piogge torrenziali e alluvionali, venti di tempesta, con raffiche uguali o superiori a 100 km/h e onde del mare fino a 6-7 metri di altezza.
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Mappa relativa alle raffiche di vento osservate intorno al ciclone Ianos, sul mar Ionio, il 17/09/2020: raggiunti i 172 km/h. Credits: ventusky.

Ecco invece le differenze:

  • la durata: un TLC dura non più di 48 ore, mentre un TC diversi giorni (se poi evolve in uragano può restare in vista per altri 6-7 giorni);
  • la dimensione: un TLC ha un diametro di 200-300 km, mentre un TC può superare i 500 km fino ad arrivare agli oltre 1500 km dell’uragano;
  • il periodo fertile: da settembre a gennaio per il TLC, da giugno a dicembre per il TC;
  • la zona di formazione e sviluppo: per un TLC l’area di formazione è il Mediterraneo, dunque a latitudini comprese tra 35° N e 45° N, mentre un TC prende vita a latitudini tropicali, più precisamente tra 15° N e 15 ° S, a cavallo dell’Equatore.

Come avviene la formazione di un ciclone simil-tropicale?

A questi fattori diversificanti dobbiamo aggiungerne un altro, forse il più importante, ovvero quello relativo alla formazione. L’innesco del TC sta esclusivamente nel calore latente di evaporazione proveniente dalla superficie oceanica molto calda (con una temperatura uguale o superiore a 26 °C fino a 50 metri di profondità) dove eventualmente è già presente una debole perturbazione tropicale. Nel caso dei TLC, oltre all’energia termica accumulata sopra le acque sempre più calde del mar Mediterraneo, il loro sviluppo avviene a seguito dello scontro sopra le medesime acque di masse d’aria con caratteristiche termo-igrometriche opposte tra loro: una fredda e secca proveniente generalmente da nord, l’altra umida e calda proveniente da sud. In seguito a tale scontro si sviluppa un esteso e denso ammasso di nubi, esattamente come avviene per le classiche perturbazioni extra-tropicali. A differenza di queste ultime, tuttavia, il “neonato” corpo nuvoloso tende ad assumere la tipica forma della spirale e ad avvitarsi attorno al suo centro (l’occhio), tenuto in vita dagli intensi moti verticali, che nel frattempo si animano all’interno del ciclone, contribuendo ad alimentare dal basso e a tenere in vita tutta la struttura ciclonica.

Da questa breve spiegazione si intuisce, dunque, che il periodo più gettonato per la formazione di questi “piccoli giganti del Mediterraneo” è l’autunno e la prima parte dell’inverno, proprio perché si raggiunge il massimo di temperatura superficiale del mar Mediterraneo e, contemporaneamente, riprende forma la corrente a getto polare: un intenso “fiume” d’aria in piena che corre a grande velocità intorno ai 10-15 km di altitudine e che separa l’aria artica posta sopra i 60° di latitudine nord da quella più temperata a latitudini inferiori. Periodicamente, la corrente a getto si abbassa di latitudine, convogliando le masse d’aria più fredde verso il Mediterraneo e rendendo più probabile l’innesco di quei processi che possono generare i TLC.

Al contrario, il periodo a cavallo tra la fine dell’inverno e la primavera dovrebbe essere quello più “fresco” per il Mediterraneo e dunque non favorevole alla formazione di questi fenomeni.

Un mare più caldo aumenta le probabilità di formazione dei TLC

Purtroppo la recente cronaca meteorologica, quella relativa a gennaio-febbraio 2023 (che ha visto la formazione di ben 3 TLC sui mari attorno all’Italia, mai successo prima) va contro quanto appena affermato. Questo è un effetto del riscaldamento globale  e indica che il mar Mediterraneo è un vero e proprio hotspot del cambiamento climatico, ovvero un luogo in cui gli eventi estremi vengono amplificati. Con la crisi climatica in atto aumentano le probabilità e la frequenza di formazione di questi eventi. Un’atmosfera e un mare più caldi (la superficie del Mediterraneo si è riscaldata di ben 1,3 °C nel periodo 1982-2019) contribuiscono ad aggiungere energia e dunque vapore acqueo alle tempeste – che sono il carburante per la genesi e lo sviluppo di questi fenomeni – e a rendere l’ambiente più favorevole ad intensificarne gli effetti, qualora si verifichino le condizioni propizie al loro innesco.

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Mappa del riscaldamento delle acque mediterranee tra il 1982 e il 2023. Fonte: National Centers for Environmental Information.
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