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14 Agosto 2023
8:30

Cos’è stato il “periodo caldo romano” e perché è diverso dal riscaldamento globale attuale

Il periodo caldo romano è avvenuto tra 200 a.C. e 400 d.C. ed è stato un periodo particolarmente caldo e umido in Europa e nel Mediterraneo. Secondo alcuni storici avrebbe addirittura favorito l'espansione di Roma. Ma ha qualche connessione con l'attuale riscaldamento globale?

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Cos’è stato il “periodo caldo romano” e perché è diverso dal riscaldamento globale attuale
periodo caldo romano

Il “periodo caldo romano” o “optimum climatico romano” è un periodo che va circa dal 200 a.C. al 400 d.C. in cui il clima dell’Europa, dell’area mediterranea e dell'Atlantico settentrionale è stato significativamente più caldo (1,5-2 °C) e umido dei secoli precedenti e successivi. Questo periodo è caratterizzato dalla progressiva nascita e dall'espansione dell'Impero romano. Secondo alcuni storici non è solo una coincidenza: probabilmente le condizioni climatiche particolarmente miti e stabili hanno favorito Roma.

Il clima caldo e umido su gran parte dell'Impero ne avrebbe infatti facilitato la crescita demografica e l’espansione. Al contrario, il lento ma costante raffreddamento del clima a partire dal 150 d.C. avrebbe influito sul declino di Roma. Vediamo le fasi di questo periodo, gli effetti che ebbe sugli eventi del tempo e infine i motivi per cui non è un fenomeno paragonabile all'attuale riscaldamento globale.

Il clima durante il periodo caldo romano

I paleoclimatologi, cioè gli studiosi del clima e delle variazioni climatiche del passato, hanno riscontrato che il periodo caldo romano è stato il più caldo degli ultimi 2000 anni nell'area europea, mediterranea e dell'Atlantico settentrionale. Gli studi realizzati, messi in relazione tra loro, hanno infatti restituito tutti risultati molto simili tra loro: evidenziano che tra il III secolo a.C. e il V d.C. la temperatura nelle zone indicate era più calda di circa 1,5-2 gradi rispetto ai valori medi dei secoli precedenti e successivi; inoltre si verificò un'intensificazione delle piogge, soprattutto in estate.

I motivi che hanno portato a questo riscaldamento sono naturali e fanno parte delle normali variazioni climatiche del nostro pianeta: ricostruendo il clima del passato si vede un lungo e progressivo riscaldamento della temperatura a partire dall’Olocene (iniziato 11.700 anni fa circa) che culmina nelle temperature più alte proprio durante il periodo romano. Nulla a che vedere con il repentino e brusco riscaldamento che sta avvenendo ora, peraltro a livello globale e non localizzato.

Un'altra prova del verificarsi del periodo caldo romano viene anche da alcune fonti storico-letterarie: alcuni autori scrissero che in Grecia crescevano le palme da dattero, mentre Plinio scrisse che i faggi, che normalmente si trovavano in pianura, cominciavano a crescere anche sui monti.

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Palma da dattero

Come il clima ha favorito la civiltà romana

Le favorevoli condizioni climatiche dell'optimum climatico romano sono probabilmente state un fattore importante per lo sviluppo e l’espansione della civiltà romana:

  • Il clima più caldo avrebbe agevolato alcune spedizioni militari romane, in particolare le conquiste a nord delle Alpi, in Gallia, Britannia e Germania.
  • Le piogge estive più intense avrebbero garantito acqua e prosperità alle città romane: nel I e nel II secolo d.C., ad esempio, le piene del Tevere cadevano in marzo ed agosto. Oggi, invece, cadono in inverno, mentre durante l’estate si parla sempre più spesso di siccità.
  • La temperatura più alta, combinata con l’aumento delle piogge estive, avrebbe favorito lo sviluppo dell’agricoltura. Questo si sarebbe tradotto in abbondanza di raccolti e in un aumento delle superfici coltivabili. Alcune fonti testimoniano come in Nord Africa, in terreni oggi desertici, fosse possibile coltivare su terreni fertili.
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Impero Romano al momento della sua massima espansione nel 117 d.C. (credit: Tataryn)

La caduta dell'Impero forse influenzata dal clima

L’Impero romano fiorì fino a circa il 150 d.C., periodo in cui raggiunse il suo massimo splendore. Dalla metà II secolo d.C., però, iniziò una fase climatica di transizione: Il periodo post-romano è stato caratterizzato da un raffreddamento progressivo della temperatura fino a circa – 4,5 °C, che si è concluso solo la Piccola Era Glaciale (avvenuta circa nel 1700). Un clima più freddo e una maggiore siccità avrebbero causato numerosi problemi all'Impero romano, influenzandone la caduta. Il nuovo clima, infatti, avrebbe presentato numerose sfide:

  • Il freddo e la siccità avrebbero causato più insicurezza nei raccolti agricoli, rendendo più difficile sfamare l’intera popolazione;
  • Il nuovo clima avrebbe favorito la circolazione di virus e batteri precedentemente sconosciuti, che avrebbero causato pestilenze ed epidemie;
  • Il clima freddo del nord Europa avrebbe fatto sì che le popolazioni del nord migrassero verso i confini dell’Impero romano.

Tutti questi elementi avrebbero fortemente influito sul declino della civiltà romana.

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Mappa con le migrazione dei popoli germanici

La differenza con il riscaldamento globale di oggi

Le temperature dell’aria e del mare durante il periodo caldo romano erano abbastanza simili a quelle che viviamo oggi. Sebbene i valori siano molto simili, però, i due periodi sono totalmente diversi. L’optimum climatico romano, infatti, è stato lungo e progressivo. Il cambiamento climatico che vediamo oggi, invece, è stato incredibilmente rapido, in linea con la maggiore concentrazione di CO2 nell’aria, causata dalle emissioni provocate dalle attività umane a partire dalla metà dell'800. A causa di questa velocità, negli ultimi decenni, abbiamo assistito a un aumento dei fenomeni estremi (piogge, tempeste, frane) che invece non era presente nel periodo caldo romano. Proprio perché il cambiamento climatico è così veloce, infatti, l’ambiente fa fatica a trovare un nuovo equilibrio e ciò si traduce in fenomeni più intensi e dannosi per le attività umane.

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