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26 Febbraio 2025
11:30

Guerra in Ucraina e il conflitto con la Russia: quali sono i possibili scenari futuri

All'indomani dell'anniversario dello scoppio della guerra in Ucraina numerosi eventi inediti, primo tra tutti l'apertura di una trattativa diretta tra USA e Russia, stanno complicando la già ingarbugliata matassa delle relazioni incrociate tra i membri degli opposti schieramenti.

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Guerra in Ucraina e il conflitto con la Russia: quali sono i possibili scenari futuri
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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Credit: The Presidential Office of Ukraine

Analizzando il conflitto russo-ucraino dal punto di vista diplomatico si può notare come sin dalla fatidica invasione del 24 febbraio 2022, le cancellerie occidentali guidate da Washington abbiano rifiutato di intavolare trattative con la Federazione Russa a patto che quest'ultima non rispettasse l'indipendenza, la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina accettando, senza contropartite, il ritiro totale da tutti i territori ucraini occupati nel 2014 e nel 2022. Le recentissime aperture portate avanti nei confronti di Mosca dalla nuova Amministrazione Trump hanno completamente sparigliato le carte sul tavolo aprendo nuovi scenari sulla possibile evoluzione della guerra. Proprio oggi 27 Paesi UE terranno un summit in videoconferenza per confrontarsi sul recente dialogo tra Trump e il presidente francese Macron, mentre USA e Ucraina stanno finalizzando un accordo sulle terre rare.

I primi tre anni della guerra: le posizioni inconciliabili di Russia e Ucraina

Con l'annuncio dell'attuazione della cosiddetta “Operazione Militare Speciale”, il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin diede il segnale per l'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina. Contrariamente ai piani originari che presupponevano un cedimento della struttura statale avversaria in pochi giorni, la blitzkrieg russa si è ben presto trasformata in una guerra di logoramento che ha messo a dura prova la capacità di resistenza tanto della Russia quanto del variegato fronte occidentale a sostegno dello sforzo militare ucraino. Al di là delle vicende belliche in sé e per sé, l'aspetto fondamentale di questi primi tre anni di guerra è stato il rifiuto totale da parte dei contendenti di scendere a qualsivoglia compromesso con la parte avversaria, diventando di fatto prigionieri della logica del “gioco a somma zero”.

Da Mosca è stato costantemente evidenziato il fatto che, per giungere a una soluzione della contesa geopolitica, era necessario che l'Ucraina accettasse di subire una notevole mutilazione territoriale e un parallelo processo di ridimensionamento militare tale da privarla della possibilità sostanziale di difendersi efficacemente nel caso di future azioni militari nemiche, mentre al contempo i partner occidentali di Kiev dovevano riconoscere i “diritti di prelazione” di Mosca sulla nazione vicina a lungo considerata parte integrante e inalienabile della sfera d'influenza russa. Kiev, invece, ha ribadito in più occasioni che qualsiasi tipo di negoziato con la Russia sarebbe stato impossibile se non dopo il ritiro completo da tutti i territori occupati (circa il 20% della superficie originaria dell'Ucraina) e l'introduzione di una serie di garanzie internazionali per la sicurezza futura del Paese: in pratica l'accesso dell'Ucraina nell'UE e l'adesione alla NATO.

Queste posizioni inconciliabili e massimaliste hanno avuto l'effetto di contribuire a trasformare la guerra in una vera e propria “prova di forza” a livello globale che ha contribuito a ridisegnare gli equilibri geopolitici planetari, con l'Occidente sempre più appiattito sulle posizioni americane a sostegno totale di Kiev e il “resto del mondo” che, sempre più apertamente, ha iniziato a collaborare con Mosca fornendole una serie di “sponde strategiche” (tra le quali devono essere menzionate le ormai famigerate “triangolazioni”) che hanno permesso alla Russia di sostenere sorprendentemente bene l'urto diplomatico e finanziario della cosiddetta “guerra delle sanzioni. Il risultato finale di tutti questi sommovimenti è stato che, seppur tra mille difficoltà, il sistema-paese Russia, e in particolare la sua macchina bellica, ha iniziato a prevalere mentre le opzioni strategiche di Kiev e dei suoi partner occidentali hanno iniziato a ridursi. Non solo: il prolungarsi oltre misura della guerra ha fatto emergere una serie di criticità nello schieramento occidentale che prima non erano state valutate in maniera esaustiva, a cominciare dalla stabilità interna del Paese centrale dell'Alleanza Atlantica, gli Stati Uniti d'America.

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Il presidente russo Vladimir Putin e quello americano Donald Trump in una foto d’archivio. Credit: Kremlin.ru

Il ruolo di Trump nel conflitto tra Russia e Ucraina

Numerose volte, nel corso di interviste ed eventi pubblici, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva affermato che, con lui come inquilino alla Casa Bianca, “questa guerra non sarebbe mai scoppiata” e che “solo lui aveva il potere di farla terminare immediatamente”. La maggior parte dei commentatori ha attribuito alla parole del tycoon americano un valore di “boutade” a uso e consumo interno, ma gli ultimi sviluppi sembrerebbero invece puntare inaspettatamente nella direzione opposta. Da un lato, infatti, sembra che il presidente americano abbia scongelato a forza il dialogo rimasto interrotto con la Russia e, dall'altro, stia perseguendo una politica di delegittimazione mediatica del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, prima considerato il pilastro della dignità e della fierezza del suo Paese e ora scaduto nella narrativa che fa capo al movimento MAGA (“Make America Great Again”) a poco più che un "dittatorello illegittimo".

Questo radicale cambio di retorica non è passato inosservato e ha generato una serie di onde d'urto sia a livello politico sia nell'opinione pubblica internazionale. Sebbene dalla parte russa le azioni di Trump siano stata accolte con una serie di caute aperture da parte di Putin e di tutto il suo entourage, nel campo occidentale (e ancora di più in Ucraina) le parole di Trump hanno portato numerosi commentatori a gridare allo “scandalo” quando non al vero e proprio “tradimento”. Ad aggiungere sale alle ferite ci ha pensato Elon Musk, che riveste inoltre il ruolo istituzionale di Amministratore del Dipartimento dell'Efficienza Governativa e di Consigliere Capo del Presidente, e ritenuto da molti come vera “eminenza grigia” dell'Amministrazione Trump, che si è unito alla grancassa mediatica ai danni del leader di Kiev.

Ma l'iniziativa che ha lasciato a bocca aperta la maggior parte degli osservatori è stata la richiesta da parte di Washington di ottenere dall'Ucraina una “compensazione” per coprire i costi del sostegno e degli aiuti forniti dagli USA all'Ucraina nel corso di questi anni, senza peraltro offrire in cambio alcun tipo di “garanzia di sicurezza” come richiesto da Kiev. Tale compensazione, da ottenersi soprattutto mediante la cessione di ingenti quantitativi di terre rare, è stata valutata dallo stesso Trump in 530 miliardi di dollari. Per mettere le cose in prospettiva, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, il valore del PIL ucraino in termini nominali per l'anno 2025 è di 189,83 miliardi di dollari, mentre adottando la metodologia del PIL reale a parità di potere d'acquisto (PPP), tale cifra salirebbe a 684,18 miliardi di dollari. Bastano questi numeri per capire che una richiesta come questa, se venisse effettivamente eseguita, avrebbe potenzialmente un effetto deleterio sulla già moribonda economia dell'Ucraina e, conseguentemente, sull'intero sistema-Paese.

Cosa aspettarci ora: è possibile che Kiev accetti l’accordo con Mosca?

È estremamente difficile prevedere che cosa potrà accadere adesso. Sebbene siano già avvenuti una serie di incontri tra i rappresentanti dei Paesi coinvolti, una vera e propria trattativa tra Washington e Mosca non è stata ancora ufficialmente inaugurata. Non è nemmeno chiaro se tale negoziazione strategica sarà limitata a questi due attori oppure vi saranno altri partecipanti come l'Unione Europea, il Regno Unito, la Cina e, ovviamente, la stessa Ucraina. Tanto la prassi diplomatica quanto la logica vorrebbero che gli ucraini potessero dire la loro al tavolo negoziale per non essere costretti, dopo aver affrontato le conseguenze di tre anni di guerra totale, a subire pure l'onta di vedersi imporre quella che potremmo definire una “pace cartaginese”.

Esiste la possibilità, niente affatto da escludere, che Kiev rigetti completamente l'accordo e decida di continuare a combattere nonostante tutto, perché la prosecuzione della guerra risulterebbe per la leadership, e persino per una buona parte del popolo, preferibile rispetto a una pace che condanni alla povertà le prossime dieci generazioni di ucraini. Un'altra grande incognita è costituita dall'Unione Europea e dai membri europei non UE della NATO (per esempio la Norvegia), i quali non sentendosi più sufficientemente garantiti dal nuovo corso americano potrebbero decidere in tutto o in parte di non allinearsi ai desiderata dei due attori principali, continuando a sostenere l'Ucraina nonostante tutto. Non resta dunque altro da fare se non continuare a monitorare la situazione in attesa che gli eventi ci diano una risposta.

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