Donald Trump è il 47° presidente americano. Il candidato repubblicano e 45° presidente USA, nel corso delle elezioni politiche 2024, ha infatti battuto Kamala Harris, candidata del partito democratico e attuale vice-presidente dell'amministrazione Biden. Donald Trump ha ottenuto un successo molto più netto e ampio di quello previsto dalla maggior parte dei sondaggi e degli analisti (alle ore 17:00 del 6 novembre 2024, a spoglio ancora in corso, risulta aver ottenuto 71,5 milioni di voti contro i 66,7 milioni di Harris) e ha già dichiarato pubblicamente la sua vittoria. Ora si appresta a tornare alla Casa Bianca per 4 anni, affiancato da J.D. Vance, prossimo vicepresidente, ed Elon Musk, a cui potrebbe essere affidato un ruolo in un ipotetico "dipartimento per l'efficienza governativa", e che Trump ha ringraziato più volte. Donald Trump sarà di fatto il primo presidente con una condanna penale e che avrà ricoperto due mandati presidenziali non consecutivi (dopo Grover Cleveland a fine ‘800). Nel corso della giornata tutti i principali leader del mondo si sono congratulati con il tycoon per la vittoria; grande assente Vladimir Putin che ha fatto sapere che giudicherà l'operato del nuovo presidente americano dai fatti.
Per capire cosa ci aspetta dal punto di vista della politica estera statunitense negli anni a venire, abbiamo invitato e intervistato l'analista geopolitico Federico Petroni, che ci aveva già raccontato il funzionamento delle elezioni americane. Trovate qui sopra il video integrale dell'intervista; qui sotto sintetizzato gli argomenti trattati.
Anzitutto abbiamo analizzato la vittoria di Donald Trump con dati e numeri alla mano, evidenziando come il tycoon abbia vinto le elezioni in modo netto e trasversale. Siamo poi passati all'analisi dei possibili risvolti in politica estera dell'elezione di Trump, partendo dalla guerra russo-ucraina, rispetto alla quale il nuovo presidente potrebbe cercare di arrivare a una tregua rapida, concedendo alla Russia di Vladimir Putin qualcosa in più rispetto a quanto avrebbe fatto probabilmente Kamala Harris.
Abbiamo poi discusso il futuro delle relazioni tra Stati Uniti, Unione Europea e NATO. Trump in passato ha spesso criticato l'Alleanza Atlantica, sollevando domande sulla possibile evoluzione dell'organizzazione. In breve, è molto probabile che l'Unione Europea e gli Stati che la compongono siano sempre più costretti a cavarsela da soli, con gli Stati Uniti sempre più interessati ai propri interessi e al quadrante dell'oceano Pacifico.
Per quanto riguarda la guerra in Medio Oriente abbiamo analizzato il tipo di supporto che gli USA potrebbero offrire ora a Israele, soprattutto alla luce del consolidato legame tra Trump e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Il tutto facendo anche riferimento a decisioni precedenti prese dal tycoon, come lo spostamento dell'ambasciata USA a Gerusalemme e il ritiro dall’accordo sul nucleare con l'Iran, scelte che hanno inciso profondamente sugli equilibri della regione e che potrebbero ripresentarsi sotto forme nuove.
Ci siamo quindi spostati sulla Cina e sulla regione dell'Indo-Pacifico, considerata oggi come il vero centro nevralgico della competizione globale. Abbiamo riflettuto sulla possibilità di una nuova "guerra dei dazi" e sul ruolo degli Stati Uniti nella difesa di Taiwan, nel caso Pechino decida di passare alle maniere forti per integrare l'isola nella Repubblica Popolare. Legata a questa dinamica è anche la sfida legata al controllo delle materie prime critiche e strategiche, come terre rare e litio, risorse essenziali per l'innovazione tecnologica e l'intelligenza artificiale, e per le quali Stati Uniti e Cina competono a livello globale
Infine, abbiamo esplorato la questione molto delicata della Corea del Nord, la cui alleanza con Cina e Russia sembra sempre più solida e concreta. Abbiamo discusso della possibilità che Trump, come in passato, possa cercare un avvicinamento con il leader nordcoreano Kim Jong-un così da distendere le relazioni tra i due Paesi e ridurre il rischio di tensioni nella penisola coreana.