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12 Marzo 2024
11:42

Haiti verso una guerra civile, il premier Ariel Henry si è dimesso: ecco cosa sta succedendo

Già da tempo teatro di scontri e violenze, Haiti è ora sull’orlo della guerra civile. Il Primo Ministro Ariel Henry si è dimesso, sia Stati Uniti che Unione Europea hanno annunciato il ritiro del personale non essenziale dalle ambasciate, mentre bande armate si stanno impossessando delle istituzioni, facendo cadere il Paese caraibico in una spirale di violenza.

A cura di Rachele Renno
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Haiti verso una guerra civile, il premier Ariel Henry si è dimesso: ecco cosa sta succedendo
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Haiti è in stato di emergenza e sull'orlo della guerra civile: l'ultima notizia sono le dimissioni del Primo Ministro Ariel Henry, comunicate dal presidente della Comunità dei Caraibi (Caricom). Dall’assassinio del predecessore di Henry, l’ex presidente Moïse, nel 2021, e in particolare dal 2023, il Paese caraibico vive una grave crisi interna, con bande criminali armate che tengono il Paese in ostaggio e una popolazione sempre più impoverita, anticipazione di una possibile catastrofe umanitaria.

Qualche giorno fa, mentre il Primo ministro Ariel Henry si trovava a Nairobi, in Kenya, per un accordo sull’intervento dell'ONU nel Paese, si sono intensificati gli scontri soprattutto nella capitale Port au Prince, ormai controllata all’80% da bande armate che vogliono rovesciare il governo in carica e che stanno mettendo in fuga la popolazione. Vediamo insieme cosa sta succedendo e da dove nasce la crisi di Haiti.

mappa caraibi haiti
Carta dei Caraibi: Haiti si trova a ovest della Repubblica dominicana.

La situazione attuale ad Haiti

Nonostante Haiti sia in crisi da più di 3 anni e durante il 2023 nel Paese la situazione fosse già catastrofica, alla fine del febbraio 2024 la situazione è esplosa dopo l’attacco di bande criminali, le cosiddette pandillas, alla capitale, Port-au-Prince. Le bande hanno creato un'alleanza dal nome "Vivre Ensemble" o "Vivir Juntos" (Vivere insieme) con lo scopo di attaccare e distruggere le istituzioni statali e rovesciare il governo.

Le carceri di Haiti sono state prese d’assalto con la liberazione di circa 4500 detenuti, i comandi di polizia e le sedi delle istituzioni statali, tra cui il Ministero dell’Interno, sono stati attaccati e sono stati bloccati i voli in entrata e in uscita dal Paese. L’attuale primo ministro, Ariel Henry, in carica dal 2021 ed in visita in Kenya per negoziare con l’ONU un intervento umanitario in soccorso alla popolazione haitiana, è stato dichiarato persona non gradita dal Presidente della vicina Repubblica Dominicana, Luis Abinader, che ha deciso di chiudere tutta la frontiera terrestre con Haiti, per paura di un allargamento della crisi anche al proprio territorio e per preservare la sicurezza nazionale.

Haiti è così in stato d’emergenza, tanto che l’ambasciata statunitense e l’Unione Europea hanno deciso di evacuare e richiamare il personale non essenziale presente nel Paese. A causa di questa situazione sull'orlo della guerra civile, il Primo ministro Henry ha deciso di dimettersi: sarà formato un consiglio presidenziale di transizione e verrà nominato un Primo Ministro ad interim. Nel frattempo, Henry si trova a Puerto Rico, dove gli Stati Uniti hanno dichiarato di volergli concedere asilo politico.

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Sicurezza alimentare e povertà

Già in crisi dal terremoto del 2010 che ha innalzato la soglia di povertà e ha peggiorato problemi relativi a condizioni igieniche e sicurezza alimentare, ad Haiti attualmente ci sono più di 300.000 sfollati interni e il Paese è sull’orlo di una catastrofe umanitaria. Per questo le Nazioni Unite hanno espresso la volontà di inviare una missione internazionale per cercare di mantenere la stabilità nel Paese ed evitare una grave crisi umanitaria.

Già dal 2022 il World Food Programme (WFP) aiutava il governo in carica nell’approvvigionamento di cibo, con la distribuzione di 550 mila pasti alla popolazione. Lo scorso ottobre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato l'invio di una missione internazionale di pace nel Paese caraibico, con una durata di 12 mesi e guidata dal Kenya per cercare di fronteggiare la grave situazione presente nel Paese: solo nel 2023, secondo l'ONU, nel Paese sono state uccise più di 5000 persone e sequestrate circa 2500.

Al momento, gli Stati Uniti hanno dichiarato di voler partecipare alla missione guidata dal Kenya stanziando aiuti per circa 300 milioni di dollari con lo scopo di stabilizzare la situazione interna al Paese e far fronte alla grave crisi umanitaria in atto.

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Danni causati in seguito al terremoto di Haiti del 2010. Credits: UN Photo/Logan Abassi United Nations Development Programme, via Wikimedia Commons.

Da dove nasce la crisi di Haiti

La grave crisi politica e sociale scoppiata ad Haiti, oltre che al terremoto del 2010, risale all’assassinio il 7 luglio 2021 dell’ex presidente Jovenel Moïse, in carica dal 2017 al 2021. Nonostante l’uccisione sia avvenuta in circostanze ambigue e non si siano stati mai rintracciati i colpevoli, sono molti i cittadini haitiani che sospettano dell’attuale primo ministro ad interim Ariel Henry, che è salito al governo pochi giorni dopo la morte di Moïse, senza elezioni ufficiali e dunque considerato come leader illegittimo. Dal 2021, infatti, non si sono mai tenute elezioni libere e democratiche nel Paese e l’acuirsi delle tensioni si è verificato anche in seguito all’annuncio di indire libere elezioni entro il 31 agosto 2025, limite temporale ritenuto troppo lontano secondo le bande armate del Paese.

Le bande criminali e i gruppi paramilitari in lotta tra di loro sono più di 200, in un Paese che conta circa 12.000 poliziotti su una popolazione di 11 milioni di abitanti. Le bande che tengono sotto scacco il Paese sono responsabili di violazioni dei diritti umani, occupazione di scuole e ospedali, violenze sessuali sulla popolazione, reclutamento di bambini. Il dato preoccupante è l'organizzazione di alcune pandillas come vere e proprie strutture paramilitari. Nella capitale due delle principali organizzazioni criminali sono la G-Pèp e la G-9 Family, due bande che operano nei quartieri più poveri di Port-au-Prince e legate a due partiti politici: il G-9 è affiliato al partito Tèt Kale, dell'ex Primo ministro Moïse, mentre il G-Pèp tende a sostenere i partiti di opposizione.

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