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Lo scorso 7 luglio il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è volato ad Ankara per la prima volta dall'inizio della guerra tra Russia e Ucraina, per incontrare il presidente turco Erdogan e discutere principalmente dell'accordo sul grano tra i due Paesi in conflitto, sottoscritto ufficialmente il 22 luglio 2022 sotto l'egida delle Nazioni Unite e della Turchia, ma la cui scadenza è fissata al 17 luglio 2023.
Il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato recentemente di non vedere alcun motivo per rinnovare l'accordo, almeno fino a quando le sanzioni dell’Occidente che limitano le esportazioni russe di prodotti agricoli e fertilizzanti non verranno alleggerite. Si tratta, in effetti, di una delle condizioni sottoscritte un anno fa e mai rispettate dagli USA e dai loro alleati. Le sanzioni gravano sulle banche e sulle assicurazioni della Federazione Russa e danneggiano indirettamente le esportazione russe.

Inoltre, dall'entrata in vigore dell'accordo, la maggior parte delle derrate alimentari ucraine sono finite in Cina, Spagna, Turchia e Italia e non in Africa e Medio Oriente. Queste aree sarebbero più bisognose del grano ucraino e a rischio di carestia, ma sono state messe in secondo piano sia per inferiori capacità di acquisto sia, spesso, per il loro orientamento filorusso.
Se l'intesa non venisse rinnovata, con ogni probabilità si avrebbero ripercussioni importanti sull'economia globale: non solo l’economia ucraina subirebbe un ingente danno, ma aumenterebbe il livello di insicurezza alimentare in Europa e in diversi Paesi dell’Africa e del Medio Oriente, comunque beneficiari di quote minoritarie dei cereali ucraini.
I numeri dell'accordo sul grano
Finora l'accordo sottoscritto tra Russia e Ucraina – che si chiama Iniziativa per il grano sul Mar Nero – ha consentito l’esportazione via mare di milioni di tonnellate di grano coltivato in Ucraina: secondo i dati delle Nazioni Unite, aggiornati allo scorso 3 luglio, esattamente 32,7 milioni di tonnellate di cereali, per lo più granturco (51%) e grano (27%). L'accordo del Mar Nero per il grano è determinante nel dare all'Ucraina la possibilità di esportare i propri prodotti agricoli: come evidenziano i dati UE, l'intesa permette di far uscire il 48% delle esportazioni nazionali, mentre soltanto il 52% procede via terra.

L’Ucraina infatti è uno dei maggiori esportatori di grano e di altre derrate alimentari in tutto il mondo, esportati tramite i porti ucraini sul Mar Nero. L'inizio dell'invasione russa aveva però comportato un’interruzione delle spedizioni di grano, che rifornivano Europa, Medio Oriente e Africa, creando difficoltà di approvvigionamento e scarsità alimentare.
La mediazione turca di Erdogan e la firma dell'accordo
A luglio del 2022 l’ONU e la Turchia hanno mediato tra Russia e Ucraina, portando alla firma dell'accordo il 22 luglio. In base all'intesa raggiunta, la Russia ha consentito alle navi cargo ucraine il transito nel Mar Nero. La Turchia, come garante dell'accordo, si è impegnata ad ispezionare i carichi sia in entrata che in uscita. Si può dire, senza il rischio di esagerare, che l'intesa sia stata un successo, l'unico esempio di cooperazione tra Russia e Ucraina dall'inizio del conflitto: l’Ucraina ha potuto esportare enormi quantità di grano, e questo ha alleviato i problemi di insicurezza alimentare che si erano creati nei primi mesi della guerra.
I rinnovi dell'accordo
Dopo luglio, l’accordo è stato rinnovato altre 3 volte: l’ultima il 18 maggio 2023. Negli ultimi tempi, tuttavia, la Russia ha minacciato in più di un’occasione di interrompere l’accordo. Minacce di questo tipo possono essere lette come un modo di assumere una posizione forte al tavolo del negoziato, ma non è detto che non si traducano concretamente. Per la Russia, l'accordo sul grano è divenuta un'arma negoziale utile per alleggerire le pressioni sul proprio sistema bancario, ma, più in generale, l'assenza di tale accordo rappresenterebbe una forte perdita per l'economia ucraina e quindi un automatico vantaggio relativo per la Russia.
Le possibili conseguenze del mancato rinnovo
Nel caso non si arrivasse all'ennesimo rinnovo dell'accordo, potrebbe aprirsi a livello globale una fase di speculazione sui prezzi degli alimentari, un modo indiretto per Mosca di "mostrare i muscoli" e rendere chiaro all'Occidente il potere indiretto che la Russia è in grado di esercitare. Inoltre, potrebbe innescarsi una crisi alimentare che costringerebbe ancora una volta l'Unione Europea e tanti Paesi africani e mediorientali a mettere in discussione le proprie catene di approvvigionamento e il modo in cui la globalizzazione viene concepita.