L’uomo ha imparato a navigare da diversi millenni. Nel corso dei secoli la tecnologia navale ha fatto progressi enormi sia sul piano militare, sia su quello mercantile, ma fino a poco più di 200 anni fa le navi potevano muoversi solo grazie a due fonti di energia: quella umana, sviluppata attraverso i remi, e quella del vento, raccolta e sfruttata attraverso le vele. Vediamo più nel dettaglio come si è evoluta la navigazione prima dell’invenzione dei motori moderni.
Le origini della navigazione
L’uomo ha imparato a muoversi in acqua sin dalla notte dei tempi. Alcune delle specie precedenti all’Homo sapiens erano in grado di usare zattere primitive per attraversare fiumi e stretti bracci di mare e molte migliaia di anni fa gli uomini sapevano già costruire canoe formate da tronchi d’albero scavati all’interno, note come cayuco.
La navigazione vera e propria, intesa come capacità di costruire mezzi capaci di inoltrarsi in mare, è però più recente e si sviluppò principalmente in due aree: quella degli oceani Indiano e Pacifico e quella del Mediterraneo.
Chi ha inventato la navigazione
È importante ribadirlo: non esiste un singolo popolo che abbia inventato la navigazione. Molti popoli differenti svilupparono l'arte della navigazione in parti diverse del mondo. Ripercorriamo alcune delle tappe principali di questa storia.
L’espansione austronesiana nell’Indo-Pacifico
La capacità di navigare fu all’origine dell’espansione dei popoli austronesiani, originari probabilmente dell’isola di Taiwan e della Cina meridionale. Secondo le teorie più accreditate, in un’epoca compresa tra 5000 e 1500 anni fa gli austronesiani si espansero in un’area molto vasta, popolando isole che in precedenza erano disabitate. Muovendosi verso ovest, superarono l’Oceano Indiano e raggiunsero il Madagascar; in direzione orientale arrivarono fino alle isole della Polinesia, nel cuore del Pacifico.
Per coprire distanze così lunghe gli austronesiani costruirono vari tipi di imbarcazioni. Tra le più diffuse vi erano le canoe con bilancieri (outrigger, cioè dotate di una struttura esterna, come un tronco, che facilitava il galleggiamento), i catamarani, formati da due scafi collegati tra loro in orizzontale, e i trimarani, con tre scafi. I meccanismi di propulsione erano i remi e le vele, spesso montati insieme sulle imbarcazioni, che utilizzavano l’uno o l’altro sistema a seconda delle circostanze.
Non esistevano, però, strumenti per l’orientamento e gli austronesiani potevano individuare le rotte solo osservando i corpi celesti o studiando i venti. Nonostante questo limite, la loro espansione fu poderosa e oggi una vasta area del mondo è popolata dai loro discendenti, come dimostra, tra l’altro, la comunanza delle lingue.
Il Mediterraneo: egizi e fenici
Le antiche civiltà mediterranee svilupparono presto la capacità di navigare. Gli egizi impararono a solcare il Nilo intorno a 4.000 anni prima di Cristo, usando inizialmente piccole barche composte da fusti di papiri e in seguito navi in legno, che con il passare dei secoli divennero sempre più complesse.
Le capacità di navigazione degli egizi, però, erano nettamente inferiori a quelle dei fenici, un popolo originario dell’attuale Libano, emerso alla fine del II millennio a. C. I fenici impararono a costruire navi commerciali dotate di una stiva, che consentiva di immagazzinare sotto il ponte le merci, e navi da guerra che, oltre alla vela, prevedevano due file sovrapposte di remi per ogni lato. Grazie alle loro abilità marinare, i fenici fondarono colonie in tutto il Mediterraneo, la più importante delle quali, Cartagine, diventò a sua volta una potenza navale, tanto che nel V secolo a. C. alcuni suoi navigatori si spinsero a nord fino alla Gran Bretagna e a sud fino al golfo di Guinea.
I greci e i romani
I greci ereditarono l’abilità di navigazione dei fenici e si distinsero soprattutto nella costruzione di navi da guerra, le più importanti delle quali furono le triremi. Erano imbarcazioni dotate di tre ordini di remi, che avevano il vantaggio della velocità e della manovrabilità. Le triremi furono usate anche dai romani e da esse derivarono numerose navi costruite nei secoli successivi.
Le triremi, però, necessitavano di un alto numero di rematori (circa 170 per ogni nave), il che riduceva lo spazio per materiali e altri soldati. Non a caso, in genere non erano usate per i commerci, per i quali si preferivano navi che sfruttavano soprattutto la propulsione a vela. Con il passare degli anni i popoli del Mediterraneo svilupparono navi ancora più complesse, come le quinqueremi, dotate di cinque livelli di rematori, che potevano trasportare un maggiore numero di soldati.
Come gli austronesiani, anche i popoli mediterranei potevano orientarsi solo a vista e con l’osservazione dei corpi celesti, sebbene intorno al II secolo a. C. fosse stato inventato l’astrolabio, uno strumento per calcolare la posizione degli astri.
Anche per la mancanza di strumenti per l’orientamento, greci e romani navigavano soprattutto nel Mediterraneo e consideravano pericoloso spingersi oltre le colonne d’Ercole, cioè lo stretto di Gibilterra. Alcuni navigatori, però, lo superarono. Uno dei viaggi più noti del mondo antico fu quello di un greco, Pitea di Marsiglia (Marsiglia era una colonia greca), che nel IV secolo a. C. raggiunse la Gran Bretagna e si spinse fino a una località che chiamò Thule, da identificare forse con l’Islanda o con le coste della Norvegia.
L’evoluzione della navigazione nel Medioevo
Nel Medioevo i primi grandi navigatori furono i normanni o vichinghi, che furono capaci di espandersi in vasti settori del Mediterraneo e di giungere persino sulle coste del Canada. La loro imbarcazione tipica era il drakkar, una nave lunga e stretta, che trasportava 25-30 uomini.
I popoli del Mediterraneo, come le repubbliche marinare italiane, apportarono miglioramenti ai modelli di nave già esistenti. Si affermò, in particolare, la galea, evoluzione delle antiche navi a remi, che dominò la guerra navale nel Mediterraneo per secoli.
Nel Nord Europa, inoltre, fu sviluppata la cocca, che aveva una forma tondeggiante e si distinse come nave mercantile.
Con il passare degli anni costruire una nave diventava un’operazione sempre più complessa, che necessitava di particolari qualità di legno per ogni singola componente e di maestranze specializzate.
Le innovazioni tecnologiche applicate alle navi
Tra il XII e il XIII secolo giunsero in Europa nuove tecnologie, originarie della Cina, che ebbero un impatto molto significativo sulla navigazione: la bussola e la polvere da sparo. La bussola agevolò la navigazione oceanica, consentendo le grandi scoperte geografiche; la polvere da sparo permise di armare le navi con i cannoni, cambiando per sempre il modo di fare la guerra tra le onde.
Anche la costruzione delle imbarcazioni fece progressi. Nel XV secolo i portoghesi progettarono un nuovo tipo di nave, la caravella, dotata della sola propulsione a vela, che si rivelò assai utile per i viaggi sulla lunga distanza e fu la nave più usata per le esplorazioni geografiche.
L’inizio dei commerci e delle guerre nell’Atlantico comportò anche l’evoluzione della tecnologia militare. Le galee furono sostituite da navi più grandi e potenti, i galeoni, lunghi circa 40 metri.
Nonostante i progressi, però, i sistemi di propulsione e i materiali di costruzione non erano cambiati rispetto alle origini della navigazione: la vela e i remi per la propulsione, il legno per gli scafi. Solo nell’Ottocento la navigazione cambiò definitivamente con l’introduzione dei motori a vapore e la sostituzione del legno con il metallo.