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21 Gennaio 2024
17:40

Un misterioso santuario dell’età del bronzo: la Grotta delle Mosche

I manufatti ritrovati in questa grotta carsica slovena fanno pensare che il sito fosse un antico deposito di offerte in un santuario dalle caratteristiche eccezionali.

A cura di Andrea Basso
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Un misterioso santuario dell’età del bronzo: la Grotta delle Mosche
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San Canziano, in Slovenia.

La Grotta delle Mosche (in sloveno Mušja Jama) è un pozzo carsico profondo circa 50 metri nel comprensorio delle grotte di San Canziano, in Slovenia a pochi chilometri dal confine italiano. Nella Grotta delle Mosche si trova uno dei più misteriosi e affascinanti siti archeologici risalenti alla tarda età del bronzo, in cui sono stati rinvenuti centinaia di manufatti in metallo, molti dei quali intenzionalmente distrutti. La scoperta è importante perché ci permette di avere informazioni su antiche popolazioni da conoscere per via della mancanza di fonti scritte nell'Europa centrale e occidentale. Ma come ci sono finiti questi oggetti lì sotto?

Cos’è la Grotta delle Mosche

La cavità si trova nel comprensorio carsico delle grotte di San Canziano, riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità dal 1986. Dal punto di vista geologico e speleologico, le grotte di San Canziano sono fra i migliori esempi del fenomeno del carsismo, grazie alla presenza di un canyon scavato dal fiume Timavo (in sloveno Reka) e alla ricchezza di cavità, corsi d’acqua sotterranei, doline e cascate.

La Grotta delle Mosche in particolare è un inghiottitoio, ovvero un pozzo quasi verticale profondo circa 50 metri, che termina in una vasta sala sotterranea. Il nome venne dato a questa cavità da uno degli archeologi austriaci che la studiarono, perché durante uno dei sopralluoghi preliminari della zona un moscone uscì dall’apertura del pozzo.

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Rappresentazione schematica in sezione della Grotta delle Mosche, esposta al Civico Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann” di Trieste. Credits: Andrea Basso.

Il ritrovamento dei manufatti

Sul fondo di questa grande sala, ai primi del Novecento, insieme ad altri detriti caduti dall’alto, gli archeologi rinvennero una enorme quantità di manufatti soprattutto in bronzo ma anche in ferro, quantificabile nell’ordine delle centinaia. Non essendo il fondo della grotta raggiungibile, se non calandosi verticalmente attraverso il pozzo carsico, gli oggetti metallici dovevano essere stati deliberatamente gettati dalla piccola apertura sovrastante.

Una volta raccolti, i reperti vennero trasferiti a Vienna, capitale dell’Impero Austro-ungarico a cui il territorio di San Canziano all'epoca apparteneva, per essere studiati, ma lo scoppio della Prima guerra mondiale e la fine della monarchia asburgica provocarono una divisione arbitraria dei materiali: metà sarebbe rimasta a Vienna, mentre l’altra metà sarebbe stata spedita a Trieste, appena annessa all’Italia.

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Teste d’ascia intenzionalmente bruciate, rinvenute sul fondo della grotta, esposte al Civico Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann” di Trieste. Credits: Andrea Basso.

Cosa sono gli oggetti trovati sul fondo della grotta

Gli oggetti trovati sul fondo della Grotta delle Mosche sono stati studiati nel corso di tutto il Novecento da archeologi italiani, sloveni e austriaci. I materiali raccolti nel corso della campagna di scavo sono più di 800, e la loro datazione va dall’età del bronzo recente (1350-1200 a. C.) alla prima fase dell’età del ferro (1000-700 a. C.).

I manufatti in bronzo e ferro sono soprattutto armi, sia difensive (elmi ed elementi dell’armatura) che offensive (lance, asce e spade), ma anche situle (un particolare tipo di vaso antico prodotto in metallo), tazze, utensili e attrezzi vari.

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Esempi di un fodero e di una spada, intenzionalmente spezzati e ritorti, rinvenuti sul fondo della grotta, esposti al Civico Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann” di Trieste (Credit Andrea Basso)

Sulla base di quanto noto a proposito della cultura materiale europea dell’età del bronzo, ma anche grazie a una serie di analisi chimiche per stabilire la provenienza del metallo, ci si è resi conto con grande stupore che i manufatti provenivano da una vastissima area comprendente l’Europa Centrale, la penisola italica, la penisola balcanica, la Sicilia e la Grecia.

Una delle caratteristiche più particolari del sito è che la maggior parte dei materiali risulta essere stata intenzionalmente frammentata, piegata o bruciata prima di essere gettata nella grotta.

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Frammenti di un elmo di tipo italico (IX–VII a. C.), esposti al Civico Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann” di Trieste. Credits: Andrea Basso.

L'interpretazione dei manufatti

Questa pratica, conosciuta come defunzionalizzazione rituale degli oggetti, era piuttosto comune nell’età del bronzo e nell’età del ferro, e stava probabilmente a simboleggiare una dismissione del manufatto, che come ultima funzione aveva quella di essere offerto agli dei e non essere più utilizzabile dagli umani.

Questo dettaglio è piuttosto rilevante per cercare di dare una spiegazione alla presenza di tutte queste armi sul fondo della Grotta delle Mosche, presumibilmente gettate nella cavità come offerte alle divinità delle popolazioni che abitavano l’area carsica tra la fine dell’età del bronzo e l’inizio dell’età del ferro.

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Frammenti di una situla (vaso in metallo) intenzionalmente frammentata, esposti al Civico Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann” di Trieste. Credits: Andrea Basso.

Perché la Grotta delle Mosche è diventata un santuario?

L’area delle grotte di San Canziano, per via delle sue particolarità naturali, doveva essere un luogo di grande richiamo religioso e spirituale per le genti che abitavano la zona alla fine dell’età del bronzo. Il santuario della Grotta delle Mosche aveva probabilmente quindi una duplice valenza sacra, unendo i culti ctonii (legati alle divinità del sottosuolo) a quelli dell’acqua, che, come nel caso del fiume Timavo, spariva improvvisamente sottoterra.

Vista poi la grande varietà di provenienze dei materiali, il santuario doveva avere un richiamo intertribale di ampissimo respiro in tutta l’Europa centrale. Il momento durante il quale gli oggetti vennero offerti nella Grotta delle Mosche sembra coincidere con un periodo di grandi cambiamenti sociali nell’area carsica, con la formazione di comunità in cui i capi delle tribù si riconoscevano in modalità rituali comuni. In questo ambito, la zona antistante l’apertura della cavità era probabilmente un luogo dove di fronte alle divinità venivano sanciti patti o alleanze. Questo santuario in particolare doveva avere una connotazione religiosa legata alla sfera militare: più dell’80% degli oggetti ritrovati infatti è di ambito militare o comunque legato alle élite.

La zona inoltre era un crocevia per le vie commerciali che collegavano l’area balcanica occidentale e danubiana e quella italica, e anche di quelle che collegavano l’area transalpina (le attuali Germania e Francia) alla Pianura padana.

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Spilloni intenzionalmente piegati e torti, esposti al Civico Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann” di Trieste (Credit Andrea Basso)
Fonti
UNESCO: Škocjan Caves Borgna E., Risorse metallifere e metallurgia dell’età del bronzo in Friuli Catalogo dei Beni Culturali dei Civici Musei di Trieste: Elmo Buggenum
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