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13 Giugno 2025
15:30

Chi si contende la Siria dopo la caduta di Assad? Chi sta “vincendo” tra USA, Russia, Turchia, Israele e Iran

Dopo la caduta del regime di Assad per mano dei jihadisti guidati da Al Jolani, la situazione geopolitica in Siria è cambiata. Le cinque potenze interessate alla zona ne escono in maniera diversa: Iran e Russia sono indeboliti, gli USA continuano con il disimpegno e Israele avanza nei territori. La vera potenza vincitrice, però, è la Turchia.

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Chi si contende la Siria dopo la caduta di Assad? Chi sta “vincendo” tra USA, Russia, Turchia, Israele e Iran
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Quali sono i Paesi che si stanno contendendo la Siria dopo la caduta del regime di Assad per mano delle forze jihadiste siriane guidate da Abu Mohammed al Jolani? L'instabilità politica che si è venuta a creare nel territorio siriano ha riacceso l'interesse di 5 potenze che si contendono il dominio su tutta o parte della Siria: si tratta di Stati Uniti, Russia, Turchia, Iran e Israele. Il crollo del regime di Assad ha certamente indebolito Iran e Russia, in quanto principali sponsor del governo di Damasco durante la Guerra civile siriana, mentre gli USA di Trump ne hanno approfittato per disimpegnarsi gradualmente dalla zona. La Turchia, invece, può essere considerata la vera vincitrice, con la sconfitta dei curdi siriani e dell'Occidente che li supportava.

L'Iran: il grande sconfitto

All'indomani dello scoppio della Guerra Iran-Iraq nel settembre 1980, la Repubblica Islamica dell'Iran, istituita dopo la Rivoluzione Iraniana del 1979, instaurò proficui rapporti di collaborazione con la Repubblica Araba di Siria, all'epoca governata dal presidente Hafez al-Assad. La Siria appoggiò gli sforzi bellici iraniani dato che tanto Damasco quanto Teheran consideravano la politica espansionistica di Baghdad come una grave minaccia. Il rapporto di alleanza si intensificò ulteriormente all'inizio della Guerra Civile Siriana (iniziata nel 2011), quando l'Iran e le milizie parte del cosiddetto «Asse della Resistenza» (tra cui anche Hezbollah) divennero i principali sponsor economici e militari del regime di Bashar al-Assad.

Non è chiaro quanto gli iraniani abbiano speso in termini economici per sostenere il regime di Assad. Stime conservative parlano di oltre 50 miliardi di dollari, ma queste si riferiscono quasi unicamente ai programmi di assistenza economica. Se però tenessimo in considerazione anche l'ambito militare e i fattori immateriali (spese per sostegno religioso-ideologico, per esempio), allora tale cifra lieviterebbe a ben oltre i 200 miliardi di dollari.

Le grandi strategie iraniane in terra siriana sono però collassate con la caduta del regime di Damasco alla fine del 2024: ora che il governo è in mano ai jihadisti sunniti di matrice ideologica salafita, la Siria è da considerarsi a tutti gli effetti un nemico di Tehran.

Certo, gli iraniani potrebbero cercare di favorire la destabilizzazione del nuovo potere jihadista usando come leve le minoranze religiose e i sostenitori del vecchio regime ancora presenti in loco, ma perché questa strategia abbia successo occorrerà parecchio tempo, quindi per il momento ogni influenza che gli iraniani mantengono sul territorio è di natura residuale e la Siria è da considerarsi perduta.

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Abu Mohammad al–Jolani, "emiro" di Ha’yat Tahrir al–Sham e ora uomo forte della Siria. Credit: U.S. Department of State

La Russia in equilibrio precario

La Russia è stata il principale sponsor internazionale di Damasco nel corso della Guerra Civile Siriana. Nel settembre 2016 Mosca intervenne direttamente nella guerra inviando nell'area del Levante un proprio contingente militare che svolse un ruolo insostituibile nel rovesciare le sorti del conflitto a favore di Assad nella prima fase della Guerra civile siriana (2011-2024).

L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, avvenuta il 24 febbraio 2022, e il successivo divampare della Guerra Russo-Ucraina ancora in corso, ha quasi completamente assorbito le risorse russe e catalizzato l'attenzione della leadership del Cremlino. Anche per questo, al momento dell'offensiva jihadista in Siria del 2024, la Russia non è intervenuta a sostegno del suo protetto.

La fine del regime della famiglia Assad, tuttavia, ha significato un duro colpo per Mosca: per il momento, però, il nuovo regime jihadista non ha ancora preso la decisione di espellere dal Paese i militari russi, la cui presenza è ora ridotta alla base aerea di Khmeimim, mentre non è ancora chiaro lo status della base navale di Tartus. In ogni caso, la situazione è assai precaria e non è detto che lo status quo durerà ancora a lungo.

Gli USA tra disimpegno e incertezza

Gli Stati Uniti d'America hanno avuto rapporti tesi, per non dire pessimi, con la Siria dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ad oggi, specialmente durante il periodo di governo del regime degli Assad. Gli Stati Uniti sono anch'essi intervenuti nella Guerra Civile Siriana contro le forze del cosiddetto Stato Islamico (ISIS) nell'area nord-orientale della Siria, dove sono persino riuscite a creare un'entità semi-autonoma denominata «Rojava».

Con il tempo, la capacità degli Stati Uniti di influire sulle vicende siriane è però venuta meno, soprattutto per l'inimicizia della Turchia, la quale non ha esitato a fare ricorso alla forza per sabotare qualsiasi processo di rafforzamento interno e internazionale dei curdi siriani, nemici dell'attuale governo di Ankara.

Tra l'altro, l'attuale amministrazione Trump ha segnalato più volte il suo desiderio di disimpegnarsi dalla Siria ed è assai probabile che nel prossimo futuro passerà dalle parole ai fatti, portando alla perdita di ogni leva residuale sul potere locale da parte di Washington.

Israele e le mire espansionistiche

Nell'ambito della guerra che lo oppone all'Iran da almeno due decenni, l'Israele ha più volte bombardato la Siria in quanto alleato dell'Iran. I continui attacchi e bombardamenti hanno di fatto contribuito all'indebolimento del fronte del cosiddetto «Asse della Resistenza» guidata dall'Iran, che non ha poi potuto opporre resistenza di fronte all'avanzata jihadista. In ogni caso, Israele ha potuto giovare della caduta del regime degli Assad, visto il successivo indebolimento e ritiro degli iraniani dall'area.

Anziché cogliere l'occasione per stabilire contatti proficui con il nuovo potere instauratosi a Damasco, però, la leadership israeliana, già impegnata nel conflitto di Gaza e con un occhio sempre attento al traballante fronte libanese, ha deciso invece di prendere la palla al balzo occupando anche quella parte di alture del Golan sotto il controllo della missione internazionale UNDOF, così come di altre porzioni del territorio siriano propriamente detto, tra le quali il resto del massiccio del Monte Hermon.

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Un gruppo di soldati israeliani fotografati in fase di avanzamento nell’area del Golan. Credit: IDF Spokesperson’s Unit

Il fatto che Israele controlli una porzione strategica del territorio della Siria internazionalmente riconosciuta, non vuol dire che esso abbia però una reale capacità di influenzare le dinamiche interne di Damasco: al contrario, le azioni israeliane destabilizzatrici dello status quo, insieme ai continui sviluppi della guerra a Gaza, stanno anzi contribuendo a isolare sempre più Israele sul piano internazionale e renderne precaria la condizione di sicurezza.

Il trionfo (momentaneo) della Turchia

La Repubblica di Turchia è stata finora la grande vincitrice di questa prima fase della Guerra Civile Siriana. In parte per inerzia e in parte per il suo disegno espansionistico, Ankara si è fatta coinvolgere nella Guerra Civile Siriana dalla parte dei jihadisti, arrivando occasionalmente a flirtare persino con l'ISIS pur di conquistare delle forti leve nel territorio siriano e minare i suoi nemici, specialmente i curdi sostenuti dall'Occidente e da Israele. In particolare, l'obiettivo della Turchia era quello di indebolire le capacità di curdi e Occidente di insidiare i propri piani egemonici nel Levante e nel «Grande Medio Oriente Allargato».

Mentre gli altri Paesi sopra menzionati erano occupati in altre guerre e crisi internazionali, Ankara ha potuto concentrarsi sul suo piano originario di accrescere il proprio potenziale bellico in territorio siriano. Ora, con Abu Mohammed al-Jolani al potere a Damasco e la sconfitta dei curdi siriani, i turchi vedono finalmente la possibilità di ampliare stabilmente la loro sfera d'influenza al di là dei loro partner tradizionali e diventare il nuovo pilastro egemonico nell'area del Levante e, di conseguenza, nel Medio Oriente in generale.

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