
È possibile costruire il Ponte sullo Stretto di Messina in una delle zone più sismiche del Mediterraneo? Per rispondere a questa domanda, dobbiamo prima capire cosa c'è davvero sotto il mare che separa Sicilia e Calabria. In questo articolo faremo un viaggio nella geologia profonda del braccio di mare che separa la Sicilia dalla Calabria e collega il Mar Ionio con il Mar Tirreno: vedremo come i movimenti delle placche tettoniche stanno allontanando le due coste, analizzeremo il sistema di faglie che genera i terremoti e cercheremo di capire se, dal punto di vista ingegneristico, è tecnicamente possibile realizzare un'opera capace di resistere a queste forze della natura.
Per capire lo Stretto, dobbiamo fare un salto indietro di 200 milioni di anni, quando tutti i continenti erano uniti nella Pangea, circondata dall'oceano Panthalassa. La Pangea si divise poi in due grandi blocchi: Gondwana a sud (Africa, Sud America, ecc.) e Laurasia a nord (Eurasia, Nord America). In mezzo, si insinuava un braccio di mare chiamato Oceano Tetide. L'Italia? Non esisteva ancora, o meglio, la sua "traccia" geologica era sommersa proprio lì in mezzo.

Nei successivi 100 milioni di anni, i continenti iniziarono a frammentarsi e ad allontanarsi. L'Africa e l'India si staccarono e iniziarono a viaggiare verso nord-est, andando a schiantarsi contro l'Eurasia. Questo scontro titanico ha chiuso l'Oceano Tetide e "spremuto" verso l'alto le rocce che si trovavano nel mezzo, formando le Alpi, gli Appennini e l'Himalaya. L'Italia è nata proprio in questa morsa tettonica, schiacciata tra la placca africana che spinge verso nord e quella eurasiatica.
A questo punto verrebbe da pensare: se siamo in una morsa che stringe, allora Sicilia e Calabria si stanno avvicinando, giusto? E invece no. La geologia è meravigliosamente complessa. Nonostante il contesto generale di compressione, lo Stretto di Messina si trova in una zona di estensione. In pratica, Sicilia e Calabria si stanno allontanando.
Perché succede? L'Africa spinge verso nord, ma allo stesso tempo il Mar Tirreno spinge verso est (verso la Calabria). Immaginate di prendere un foglio di carta e tirarlo da due lati opposti: al centro si strapperà. Ecco, lo Stretto è proprio in mezzo a questo "strappo" geologico. Gli studi confermano che le due sponde si allontanano di circa 0,5-0,8 mm all'anno.

Non solo: c'è anche un movimento di scivolamento laterale (faglia trascorrente), come due auto che si strusciano le fiancate, e movimenti verticali. Negli ultimi 700.000 anni, l'Aspromonte in Calabria si è sollevato di circa 300 metri, molto più della costa messinese.

Tutti questi movimenti sono gestiti da un complesso sistema di faglie che corrono sotto lo Stretto, creando degli "scalini" che scendono verso il centro. Questo rende l'area altamente sismica. Non dimentichiamo che proprio qui, nel 1908, si è verificato il terremoto più potente mai registrato in epoca strumentale in Italia (magnitudo 7.1), che causò circa 80.000 vittime.
Costruire il ponte a campata unica più lungo del mondo in una zona sismica e in estensione può sembrare un azzardo. Ma c'è un "ma". Moltissimi ponti nel mondo (Giappone, California, Turchia) sono costruiti in zone altamente sismiche o sopra delle faglie. L'ingegneria moderna ha gli strumenti per assorbire il rischio geologico.
Il Ponte sullo Stretto è stato progettato per resistere a un terremoto di magnitudo 7.2. Qualcuno potrebbe obiettare: "E se arriva un 7.5?". Nel mondo ideale si progetterebbe per resistere a tutto, ma nella realtà ingegneristica si calcola il massimo rischio storico e geologico di un'area e si progetta su quella base. Progettare per un 7.2 è già una sfida tecnologica enorme e copre lo scenario del peggior terremoto mai registrato nella zona.
Dal punto di vista puramente tecnico e geologico, gli esperti concordano: il ponte si può fare. L'ingegneria può gestire le sfide del sottosuolo.
La vera sfida, forse, non è tanto costruirlo, quanto mantenerlo. Un'opera del genere richiede una manutenzione costante e impeccabile. Saremo in grado di garantirla nel tempo? Questa è la vera domanda che dovremmo porci.