
Per disarmo nucleare si intende l’idea di rendere il mondo libero da bombe atomiche o, almeno, di limitarne la diffusione. Sin dal bombardamento di Hiroshima nel 1945 durante la Seconda Guerra mondiale l’opinione pubblica ha espresso una costante preoccupazione per la loro proliferazione. Negli anni ’50 gli Stati dotati di armi nucleari iniziarono a discutere su come limitare gli armamenti e da allora hanno sottoscritto diversi trattati per ridurre gli arsenali. Due accordi degli anni ‘60, quello per la messa al bando parziale dei test e quello per la non proliferazione, sono ancora oggi due capisaldi della politica internazionale sulle armi nucleari. Ciò nonostante, al mondo esiste una quantità di bombe atomiche tale da poter cancellare il genere umano.
- 1L’era nucleare e l’opposizione all’uso della bomba atomica
- 2La corsa agli armamenti e il movimento antinucleare
- 3Il Trattato sulla messa al bando dei test nucleari
- 4Il Trattato di non proliferazione e gli altri accordi della guerra fredda
- 5La fine della guerra fredda e i nuovi accordi internazionali
- 6I rischi della situazione attuale
L’era nucleare e l’opposizione all’uso della bomba atomica
L’era nucleare, come sappiamo, è iniziata nel 1945. Già allora alcuni scienziati ed esponenti dell’establishment statunitense sostennero, inascoltati, che la bomba non doveva essere usata. La potenza della nuova arma, del resto, impressionò tutto il mondo e l’opinione pubblica temeva che, dopo gli Stati Uniti, anche altri Paesi, a partire dall’Unione Sovietica, si sarebbero dotati di bombe nucleari. Fu quello che avvenne: nel 1946 il governo degli Stati Uniti avanzò la proposta di affidare il controllo di tutta l’energia nucleare alle Nazioni Unite, ma l’Urss, temendo che la mossa avrebbe garantito a Washington di continuare a detenere il monopolio, rifiutò la proposta e nel 1949 sperimentò la sua prima bomba. Gli Stati Uniti, dal canto loro, sin dal 1946 effettuarono numerosi test atomici (cioè fecero esplodere atomiche “di prova”), accrescendo il loro arsenale.
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La corsa agli armamenti e il movimento antinucleare
Con il passare degli anni le due superpotenze costruirono bombe sempre più numerose e più potenti. Negli anni ’50 sia gli Stati Uniti, sia l’Unione Sovietica si dotarono di bombe all’idrogeno, che hanno una potenza infinitamente maggiore delle atomiche “tradizionali”, e introdussero nuovi vettori per trasportarle, come i missili balistici e i sottomarini. Il pericolo di una guerra atomica tra le due superpotenze, che avrebbe avuto conseguente catastrofiche per tutto il genere umano, divenne motivo di apprensione in tutto il mondo.

Si sviluppò, di conseguenza, anche un variegato movimento antinucleare, che organizzò numerose iniziative per spingere i governi a limitare gli armamenti. Per esempio, nel Regno Unito, che nel 1952 era stato il terzo Paese a costruire la bomba, nel 1957 nacque la Campagna per il disarmo nucleare, tuttora attiva; negli Stati Uniti, nel 1961 circa 50.000 donne scesero in piazza in varie città contro le armi atomiche.
Tuttavia, le tensioni della guerra fredda impedirono che le due superpotenze trovassero accordi per limitare gli armamenti. Al contrario, nel 1962 la crisi dei missili di Cuba fece temere che la guerra atomica fosse imminente.

Il Trattato sulla messa al bando dei test nucleari
Dopo la crisi di Cuba, tra le due superpotenze iniziò una graduale distensione, che consentì anche di sottoscrivere degli accordi per limitare gli arsenali nucleari. Nel 1963 Usa e Urss firmarono il Trattato sulla messa al bando parziale dei test nucleari, che vieta di effettuare test nell’atmosfera, nei mari e nello spazio, consentendo di effettuarli solo nel sottosuolo. Al trattato aderirono molti Stati, tra i quali il Regno Unito, ma alcuni Paesi che si stavano dotando di armi atomiche rifiutarono di sottoscriverlo: la Francia, che aveva fatto esplodere la sua prima bomba nel 1960, e la Cina, che l’avrebbe testata nel 1964.

Il Trattato di non proliferazione e gli altri accordi della guerra fredda
Un altro accordo importante, il Trattato di non proliferazione nucleare, fu sottoscritto nel 1968 da Stati Uniti, Unione Sovietica e Regno Unito e successivamente è stato accettato da molti altri Paesi, inclusa l’Italia. Il Trattato vieta agli Stati dotati di armi atomiche di trasferire ad altri le bombe o la tecnologia per realizzarle; impone agli altri Paesi di rinunciare definitivamente a dotarsi di armi nucleari. Il Trattato non è stato sottoscritto da alcuni Stati che possiedono la bomba, come Israele, India e Pakistan (la Corea del Nord, che aveva originariamente aderito, si è ritirata nel 2006); secondo alcuni analisti, inoltre, la politica statunitense del nuclear sharing (cioè il posizionamento di bombe americane nei Paesi della Nato) costituisce una violazione degli accordi. Questi limiti, però, non impediscono che il Trattato di non proliferazione, insieme a quello sulla messa al bando dei test, sia uno dei capisaldi della politica internazionale sulle armi atomiche.

Altri accordi per limitare gli armamenti e, in particolare, i vettori sono stati firmati negli anni ’70 e nella seconda metà degli anni ’80.
La fine della guerra fredda e i nuovi accordi internazionali
La dissoluzione dell’Urss e la fine della guerra fredda fecero pensare che il pericolo del conflitto nucleare si fosse allontanato. Dopo il 1991, del resto, Stati Uniti e Russia hanno firmato altri trattati per la limitazione di armi di distruzione di massa. Tuttavia, le tensioni internazionali hanno fatto emergere nuovi pericoli e tra gli anni Novanta e Duemila due nuovi Stati, Pakistan e Corea del Nord, si sono dotati bombe atomiche.
I tentativi per promuovere il disarmo avanzati dalle Nazioni Unite non sono andati a buon fine. Tra il 1993 e il 1996 l’Onu ha elaborato un Trattato per la proibizione totale dei test nucleari, che non è entrato in vigore perché non è stato ratificato da un numero sufficiente di Stati; un Accordo per la proibizione totale delle armi atomiche, approvato dall’Onu nel 2021, non è stato sottoscritto da nessuno dei Paesi che possiedono la bomba.
I rischi della situazione attuale
Oggi il numero delle bombe atomiche presenti al mondo è inferiore a quello degli anni della guerra fredda, ma questo non significa che i pericoli siano scongiurati: gli arsenali disponibili sarebbero comunque sufficienti a cancellare il genere umano. Inoltre, l’antagonismo tra l’Occidente e la Russia rende più difficile trovare accordi per limitare gli armamenti. Non a caso, nel 2019 gli Stati Uniti si sono ritirati dal trattato sulla limitazione dei missili balistici a medio raggio, firmato nel 1988, e nel 2023 la Russia, pur senza ritirarsi, ha sospeso la sua partecipazione al trattato New Start per la limitazione degli armamenti, che era stato firmato nel 2010.

Alcuni esponenti politici hanno paventato anche il rischio che entità diverse dagli Stati, come i gruppi terroristici, possano entrare in possesso di armi atomiche, ma, per fortuna, si tratta di un’eventualità remota, perché la tecnologia nucleare è uno dei segreti meglio custoditi.
Oggi diverse organizzazioni, tra le quali la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, continuano a battersi per la riduzione degli armamenti, ma l’obiettivo del disarmo totale appare del tutto irraggiungibile. Del resto, gli scienziati e i tecnici ormai conoscono il modo per costruire bombe con l’energia nucleare e, anche se si smantellassero tutti gli ordigni esistenti, resterebbe la possibilità di costruirli in futuro.
Per approfondire, ecco un video ad hoc sul funzionamento della bomba atomica tattica: