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Il Giorno della memoria commemora l’Olocausto, cioè il massacro di sei milioni di ebrei e di alcuni altri milioni di persone, perpetrato dalla Germania nazista e dai suoi alleati nel corso della Seconda guerra mondiale. Il termine Olocausto più essere inteso in due modi diversi: per alcuni autori si riferisce solo allo sterminio del popolo ebraico (con questo significato è usato anche il termine Shoah), per altri a tutte le vittime del nazismo. Quel che è certo è che milioni di ebrei e di altri “inferiori” furono deportati in appositi campi di sterminio e poi uccisi nelle camere a gas o costretti a lavorare in condizioni insostenibili fino alla morte. Le cause dell’Olocausto vanno rintracciate nell’antisemitismo e nell’ideologia razzista del nazismo; la guerra fornì l’occasione per attuare il massacro.
Il Giorno della memoria
Il Giorno della memoria è stato istituito in quasi tutta Europa, in Nord America e in Israele per commemorare le vittime dell’Olocausto. Non tutti i Paesi hanno scelto la stessa data, ma il 27 gennaio è la più diffusa perché fu il giorno nel quale, nel 1945, l’esercito dell’Unione Sovietica liberò il più grande campo di sterminio, quello di Auschwitz.

In Italia il Giorno della memoria è stato introdotto nel 2000 e commemora non solo la Shoah, ma anche le vittime italiane del nazismo e gli ebrei perseguitati dal regime fascista. La giornata è celebrata dalle scuole, dalla televisione e dalle istituzioni con apposite iniziative culturali.

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Ma come è stato possibile che i nazisti abbiano mandato a morte milioni di ebrei? Per capirlo è necessario partire dal concetto di antisemitismo.
L'origine della Shoah: l’antisemitismo
L’antisemitismo, inteso come odio contro gli ebrei, esiste almeno dal tempo di Roma antica. Gli ebrei sono stati discriminati per secoli, subendo anche deportazioni di massa e massacri, in tutto il mondo cristiano. Le ragioni erano diverse. Anzitutto, l’odio aveva una matrice religiosa: gli ebrei erano discriminati perché non riconoscevano Gesù come il Messia. Inoltre, pur vivendo mischiati ad altri popoli, gli ebrei hanno sempre conservato una loro identità etnica e religiosa, il che li faceva apparire una sorta di corpo estraneo alla società. Fino all’Ottocento, però, se un ebreo si convertiva al cristianesimo non subiva più discriminazioni (con alcune eccezioni).

Tra XIX e XX secolo l’antisemitismo assunse una nuova forma e si collegò al razzismo, cioè all’idea – che oggi sappiamo essere priva di fondamento scientifico – secondo la quale gli esseri umani si dividono in razze differenti le une dalle altre. Gli ebrei furono considerati una “razza” a sé stante e, di conseguenza, fu loro negata la possibilità di salvarsi mediante la conversione.
Nel Novecento l’antisemitismo di matrice razziale si diffuse in diversi Paesi europei. In Germania, era uno dei cardini dell’ideologia del Partito nazista, fondato nel 1919 e asceso al potere nel 1933. Nei primi anni di governo, i nazisti introdussero leggi che discriminavano pesantemente gli ebrei e organizzarono violenze di massa contro di loro. L’ideologia nazista, inoltre, considerava “inferiori” molte altre categorie di persone: disabili, avversari politici, omosessuali, neri, slavi e altri.
Dopo l’inizio della seconda guerra mondiale, prese avvio lo sterminio vero e proprio.
L’inizio dell'Olocausto: gli Einstatzgruppen e la conferenza di Wannsee
Tra il 1939 e il 1941 la Germania occupò la Polonia e una vasta porzione dell’Unione Sovietica, due Paesi nei quali vivevano milioni di ebrei. Alcuni reparti speciali delle SS, noti come Einsatzgruppen, furono incaricati di eliminare gli ebrei, gli avversari politici e altre categorie di persone. Le vittime, uccise mediante fucilazione o in furgoni trasformati in camere a gas, furono circa 1.400.000.

Per i nazisti era ancora poco. Nell’inverno del 1941-42 Hitler e i suoi gerarchi decisero di attuare la “soluzione finale”, come chiamavano lo sterminio deliberato di tutto il popolo ebraico. I dettagli organizzativi furono discussi da alcuni dirigenti durante una conferenza tenuta a Wannsee, un sobborgo di Berlino, il 20 gennaio 1942.
Auschwitz e gli altri campi: la macchina dello sterminio
La fase più intensa dello sterminio ebbe luogo tra il 1942 e il 1945 e fu attuata mediante la deportazione nei campi di sterminio. La maggior parte dei campi era collocata in Polonia: Sobibor, Treblinka, Belzec e, soprattutto, Auschwitz sono alcuni dei più noti.
Lo sterminio fu organizzato in maniera “scientifica”. Gli ebrei e gli altri “inferiori” venivano rastrellati nelle città e collocati in campi di transito o in veri e propri ghetti. In seguito erano portati nei campi di sterminio a bordo di treni blindati. Le deportazioni ebbero luogo in quasi tutti i Paesi che la Germania aveva occupato e in quelli con i quali era alleata, vale a dire in gran parte d’Europa.

Giunti nei campi, i deportati in condizioni fisiche non ottimali erano condotti alle camere a gas; gli altri erano uccisi con un sistema diverso: venivano costretti a lavorare come schiavi, in condizioni terribili e con alimentazione insufficiente, fino allo stremo delle forze.
Le altre vittime e il conto dei morti
Non solo gli ebrei, ma anche le altre categorie di persone considerate inferiori o pericolose furono vittime dell’Olocausto. Nei campi di sterminio furono deportati anche omosessuali, avversari politici, rom, testimoni di Geova, soggetti ritenuti “asociali”.Altri luoghi di morte erano i campi di concentramento per i prigionieri di guerra sovietici e polacchi, considerati una razza inferiore. Pur non essendo mandati nelle camere a gas, i detenuti trovavano spesso la morte per il lavoro pesante sottoalimentato e per le angherie che subivano dai carcerieri (era migliore il trattamento riservato ai prigionieri di guerra dei Paesi occidentali).

Gli storici stimano che le vittime complessive del nazismo siano state tra 12,5 e 17,5 milioni (senza considerare i morti per causa di guerra). Di questi, circa 5.900.000 erano ebrei, pari al 78% circa della popolazione ebraica europea.
I collaborazionisti e il caso dell’Italia
La Germania si giovò del sostegno dei Paesi alleati, che collaborarono, per opportunismo o per convinzione, ai rastrellamenti e alle deportazioni,. È quello che avvenne anche in Italia, perché la Repubblica di Salò – lo Stato fondato nel 1943 da Mussolini nel Nord del Paese – collaborò con i nazisti alla ricerca e alla detenzione degli ebrei nei campi di transito, dai quali furono deportati ad Auschwitz.

I cittadini italiani ebbero invece atteggiamenti eterogenei: molti rifiutavano l’antisemitismo e alcuni si prodigarono per salvare gli ebrei; altri non ebbero scrupoli nell’aiutare i nazisti a identificare le persone da deportare.